Concetti Chiave
- La camera anteriore dell'occhio è un sito di privilegio immunologico, con una barriera emato-oculare che limita il passaggio dei linfociti e contiene sostanze antiinfiammatorie.
- Eventi traumatici possono interrompere la tolleranza immunologica nell'occhio, portando a condizioni come l'oftalmia simpatica, che può danneggiare entrambi gli occhi.
- I linfociti B possono subire apoptosi o editing recettoriale quando interagiscono con antigeni self, mentre quelli anergici muoiono per mancanza di segnali di sopravvivenza come BAFF.
- La memoria immunologica è duratura, come dimostrato da studi su infezioni come il morbillo, e dipende dalla persistenza degli antigeni e dalla stimolazione dei linfociti di memoria.
- I linfociti di memoria presentano marcatori specifici e hanno una maggiore capacità di risposta grazie alla loro espressione di molecole co-stimolatorie e recettori per citochine omeostatiche.
Indice
- La camera anteriore dell'occhio
- Meccanismi di tolleranza immunitaria
- Tolleranza e linfociti B
- Anergia e sopravvivenza dei linfociti B
- Regolazione e inibizione linfocitaria
- Risposta immunitaria e antigeni
- Memoria immunologica e vaccinazione
- Caratteristiche delle cellule di memoria
- Espansione e contrazione dei linfociti T
- Marcatori dei linfociti di memoria
La camera anteriore dell'occhio
Soprattutto la camera anteriore dell’occhio è un organo privilegiato perché è presente una barriera emato-oculare, che impedisce il passaggio dei linfociti, e l’umor acquoso, presente in questa camera, che contiene diverse sostanze antiinfiammatorie come il neuropeptide TGFβ e l’indoleamina diossigenasi (IDO). C’è, inoltre, un’espressione aumentata di FasL, ma anche di PD-L1, non presenta un sistema di vasi linfatici di drenaggio e la cornea è del tutto avascolare (quindi non c’è modo che ci arrivino i linfociti), ma esiste anche un meccanismo di deviazione immunitaria molto complesso di cui non si sa molto: gli antigeni che dovessero entrare accidentalmente nella camera anteriore possono essere catturati da macrofagi e veicolati a distanza, nella zona marginale della milza, e qui pare che inducano un sistema complesso di tolleranza, attraverso anche la generazione di linfociti con funzione regolatoria. Questo non è stato confermato nell’uomo, solo nei topi, però si parla molto dell’immunodelezione e in qualche modo questa è correlata all’apoptosi e alla risposta alle cellule apoptotiche che vengono introdotte nella camera anteriore dell’occhio.
Meccanismi di tolleranza immunitaria
Questo stato di tolleranza può essere rotto da un evento traumatico e dare origine ad un fenomeno che si chiama oftalmia simpatica o simpatetica che può causare la perdita della vista anche se solo uno dei due occhi è stato interessato dal danno. Questo è dovuto al fatto che tutti i meccanismi che abbiamo visto tengono sotto controllo gli antigeni e la risposta nei loro confronti, ma nel caso in cui ci sia un trauma, questo permette agli antigeni di muoversi liberamente, di raggiungere i linfonodi drenanti e dare origine ad una risposta immunitaria con attivazione dei linfociti T. A questo punto i linfociti T sono liberi di circolare e, nel caso in cui siano attivati, possono superare le barriere e raggiungere anche l’occhio sano, dando origine ad una risposta infiammatoria auto-aggressiva che coinvolge quindi entrambi gli occhi.
Tolleranza e linfociti B
Come per i linfociti T la tolleranza riguarda sia il comparto centrale che quello periferico. Le cellule B immature interagiscono con antigeni self nel midollo e possono andare incontro a 2 fenomeni:
• Nel caso ci sia cross-linking robusto, possono andare incontro a morte per apoptosi e ciò serve per eliminare qui linfociti che hanno recettori ad alta affinità verso proteine abbondantemente espresse sulle superfici cellulari o verso antigeni self circolanti nel sangue presenti in concentrazioni elevate nel midollo osseo; tuttavia per i linfociti B c’è una seconda possibilità, ovvero di poter andare incontro ad un editing recettoriale per recuperare un recettore non più self reattivo. Infatti, alcuni dei linfociti che hanno riconosciuto l’antigene self ripristinano il meccanismo di ricombinazione delle immunoglobuline e vanno incontro a nuovi riarrangiamenti nelle catene leggere, cominciando prima dai segmenti della catena K, per poi passare alla lambda, in maniera continuativa. Se questi riarrangiamenti danno origine ad una nuova catena leggera che si appaia con la pesante e dà origine ad un nuovo TCR che non riconosce più il self, la cellula può sopravvivere grazie a questo fenomeno di editing recettoriale. Come risultato si ha che molti dei linfociti B in circolo che presentano l’Iλ sono nella quasi totalità andati incontro ad editing recettoriale, meccanismo che si pensa prevalere rispetto alla delezione linfocitaria.
• Nel caso in cui invece il riconoscimento con l’antigene self sia a bassa affinità, il recettore può andare incontro a modifiche e questo può portare all’energia dei linfociti B che entrano in circolo come linfociti B anergici, che presentano quindi recettori contro antigeni self, ma hanno un apparato di segnalazione alterato.
Anergia e sopravvivenza dei linfociti B
I linfociti B maturi che per puro caso hanno recettori che riconoscono antigeni self periferici, diventano anergici e non rispondono all’antigene self. Allo stesso destino dell’anergia vanno incontro quando i linfociti B riconoscono l’antigene ma non ricevono l’aiuto dei linfociti T helper, perché assenti o tolleranti. Infatti, i linfociti B hanno bisogno per gli antigeni timo-dipendenti dell’help delle cellule follicolari.
I linfociti diventati anergici possono lasciare il follicolo, ma in realtà muoiono precocemente, perché non riescono ad approfittare del segnale di sopravvivenza perché hanno bisogno di grandi quantità di citochine di sopravvivenza come BAFF e, in caso di mancanza di BAFF sono i primi a soccombere, andando incontro ad apoptosi attraverso la via intrinseca.
Regolazione e inibizione linfocitaria
Interviene anche una regolazione dovuta all’interazione tra FAS e FASL che permette di eliminare le cellule che hanno meno segnalazione all’interno dei centri germinativi da parte del B Cell Receptor.
In altri casi, come nei linfociti T, si può avere l’espressione di recettori inibitori che vengono upregolati. Uno di questi è CD22. Questi sono associati a fosfatasi ed aumentano la soglia di attivazione dei linfociti B e per cui anche un legame del BCR agli antigeni self non è più sufficiente a dare una risposta immune. Ciò trova riscontro nel fenomeno dell’inibizione da feedback anticorpale, usato nella pratica clinica, per cui anticorpi somministrati possono prevenire una risposta anticorpale attraverso diversi meccanismi. Uno tra questi è il legame con il recettore inibitorio FcγR di tipo II, presente nei linfociti B.
Risposta immunitaria e antigeni
Il meccanismo con cui gli anticorpi presenti riducono la risposta immunitaria è che gli anticorpi riducono le quantità di antigene, che è lo stimolatore dell’attivazione dei linfociti. I complessi immuni che si formano legano i recettori inibitori FcγR, che attraverso la fosfatasi bloccano il segnale di attivazione.
Un’applicazione di ciò è la somministrazione di immunoglobuline contro il fattore Rh per prevenire l’eritroblastosi fetale. È importante aver presente che questo meccanismo funziona con i linfociti B vergini e non con quelli di memoria, perché quelli di memoria hanno una soglia settata verso l’attivazione e quindi riescono a rispondere anche in presenza di questi stimoli inibitori. Ciò sottolinea l’importanza di somministrare alle madri l’immunoglobulina anti Rh dopo il primo parto, per impedire che si formi una risposta di memoria, perché a questo punto non sarebbero più efficaci.
Sono gli antigeni proteici che danno origine ad una risposta linfocitaria B e T.
• Fondamentale è l’ammontare dell’antigene perché la sua dose ottimale per attivare la risposta immunitaria è all’interno di una curva a campana: dosi troppo elevate o troppo basse non danno attivazione ma anzi tolleranza (tolleranza da alta dose d’antigeni).
• La persistenza dell’antigene perché antigeni presenti per poco tempo favoriscono la stimolazione della risposta mentre antigeni presenti per molto tempo favoriscono l’exhaustion e la tolleranza.
• Anche la via d’inoculazione è importante. Ad esempio, antigeni che entrano per via intravenosa od orale possono dare origine a tolleranza.
• Presenza di adiuvanti, fondamentale per indurre risposta immunogenica. Molti degli adiuvanti usati nei vaccini sono in grado di favorire la processazione dell’antigene e la stimolazione dell’immunità innata e quindi stimolare i linfociti T helper.
• Le APC producono molecole co-stimolatorie.
Sono gli antigeni proteici che danno origine ad una risposta linfocitaria B e T.
Memoria immunologica e vaccinazione
Per avere una chiara indicazione di quanto dura la memoria immunologica bisogna avere la certezza che una popolazione non sia esposta ad un agente infettivo. Alcuni dati epidemiologici testimoniano come la memoria immunologica possa essere estremamente lunga. Ad esempio, l’introduzione di un agente altamente infettivo (morbillo) in comunità molto isolate comporta la contaminazione totale della popolazione che sviluppa immunità e tutti gli individui rimasti sono protetti; una seconda infezione a distanza di anni colpisce solo gli individui nati dopo la prima infezione, a testimonianza del fatto che la memoria immunologica può perdurare anche per tutta la vita dell’individuo.
Creato da Jenner alla fine del 1800 ed ha portato all’eradicazione del vaiolo. Ora la vaccinazione è stata interrotta da molti anni dato che la popolazione non è più esposta al virus. Si è dunque stimato attraverso test specifici la quantità di anticorpi e di linfociti T CD4 e CD8 di memoria a distanza di anni; si è visto che mentre la quantità di anticorpi rimane pressochè costante, i CD4 e CD8 calano costantemente, con un’emivita di 10-15 anni. Ciò ulteriormente dimostra che la memoria immunologica può essere molto lunga.
Caratteristiche delle cellule di memoria
Le cellule della memoria vengono distinte sulla base di marcatori ma anche saggi funzionali in vitro che riguardano la capacità di produrre anticorpi o valutano la risposta di linfociti T attraverso la produzione di chemochine o la proliferazione linfocitaria.
Ciò che permette di distinguere principalmente i linfociti B naïve dai B di memoria è la frequenza, che per i primi varia tra 10-4 e 10-5 fino a 10-2 /10-3 nei soggetti immunizzati. Inoltre la risposta in vitro dei naïve è caratterizzata principalmente dalla produzione di IgM e, in modo minore, di IgG, mentre nelle risposte di memoria si ha la produzione di anticorpi IgG ed IgA, che presentano un’alta affinità. Ulteriormente le cellule di memoria presentano un’ ipermutazione somatica nel repertorio anticorpale rispetto alle cellule naïve.
Quindi in seguito ad’immunizzazioni ripetute aumentano l’affinità e la quantità di anticorpi prodotti, e ciò riguarda principalmente le IgG.
Le IgM infatti rappresentano una classe prioritaria nella risposta primaria. In seguito ad immunizzazione secondaria c’è un aumento delle IgM ma che non è quantitavamente paragonabile a quello delle IgG e ciò è ancora più visibile in risposte successive.
Inoltre, è stato osservato che le cellule di memoria rispondono in vitro più prontamente, perché hanno una serie di pathways attivati che le porta ad esprimere più molecole co-stimolatorie come B-7.1, hanno immunoglobuline di superficie diverse dalle IgM ed esprimono più recettori per BAFF.
Perciò, quando migrano nei follicoli le cellule di memoria hanno più capacità di sopravvivenza perché utilizzano le citochine omeostatiche, hanno più B-7.1 e quindi nel caso in cui ricevano segnale dall’antigene competono con i T helper follicolari perché sono in grado di stimolare meglio. Esprimono in superficie il marcatore CD27.
Espansione e contrazione dei linfociti T
Per misurare la frequenza dei linfociti T di memoria si usano dei tetrameri MHC che permettono di creare delle strutture simili agli anticorpi a cui è possibile legare un fluorocromo che sono in sostanza molecole MHC legate ad un peptide di interesse che legheranno tutti i linfociti che riconoscono quell’antigene.
Nel grafico si vede il numero di linfociti che lega tetrameri MHC coniugati con un peptide derivato dall’antigene listeriolisina di Listeria monocytogenes, in animali immunizzati precedentemente con Listeria.
A sinistra si vede che in una settimana c’è una grande espansione del numero di linfociti, mentre a destra in un arco temporale più ampio si vede un calo che corrisponde alla fase di contrazione che avviene nei 60 gg. successivi, ma, dopo di ciò il declino è molto lento. Quindi anche per le cellule T di memoria la vita è molto lunga.
Marcatori dei linfociti di memoria
Molti marcatori sono necessari insieme per identificare specificatamente i linfociti T di memoria. Tra questi ci sono CD44, recettore per l’acido ialuronico, CD45R0 e CD45RA che sono rispettivamente espresse in linfociti effettori e naïve ma sono entrambe espresse nei linfociti di memoria. Esistono inoltre sottoclassi di linfociti di memoria con diverse capacità di ricircolazione che presentano perciò alternativamente molecole che permettono la loro localizzazione che sono CD62L e CCR7. Bcl-2 è un altro marcatore particolarmente espresso ed è coinvolto nella sopravvivenza e nella regolazione dell’apoptosi delle cellule della memoria. Esse hanno anche una maggiore capacità di secernere citochine come l’IFNγ.
CD25, catena alfa del recettore per l’IL-2 non è presente nei linfociti di memoria mentre CD127, catena alfa del recettore per IL-7, è molto espressa nei linfociti di memoria, esattamente al contrario dei linfociti effettori. Infatti, i linfociti di memoria hanno bisogno dell’IL-7 e risentono della sua azione omeostatica.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo della camera anteriore dell'occhio come sito di privilegio immunologico?
- Cosa può rompere lo stato di tolleranza immunologica nell'occhio e quali sono le conseguenze?
- Come avviene l'editing recettoriale nei linfociti B e qual è il suo scopo?
- Quali fattori influenzano la durata della memoria immunologica?
- Quali marcatori sono utilizzati per identificare i linfociti T di memoria e quali sono le loro caratteristiche?
La camera anteriore dell'occhio è un sito di privilegio immunologico grazie alla barriera emato-oculare che impedisce il passaggio dei linfociti e all'umor acquoso che contiene sostanze antiinfiammatorie come TGFβ e IDO. Inoltre, l'assenza di vasi linfatici e la cornea avascolare contribuiscono a mantenere questo stato.
Un evento traumatico può rompere lo stato di tolleranza immunologica nell'occhio, causando oftalmia simpatica, che può portare alla perdita della vista anche nell'occhio sano a causa di una risposta infiammatoria auto-aggressiva.
L'editing recettoriale nei linfociti B avviene quando i linfociti che riconoscono antigeni self ripristinano la ricombinazione delle immunoglobuline, generando nuovi riarrangiamenti nelle catene leggere. Questo processo permette di ottenere un recettore non più self-reattivo, consentendo la sopravvivenza della cellula.
La durata della memoria immunologica è influenzata dalla quantità e persistenza dell'antigene, dalla via d'inoculazione, dalla presenza di adiuvanti e dalla produzione di molecole co-stimolatorie da parte delle APC. La memoria può essere molto lunga, come dimostrato da studi epidemiologici.
I linfociti T di memoria sono identificati da marcatori come CD44, CD45R0, CD45RA, CD62L, CCR7, Bcl-2, e CD127. Questi linfociti hanno una lunga vita, una maggiore capacità di secernere citochine come IFNγ, e necessitano dell'IL-7 per la sopravvivenza.