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Concetti Chiave

  • I genitori che proteggono eccessivamente i figli impediscono loro di sviluppare resilienza contro i piccoli traumi quotidiani, influenzando negativamente la loro vita adulta.
  • La terapia psicoterapica è raccomandata per trattare sintomi post-traumatici persistenti, con tecniche come MDR e terapia cognitivo-comportamentale.
  • Gli antidepressivi SSRI, combinati con la psicoterapia, sono efficaci nel controllo dei sintomi del PTSD, secondo le linee guida basate su studi recenti.
  • Gli psicologi dell'emergenza lavorano in aree di crisi per prevenire lo sviluppo del PTSD offrendo supporto immediato alle persone colpite da eventi traumatici.
  • L'espressione della sofferenza psichica varia significativamente tra culture diverse, influenzando la diagnosi e il trattamento di disturbi post-traumatici.

Problemi della generazione del XX secolo

i genitori tendono a proteggere eccessivamente i figli e a schermarli da ogni evento stressante. Banalmente, esperienze come perdere a una gara, o essere lasciati dal fidanzato/fidanzata sono esperienze strutturanti e formative. Se questi piccoli eventi traumatici non vengono vissuti in un contesto e in una modalità di crescita di ognuno, poi succede che nella vita adulta a 15-30 anni una frustrazione nella vita viene vissuta come un evento traumatico.
Gli psichiatri si trovano quindi ad affrontare quadri quasi di PTSD in ragazzi che sono semplicemente stati lasciati dal fidanzato: questa reazione così paralizzante nasce proprio dalla tendenza a proteggere i figli dalle piccole frustrazioni della quotidianità, che permetterebbero all’adulto di essere una persona un po’ più strutturata di fronte agli eventi traumatici della vita.
Se i sintomi permangono in maniera intensa dopo 3 mesi rispetto all’evento traumatico, la terapia per eccellenza di prima linea è quella psicoterapica. Quindi dei colloqui psicoterapici (psicologici o psichiatrici) che permettano di rielaborare l’evento. Adesso esiste anche una tecnica mdr: è una tecnica comportamentale di desensibilizzazione con i movimenti oculari che viene utilizzata nei momenti tramatici. Tra i principali tipi di interventi psicoterapici ricordiamo: mdr, trauma-focused therapy, terapia cognitivo-comportamentale, psicodinamica.
Le linee guida che oggi utilizziamo sono state stilate grazie a molti studi fatti sugli aspetti terapeutici nel ptsd: la maggior parte di questi studi utilizzavano fluorexetina, paroxetina, sertralina e venlafaxina come tutti antidepressivi ssri, in combinazione con la terapia psicoterapica, e hanno dimostrato un’efficacia di questa combinazione nel controllo dei sintomi.
Nei luoghi di guerra ci sono delle equipe di psicologi, gli psicologi dell’emergenza, che intervengono immediatamente per offrire un supporto immediato per un accoglimento immediato delle reazioni emotive di una persona per impedire che la sintomatologia presente in quel momento si sviluppi fino a diventare un vero e proprio disturbo. Non si tratta quindi di trattamento ma di prevenzione della formazione del ptsd.
È un disturbo molto variegato, che mette insieme persone che hanno affrontato situazioni estremamente diverse tra loro: la donna che ha subito una rapina, l’uomo che ha fatto un incidente d’auto, i sopravvissuti al Bataclan, i sopravvissuti all’attentato delle torri gemelle, i veterani della Guerra del Vietnam, i migranti e i rifugiati. C’è quindi una moltitudine di forme della sofferenza psichica conseguente ad eventi traumatici, violenti e luttuosi. Il comune denominatore resta l’esposizione a un’esperienza traumatica e la sintomatologia caratteristica, però a seconda delle situazioni si avranno delle declinazioni del disturbo molto diverse.

Le sindromi post-traumatiche hanno delle specificità culturali molto evidenti: la sofferenza psichica delle persone si manifesta con modalità espressive diverse.
Ognuno di noi reagisce ed esprime il proprio dolore in maniera diversa di fronte a un evento traumatico: c’è chi studia dalla mattina alla sera, chi non riesce più a studiare, chi si abbuffa, chi non mangia più niente, chi va fuori tutte le sere in discoteca, chi non esce più di casa.
In altri Paesi non occidentali, le modalità di espressione del dolore possono essere molto diverse, legate al contesto e alla cultura di appartenenza.
Esempio: nella comunità dei rifugiati dall’Afghanistan, i criteri diagnostici della depressione non sono appropriati. Se si chiede a un ragazzo di vent’anni afghano se gli capita di piangere la risposta è no: il pianto sarebbe un criterio con cui si fa diagnosi di depressione. L’espressione della sofferenza psichica e della tristezza nel suo contesto culturale è diversa.
Esempio: anche l’espressione del dolore del parto è molto diversa in base alla cultura. Una donna nigeriana che partorisce urla in una maniera disumana, ma appena ha finito di partorire è perfetta. Invece una donna milanese durante il parto respira in maniera precisa, controlla la muscolatura dei glutei e dell’addome come le hanno insegnato, non emette un gemito, ma magari dopo il parto non cammina per due settimane dal dolore. Il dolore che le due donne provano durante il parto non è diverso, è diversa l’espressione del dolore.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono le esperienze strutturanti e formative per i figli secondo il testo?
  2. Perdere a una gara o essere lasciati dal fidanzato/fidanzata.

  3. Cosa succede se i piccoli eventi traumatici non vengono vissuti in un contesto di crescita?
  4. Nella vita adulta, una frustrazione può essere vissuta come un evento traumatico.

  5. Qual è la terapia di prima linea per i sintomi persistenti dopo un evento traumatico?
  6. La terapia psicoterapica.

  7. Quali sono alcuni dei principali tipi di interventi psicoterapici menzionati nel testo?
  8. MDR, trauma-focused therapy, terapia cognitivo-comportamentale, psicodinamica.

  9. Qual è il comune denominatore delle sindromi post-traumatiche?
  10. L'esposizione a un'esperienza traumatica e la sintomatologia caratteristica.

Domande e risposte