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Concetti Chiave

  • L'elettrocardiogramma (ECG) può mostrare alterazioni indicative di infarto STEMI, ma il 70% dei pazienti non presenta tali alterazioni.
  • Gli infarti NSTEMI non mostrano elevazione né depressione del tratto ST nell'ECG e hanno una prognosi simile a quella degli infarti STEMI.
  • La mortalità intraospedaliera è più alta per gli STEMI, ma i pazienti con NSTEMI hanno un rischio maggiore di reinfarto dopo la dimissione.
  • La mortalità a lungo termine è paragonabile o superiore nei pazienti con NSTEMI rispetto a quelli con STEMI.
  • L'uso dei biomarcatori cardiaci ha permesso di identificare il 70% degli infarti che in passato venivano diagnosticati come angina instabile.

Indice

  1. Diagnosi iniziale e ECG
  2. Differenze tra STEMI e NSTEMI
  3. Prognosi e mortalità
  4. Evoluzione della diagnosi
  5. Definizione universale di infarto

Diagnosi iniziale e ECG

Ad oggi, quando arriva il paziente si fa prima un prelievo di sangue (per la determinazione dei biomarcatori cardiaci) ma fa anche l’ECG. All’ECG il possibile esito è:

• Presenza di alterazioni elettrocardiograficheinfarto STEMI

• Assenza di alterazioni elettrocardiografiche  infarto STEMI

Il 70% dei pazienti non ha alterazioni elettrocardiografiche.

Può insorgere un dubbio: come si fa la diagnosi? Con i test di laboratorio.

Differenze tra STEMI e NSTEMI

Questi infarti sono detti NSTEMI (Non ST Segment Elevation Myocardial Infarction) ovvero non hanno elevazione del tratto ST.

In realtà non hanno né elevazione nè sottoslivellamenti del tratto ST, perché anche la depressione del tratto ST è patognomonica di infarto acuto del miocardio, ma semplicemente lo diciamo così perché gli inglesi negli anni ’60 videro la sua elevazione. Questa categoria degli infarti ha una prognosi che non è per nulla differente alla prognosi di un infarto STEMI cioè con alterazioni elettrocardiografiche.

Prognosi e mortalità

La mortalità intraospedaliera entro un mese è sicuramente più elevata per gli STEMI (quasi 3 volte superiore; 10-15% negli STEMI vs 3-5% nei NSTEMI). Dopo la dimissione ospedaliera però i NSTEMI hanno quasi 2-3 volte il rischio di avere un reinfarto rispetto ai pazienti con STEMI (15-25% vs 5-8%).

Inoltre, se guardiamo la long term mortality (ovvero la mortalità a 5-10-20 anni) è assolutamente identica se non addirittura superiore nei pazienti che hanno infarti NSTEMI rispetto a pazienti con infarti STEMI.

Evoluzione della diagnosi

Ciò significa che 10 anni fa, quando non avevamo i marcatori che abbiamo oggi, mandavamo a casa il 70% dei pazienti catalogati con il termine con angina instabile. Infatti, se un paziente veniva alla nostra osservazione con sintomatologia compatibile con infarto acuto del miocardio ma non aveva alterazioni dell’ECG veniva mandato a casa con la diagnosi di angina instabile; oggi invece se hanno i biomarcatori cardiaci alti vengono catalogati come infarti NSTEMI. I biomarcatori cardiaci ci hanno consentito di riconoscere il 70% degli infarti che solo 10 anni fa non conoscevamo.

Definizione universale di infarto

Ad oggi, siamo giunti alla quarta definizione universale di infarto acuto del miocardio: il primo criterio per fare diagnosi di infarto acuto del miocardio (soprattutto di tipo 1, cioè dell’infarto su base aterosclerotica) è che ci deve essere un aumento della concentrazione della troponina cardiaca con almeno un valore che sia superiore al limite di riferimento della popolazione normale, in presenza di altri indicatori es. sintomi di ischemia acuta del miocardio, alterazioni ischemiche dell’ECG, sviluppo delle onde Q di necrosi (sono quelle molto tardive, teendono a comparire 2-3 giorni dopo l’infarto).

Domande da interrogazione

  1. Qual è il ruolo dell'ECG nella diagnosi di infarto?
  2. L'ECG può mostrare alterazioni elettrocardiografiche indicative di infarto STEMI, ma il 70% dei pazienti non presenta tali alterazioni. La diagnosi si basa quindi anche sui test di laboratorio.

  3. Come si differenziano gli infarti STEMI e NSTEMI in termini di prognosi?
  4. Gli STEMI hanno una mortalità intraospedaliera più alta, ma i NSTEMI presentano un rischio maggiore di reinfarto dopo la dimissione e una mortalità a lungo termine simile o superiore.

  5. Qual è l'importanza dei biomarcatori cardiaci nella diagnosi di infarto?
  6. I biomarcatori cardiaci, come la troponina, permettono di identificare infarti NSTEMI che in passato sarebbero stati classificati come angina instabile, migliorando la diagnosi del 70% dei casi.

  7. Qual è il primo criterio della quarta definizione universale di infarto acuto del miocardio?
  8. Il primo criterio è l'aumento della concentrazione della troponina cardiaca oltre il limite di riferimento, accompagnato da altri indicatori come sintomi di ischemia o alterazioni ischemiche dell'ECG.

Domande e risposte