fairymaster
Ominide
3 min. di lettura
Vota

Indice

  1. La produzione del vetro
  2. Le materie prime: ciò che è terrestre diventa celeste
  3. Il fuoco, padre della trasformazione
  4. La formatura: dare forma all’informe
  5. Il raffreddamento e la rinascita

La produzione del vetro

Il vetro non nasce in natura con frequenza, eppure esiste. Lo si trova nelle sabbie fuse dai fulmini, nei crateri di meteoriti, nei vulcani che vomitano ossidiane lucide. Ma fu l’uomo, curioso e paziente, a domare questo sortilegio e a ripeterlo a suo volere, esplorando e trovando modi sempre più innovativi per produrre questo materiale preziosissimo e fondamentale anche nella vita di tutti i giorni.

Le materie prime: ciò che è terrestre diventa celeste

Il vetro comune ha cuore e corpo nella silice, sabbia finissima e pura, fatta di quarzo, umile e abbondante. Ma la sola silice fonde a temperature troppo alte — come stelle che chiedono il sole per rinascere. Allora si aggiungono aiutanti: carbonato di sodio (soda), per abbassare la temperatura di fusione, e carbonato di calcio (calcare), per stabilizzare la struttura e renderla più resistente. Talvolta vi si mescolano ossidi metallici per colorare, borace per aumentare la resistenza al calore, o allumina per rendere il vetro più duro.
Questi elementi, mescolati con sapienza, formano la miscela di partenza del vetro soda-calcico, il più usato dall’umanità.

Il fuoco, padre della trasformazione

La miscela appena ottenuta viene condotta al forno, e là, tra i 1400 e i 1600 gradi, avviene la metamorfosi. I grani di sabbia perdono la loro forma, si fondono, si mescolano in un unico fluido denso e incandescente. Ma ciò che ne nasce non è un cristallo, bensì un solido amorfo, privo di ordine interno, sospeso tra il liquido e la pietra. Il vetro, infatti, non ha struttura regolare come i minerali: è una rete disordinata, congelata nel momento esatto in cui si raffredda.
Questo è il segreto della sua bellezza: essere materia di luce, ma con l’anima del caos.

La formatura: dare forma all’informe

Una volta fuso, il vetro dev’essere plasmato. A seconda dell’uso che se ne vuole fare, esso può essere soffiato, colato, laminato, stirato. L’arte del vetraio, figlia di tradizioni millenarie, consiste nel dominare il tempo della forma: se il vetro è troppo caldo, cola come fiume; se troppo freddo, si spezza come ghiaccio. Serve occhio, pazienza, e la memoria delle mani.
Oggi le grandi vetrerie impiegano rulli, stampi, bagni di stagno fuso (come nel processo float), ma la meraviglia resta intatta: l’informe che diventa oggetto, parete, bottiglia, vetro da finestra.

Il raffreddamento e la rinascita

Dopo la formatura, il vetro non può esser lasciato al capriccio dell’aria. Deve raffreddarsi lentamente, in modo controllato, per evitare tensioni interne. Questo processo si chiama ricottura, ed è eseguito in appositi forni, dove la temperatura scende con lentezza, come un tramonto guidato.
Solo allora il vetro è compiuto. Può essere tagliato, molato, temprato, decorato. Può diventare trasparente come il nulla o opaco come il mistero. Può proteggere, riflettere, decorare, contenere. È al servizio dell’uomo, eppure resta figlio della terra e del fuoco.

Domande e risposte