Concetti Chiave
- Il film "Il Gattopardo" di Luchino Visconti si basa sui primi cinque capitoli dell'omonimo romanzo, coprendo eventi storici tra il 1860 e il 1862.
- Visconti enfatizza la spettacolarità delle scene e le decisioni politico-ideologiche, con una particolare attenzione alla ricostruzione storica e ambientale.
- Le critiche principali riguardano l'approccio decorativo e una trattazione superficiale della questione meridionale rispetto al romanzo.
- La ricostruzione scenografica è meticolosa, utilizzando modelli pittorici dei Macchiaioli e ambientazioni sostitutive per creare un'atmosfera autentica.
- Il ballo nel Palazzo Ponteleone è una sequenza simbolica che rappresenta il declino della nobiltà borbonica, un tema centrale del film.
In questo appunto di Cinema è presente la scheda del film "Il Gattopardo", del registra Luchino Visconti. Dopo aver riportato la trama del film, si effettua un confronto con l'omonimo romanzo da cui è tratto.
Scheda del film
Si presenta di seguito la scheda del film:
- Genere: drammatico
- Regista: Luchino Visconti
- Anno: 1963
- Casting: Burt Lancaster (principe Fabrizio Corbera di Salina), Alain Delon (Tancredi Falconieri), Claudia Cardinale (Angelica Sedara)
- Sinopsi: 1860, a Donnafugata (Palermo). Prevedendo il declino dell’aristocrazia, il principe permette il matrimonio di suo nipote con la figlia del sindaco del villaggio, che rappresenta la ricca borghesia, fortemente in ascesa.
Trama del film
Quando Garibaldi sbarca in Sicilia, Tancredi, il nipote preferito del principe Fabrizio di Salina, si unisce alle truppe rivoluzionarie.
Dopo la vittoria di Garibaldi, Tancredi, ormai eroe della rivoluzione, ottiene un lasciapassare per permettere allo zio di potersi trasferire con la famiglia, nella sua residenza estiva di Donnafugata. Durante questo spostamento, per gioco, Tancredi fa la corte, alla cugina Concetta. Quest’ultima incarica il cappellano di casa Salina e consigliere spirituale della famiglia di chiedere al padre se esiste la possibilità di un matrimonio con Tancredi, ma il principe non è d’accordo. D’altra parte, Tancredi è innamorato di Angelica Sedara, figlia del sindaco di Donnafugata, don Calogero. Accettando suo malgrado le circostanze, il principe, al plebiscito vota in favore del regno unito d’Italia e quindi contro i Borboni. Tancredi ritorna presso il reggimento e scrive a suo zio di chiedere la mano di Angelica. Il principe ha un colloquio con don Calogero Sedara, un ricco borghese, ricco quanto il principe Fabrizio. Dopo poco tempo, Tancredi ritorna a Donnafugata per passare alcuni giorni in compagnia dell’innamorata che ben presto sposerà. L’ultima scena del film è quella del grande ballo offerto dal principe in casa dei nobili Ponteleone a tutta l’aristocrazia siciliana, in occasione del debutto di Angelica in società. Dopo il ballo, don Fabrizio, percependo il peso della vecchiaia e della morte, si congeda e preferisce rientrare a casa a piedi. Sente dire che quattro disertori dell’esercito di Vittorio Emanuele che hanno cercato di unirsi a Garibaldi, saranno fucilati. Egli aspetta l’alba, passeggiando sul lungomare, quando quattro fucilate interrompono il silenzio e poi più nulla. Lentamente, il principe si dirige, allora, verso il luogo dove gli uomini sono stati giustiziati: l’aristocrazia ormai morente, assiste così alla morte dell’ideale di libertà.
Analisi e confronto con il romanzo
Luchino Visconti considera il testo letterario come un punto di partenza, una sorta di canovaccio, di cui si serve
per mettere in scena delle situazioni, dei personaggi e dei dialoghi. Pertanto, i dati letterari sono sottoposti ad un
procedimento di rielaborazione, se non di reinvenzione.
Per l’adattamento de Il Gattopardo, Visconti sceglie i primi cinque capitoli del libro, che coprono il periodo storico che va dal maggio 1860 al novembre 1862. La perfezione estetica del film si unisce con l’esigenza di una ricerca assoluta di verosimiglianza nella ricostruzione delle situazioni e dell’atmosfera ambientale. Infatti, Visconti vede nell'omonimo romanzo una convergenza della vita sociale e dell’esistenza proprie del Verga e del tema della memoria tanto caro a Proust. Eminenti critici di sinistra hanno rimproverato a Visconti di essersi troppo dilungato sulla decorazione, di aver affrontato il problema della questione meridionale in modo superficiale e di aver rispettato troppo fedelmente il messaggio di don Fabrizio. Le modifiche operate da Visconti, in rapporto al libro tendono a privilegiare da una parte le scene più spettacolari e dall’altra le decisioni politico-ideologiche più importanti all’interno della situazione storica dell’epoca. Se non resta quasi nulla delle parti V, VI e VIII del romanzo, la sequenza della battaglia di Palermo come il macro-episodio del ballo a Palazzo Ponteleone, occupano uno spazio che per la loro ampiezza acquistano anche un valore simbolico. La parte riservata alla morte del principe e quello relativo alla vecchiaia di Concetta e di Angelica, non compaiono nel film e altri passi del romanzo si trovano simbolicamente fusi all’interzo della macro-sequenza del ballo, in cui il sentimento della fine di un’epoca e la malattia del principe sono condensati. Costituiscono l’oggetto di trasformazione anche la conversazione di Tancredi con lo zio e le rimostranze di padre Pirrone.
La natura piuttosto antipatica del colonnello Pallavicino, definito come l’eroe di Aspromonte, viene esasperata. Inoltre i colpi di fucile alla fine del film contro i disertori che volevano abbandonare l’esercito piemontese per ricongiungersi con Garibaldi non esistono nel romanzo. Un altro aspetto molto significativo del film è l’enorme lavoro scenografico e architetturale necessario per ricostruire gli ambienti. Il palazzo di Donnafugata cera stato bombardato durante la Seconda Guerra Mondiale e Visconti lo sostituisce con quello di Palma di Monte Chiara, che fa completamente restaurare, l’attuale Palazzo Gangi, restaurato, nel film diventa il Palazzo Ponteleone e viene fatta ricostruire la Porta di Palermo, necessaria per la scena della battaglia. Evidentemente, ricostruire il tutto a Cinecittà, sarebbe costato meno, ma non si avrebbe avuta la stessa atmosfera. La ricostruzione del passato è effettuata con un’attenzione costante ai modelli pittorici dei Macchiaioli. Durante il ballo. Don Fabrizia si sofferma ad osservare la tela di Greuze, La morte del giusto, una copia effettuata da uno specialista dell’originale che si trova al Louvre. La rappresentazione delle scene girate all’esterno ha una logica figurativa che non è quella del romanzo. Per evocare la battaglia di Palermo, il regista una serie di episodi, di immagini secondarie, di piccole battaglie. Nonostante la ricostruzione dell’Arco antico e del modello costituito dalla battaglia di Capua di Giovanni Fattori, Visconti tende svalorizzare l’avvenimento storico, privando li eroismo l’azione dei garibaldini e il fatto che essi abbiano contribuito all’unificazione dell’Italia: i due primi piani della sequenza della battaglia descrivono in modo spettacolare , è vero, l’avanzata garibaldina sulla piazza Sant’Elmo, accompagnati dal movimento della cinepresa che segue la progressione delle camicie rosse. Poi, con una visione aerea, si ha una visione globale della piazza conquistata mentre i piani successivi hanno tendenza a disperdere i garibaldini nelle strade, misere e deserte. Nell’insieme, i micro episodi danno la sensazione allo spettatore che si tratti di una battaglia in margine alla storia, piuttosto che di un avvenimento di portata nazionale. Le referenze pittoriche dei macchiaioli sono presenti anche nella rappresentazione dei quartieri popolari di Palermo e di Donnafugata: una degradazione molto avanzata, i muri in rovina delle case, le strade polverose. Come in una tela, il gioco delle ombre e l’uso del colore ocra in tutte le sue sfumature accentua il senso di povertà dell’ambiente. Le immagini che rappresentano il paesaggio siciliano sono un riflesso del carattere dei personaggi e soprattutto del principe. Don Fabrizio non sfugge all’immobilismo che regna nel paesaggio; egli non cerca di sfuggire alla fatalità storica che vuole che la nuova borghesia, venuta dal popolo, prenda il potere, lasciato dalla classe nobiliare. E infine abbiamo la lunga sequenza del ballo nel Palazzo Ponteleone. Esso si apre sulle note di un valzer inedito di Verdi, Siamo nel 1862, dopo la sconfitta di Aspromonte, in cui Garibaldi è stato anche ferito. Il regista presenta una successione di quadri d’interno per mettere in evidenza il fasto e il lusso di un mondo in declino. Sembra quasi che i partecipanti partecipino ad un rito; come se fossero dei manichini di cera, le donne ingioiellate e con addosso dei costosi vestiti, discutono, ma le loro frasi sono spesso soffocate dalla musica. I grandi saloni in cui danzano gli ospito sono molto più illuminati dell’ingresso e dei giardini e delle stesse stanze in cui i personaggi dialogano. Alcuni critici, giustamente, hanno visto nel ballo il canto funebre della nobiltà borbonica che viene evidenziato dall’immagine tragica della crisi del Risorgimento, di cui sono simbolo le fucilate, all’alba, contro goli ultimi sostenitori di Garibaldi, su ordine dell’esercito reale. In conclusione, si può affermare che le soluzioni estetiche enarrative da Visconti per restare fedele al romanzo, obbediscono alla celebre frase pronunciata da Tancredi: “Se vogliamo che tutto resti uguale, bisogna che tutto cambi”
Per ulteriori approfondimenti sul romanzo "Il Gattopardo" vedi anche qua
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale del film "Il Gattopardo" di Luchino Visconti?
- Come si differenzia il film dal romanzo originale di Tomasi di Lampedusa?
- Quali critiche sono state mosse a Visconti riguardo al suo adattamento cinematografico?
- Quali elementi scenografici e architetturali sono stati significativi nel film?
- Qual è il significato simbolico della scena del ballo nel film?
Il tema principale del film è il declino dell'aristocrazia e l'ascesa della borghesia, rappresentato attraverso il matrimonio tra Tancredi e Angelica, e il contesto storico dell'unificazione italiana.
Visconti utilizza il romanzo come punto di partenza, modificando e reinventando alcune parti per enfatizzare scene spettacolari e decisioni politico-ideologiche, mentre alcune parti del romanzo sono omesse o simbolicamente fuse nel film.
Alcuni critici di sinistra hanno criticato Visconti per essersi concentrato troppo sulla decorazione e per aver affrontato superficialmente la questione meridionale, rispettando troppo il messaggio del principe Fabrizio.
Visconti ha ricostruito ambienti storici con grande attenzione, come il Palazzo Ponteleone e la Porta di Palermo, per mantenere l'atmosfera autentica, ispirandosi ai modelli pittorici dei Macchiaioli.
La scena del ballo rappresenta il canto funebre della nobiltà borbonica, evidenziando il declino di un'epoca e la crisi del Risorgimento, simboleggiata dalle fucilate contro i sostenitori di Garibaldi.