bertoliadelia
Genius
4 min. di lettura
Vota

Concetti Chiave

  • Il D-dimero è un marcatore di degradazione della fibrina stabilizzata, utile per escludere tromboembolismo venoso in caso di risultato negativo.
  • In caso di D-dimero positivo, è necessario confermare la presenza di tromboembolismo venoso utilizzando tecniche di imaging come ecocolor-doppler o TAC.
  • Il fattore di von Willebrand, scoperto da Erik Adolf von Willebrand, è una proteina cruciale nel trasporto del fattore VIII e nell'emostasi primaria.
  • La malattia di von Willebrand, che colpisce sia maschi che femmine, è diagnosticata tramite test di antigene e test funzionali del fattore di von Willebrand.
  • L'emofilia acquisita si caratterizza per la presenza di anticorpi contro il fattore VIII, rilevata da un aPTT allungato e spesso accompagnata da ematomi lombari.

Il D-dimero È un prodotto di degradazione della fibrinolisi ed è un marcatore utile perché rileva la presenza di forme di degradazione della fibrina stabilizzata ed è indice del fatto che si sia verificato un episodio trombotico non voluto. In tabella sono riportate le cause di aumento del D-Dimero.

Indice

  1. Utilizzo clinico del D-dimero
  2. Scoperta di von Willebrand
  3. Diagnostica della malattia di von Willebrand
  4. Diagnosi di emofilia acquisita

Utilizzo clinico del D-dimero

Le cause possono essere dunque, sia fisiologiche che patologiche. Il D-Dimero ha un elevato valore predittivo negativo. Esso è entrato nell’utilizzo clinico non tanto perché aumenti in tutte le situazioni cliniche della tabella, ma perchè se si ha un sospetto di tromboembolismo venoso e si ha un D-Dimero negativo, si può procedere con un algoritmo di rule out. La trombosi venosa profonda ha il D-Dimero maggiore del 99% positivo. Dunque, se si ha il sospetto ma il D-Dimero è negativo, si può escludere il tromboembolismo venoso.

Viceversa, se fosse positivo bisognerebbe confermare la TEV con imaging, come ecocolor-doppler o TAC.

Esso è utile al clinico in caso non ci siano a disposizione informazioni derivate dall’ imaging, o da esami di secondo livello.

Scoperta di von Willebrand

Erik Adolf von Willebrand è stato uno scienziato finlandese, che ha scoperto la principale patologia emorragica presente in Europa, partendo da un gruppo di isole tra la Finlandia e la Svezia. In questa situazione clinica egli evidenziò la presenza di una famiglia di pseudoemofilia ereditaria, ossia i pazienti avevano le caratteristiche emofiliche, ma vi era un tratto essenziale, che faceva portare, già negli anni ’20, a dire che non fosse emofilia genetica, cioè colpiva i maschi e le femmine, soprattutto le donne. Questo comportò a von Willebrand di pubblicare il caso clinico della famiglia e di dare il proprio nome alla proteina scoperta, fattore di von Willebrand.Il fattore di Von Willebrand è una proteina circolante, che ha come principale azione quella di trasportare il fattore VIII. Esso rappresenta il fattore cardine affinché la cascata coagulativa abbia una sufficiente potenza per produrre fattore X. Il fattore VIII, coadiuvato dal fattore IX, è instrinsecasico. La sua carenza determina l’emofilia A. Esso circola nel plasma trasportato da una proteina, poichè è definito fragile. Questo trasportatore è proprio il fattore di von Willebrand, che lega in fattore VIII nella zona C1-C2. Esso inoltre è la principale proteina di legame dell’emostasi primaria, ossia la proteina che lega le diverse piastrine mediante i recettori.

Diagnostica della malattia di von Willebrand

La sua richiesta come esame di laboratorio consente di classificare la malattia di von Willebrand. Essa ha una prevalenza di circa 0,5-1% sulla popolazione generale ed è il deficit più diffuso. Essa ha una similitudine con l’emofilia, ma la grande differenza è che colpisce maschi e femmine.

Per fare la diagnostica di von Willebrand al laboratorio viene richiesta:

1. la determinazione dell’antigene del fattore di Von Willebrand (test di primo livello);

2. test funzionale di cofattore ristocetinico, che consente di migliorare la classificazione di tipo due (classificazione complessa: A, B, M, N). Ruoli degli anticorpi quando aggrediscono il fattore VIII: l’emofilia acquisita presenta uno sviluppo di anticorpi che si legano al fattore VIII, favorendo la sua degradazione, dunque, il paziente avrà comunque una clinica emofilica, anche essendo in età avanzata.

Diagnosi di emofilia acquisita

Il punto di partenza per la diagnosi di emofilia acquisita è rappresentato da un aPTT allungato, valori compresi solitamente tra 1,5 e 2,5 (non estremamente aumentati) e la presenza di ematomi in zona lombare.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il ruolo del D-dimero nella diagnosi di tromboembolismo venoso?
  2. Il D-dimero è un marcatore utile per rilevare la presenza di forme di degradazione della fibrina stabilizzata. Se il D-dimero è negativo, si può escludere il tromboembolismo venoso, mentre se è positivo, è necessario confermare con imaging.

  3. Chi era Erik Adolf von Willebrand e quale scoperta ha fatto?
  4. Erik Adolf von Willebrand era uno scienziato finlandese che ha scoperto la principale patologia emorragica in Europa, identificando una forma di pseudoemofilia ereditaria e dando il suo nome al fattore di von Willebrand.

  5. Qual è la funzione principale del fattore di von Willebrand?
  6. Il fattore di von Willebrand trasporta il fattore VIII, essenziale per la cascata coagulativa, e lega le piastrine nell'emostasi primaria.

  7. Come si diagnostica la malattia di von Willebrand in laboratorio?
  8. La diagnosi di von Willebrand richiede la determinazione dell'antigene del fattore di von Willebrand e un test funzionale di cofattore ristocetinico per migliorare la classificazione di tipo due.

  9. Quali sono i segni clinici dell'emofilia acquisita?
  10. L'emofilia acquisita si manifesta con un aPTT allungato, valori tra 1,5 e 2,5, e la presenza di ematomi in zona lombare, dovuti allo sviluppo di anticorpi contro il fattore VIII.

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community