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Concetti Chiave

  • Ipossia è la riduzione dell'ossigeno disponibile per i tessuti, mentre ipossiemia è una bassa pressione parziale di ossigeno nel sangue (pO2 <60mmHg).
  • È possibile avere ipossia senza ipossiemia, poiché la disponibilità di ossigeno ai tessuti dipende anche dalla capacità dell'emoglobina di trasportare e rilasciare ossigeno.
  • Il contenuto arterioso di ossigeno (CaO2) offre una visione più completa dell'ossigenazione tissutale rispetto alla sola pO2, considerano sia l'ossigeno legato all'emoglobina che quello disciolto nel sangue.
  • La saturazione di ossigeno (SaO2) moltiplicata per l'emoglobina e un coefficiente di solubilità indica la quantità di ossigeno trasportata dall'emoglobina.
  • Per valutare la vera disponibilità di ossigeno ai tessuti è utile considerare la gittata cardiaca insieme al CaO2, importante anche nelle decisioni di trasfusione.

Indice

  1. Definizioni di ipossia e ipossiemia
  2. Possibilità di ipossia senza ipossiemia
  3. Importanza del contenuto arterioso d'ossigeno

Definizioni di ipossia e ipossiemia

Anzitutto le definizioni:

    Ipossia: riduzione della disponibilità di ossigeno a livello tissutale, quindi è un problema del tessuto (che può essere causata dall’ipossiemia).

    Ipossiemia: valore di pO2

Possibilità di ipossia senza ipossiemia

Si può avere ipossia senza ipossiemia? Teoricamente sì, perché la pO2 riflette la pressione parziale di ossigeno, ma l’ossigeno effettivamente disponibile per i tessuti dipende da altri fattori.

Innanzitutto dal trasportatore, più emoglobina c’è più ossigeno è disponibile per i tessuti, ma bisogna anche vedere quanto è saturabile6 e che sia in condizione di rilasciare l’ossigeno ai tessuti7. In un’intossicazione da monossido di carbonio c’è tantissimo ossigeno in circolo ma la disponibilità per i tessuti è molto poca, infatti quello che si fa è dare elevate quantità di ossigeno per competere con i siti di legame ancora liberi. L’emoglobina che raggiunge i tessuti riduce la propria affinità per l’O2 se incontra condizioni di pH acido, alta pCO2, alta temperatura corporea, condizioni che si verificano ad esempio in corso di esercizio fisico.

Importanza del contenuto arterioso d'ossigeno

Il contenuto arterioso d’ossigeno è molto importante da conoscere e la PaO2 è un criterio veramente grezzo che del paziente ci dice solo come funziona il polmone, e neanche del tutto perché, come visto, dipende anche da quanto desaturato arriva l’ossigeno. Il contenuto arterioso di ossigeno, che ciascuna molecola di emoglobina può legare. 0,003 è il coefficiente di solubilità dell’ossigeno nel sangue.

SaO2 è la saturazione che moltiplicata per l’emoglobina e il coefficiente permette di sapere quant’è la quantità di ossigeno in mL che l’emoglobina porta. Bisogna poi aggiungere l’ossigeno disciolto nel sangue, che viene calcolato come nella formula perché l’emogassometro misura tutto l’ossigeno che legge, ma solo una piccola quota è effettivamente solubile.

Esempio: CaO2 = (15 x 99 x 1,34) + (95 x 03003) = 19,9 + 0,28 = 20,1 ml O2/100 ml. Questo è un valore su cui normalmente non ci si sofferma tanto, ma se i pazienti hanno valori estremi di emoglobina è utile per capire quanto effettivamente stanno ossigenando. Ed esempio, trasfondendo un paziente anemico che è anche ipossico questo sta meglio perché i tessuti saranno più ossigenati. Conoscere solo la pO2 dà alcune informazioni sui polmoni, mentre con la CaO2 si sa tutto. Con i valori descritti possiamo indagare i polmoni (con la pO2), i trasportatori (l’emoglobina inclusa nella CaO2) e per conoscere veramente la disponibilità di ossigeno a livello tissutale dovremmo conoscere anche la gittata cardiaca del paziente. Moltiplicandola per la CaO2 si arriva a sapere quanti ml/min di O2 arrivano ai tessuti.

Ha un risvolto anche pratico: quando si fanno le richieste per le sacche di sangue da trasfondere, queste non vengono date se il paziente ha più di 8 g/dl di emoglobina, però se è un cardiopatico ischemico il valore arriva ad 8,5-9 perché questi hanno bisogno di un contenuto arterioso di ossigeno più alto essendo predisposti ad avere problemi tissutali. Questa regola però non vale per i pazienti con esiti di ictus (per far vedere che la problematica è nota a livello teorico, ma non applicata nel pratico).

Domande da interrogazione

  1. Qual è la differenza tra ipossia e ipossiemia?
  2. L'ipossia è la riduzione della disponibilità di ossigeno a livello tissutale, mentre l'ipossiemia si riferisce a un basso valore di pO2 nel sangue.

  3. È possibile avere ipossia senza ipossiemia?
  4. Sì, teoricamente è possibile perché la disponibilità di ossigeno per i tessuti dipende da fattori come la quantità di emoglobina e la sua capacità di rilasciare ossigeno.

  5. Qual è l'importanza del contenuto arterioso di ossigeno (CaO2)?
  6. Il CaO2 fornisce una misura più completa della disponibilità di ossigeno per i tessuti rispetto alla sola pO2, poiché considera anche l'emoglobina e l'ossigeno disciolto nel sangue.

  7. Come si calcola il contenuto arterioso di ossigeno?
  8. Il CaO2 si calcola moltiplicando la saturazione di ossigeno per l'emoglobina e un coefficiente, aggiungendo poi l'ossigeno disciolto nel sangue.

  9. Perché i pazienti cardiopatici ischemici richiedono un contenuto arterioso di ossigeno più alto?
  10. I pazienti cardiopatici ischemici necessitano di un contenuto arterioso di ossigeno più alto per prevenire problemi tissutali, quindi le trasfusioni possono essere richieste a livelli di emoglobina più alti rispetto ad altri pazienti.

Domande e risposte