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Leopardi, Giacomo - L'infinito (14) Pag. 1
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Sintesi

L'infinito di Giacomo Leopardi



La poesia è stata scritta da Giacomo Leopardi nel 1819 e fa parte della raccolta ‘Canti’. E’ un idillio di 15 versi di endecasillabi sciolti. L’opera fa parte degli Idilli, piccoli quadretti di ispirazione greca. Leopardi stesso designò con il termine Idilli alcuni componimenti scritti tra il 1819 e il 1821 (L’infinito, Alla luna, La sera del dì di festa, Il sogno, La vita solitaria) caratterizzati dal linguaggio colloquiale e da tematiche intime e autobiografiche. Nel 1828, Leopardi li definì «espressione di sentimenti, affezioni, avventure storiche del suo animo».
L’infinito costituisce la rappresentazione di sensazioni massimamente poetiche in quanto capaci di suscitare l’immaginazione, che permette di rappresentarsi nella mente quel piacere infinito che non esiste nella realtà. Leopardi stesso, nello Zibaldone, annota che «il piacere infinito non si può trovare nella realtà, si trova così nell'immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni, ecc…». L’infinito coincide, insomma, con lo slancio vitale, con la tensione dell’uomo verso una felicità che non potrà mai raggiungere, perché si scontra inevitabilmente con i limiti imposti dalla vita umana: lo spazio, il tempo, la morte. La poesia può essere divisa in due parti.
Estratto del documento

L’infinito

1. Sempre caro mi fu quest’ermo Autore, opera e periodo di La poesia è stata scritta da Giacomo Leopardi

colle, composizione nel 1819 e fa parte della raccolta ‘Canti’.

e questa siepe, che da tanta parte

dell’ultimo orizzonte il guardo esclude. Tipo di componimento E’ un idillio di 15 versi di endecasillabi sciolti.

Ma, sedendo e mirando, interminati

spazi di là da quella, e sovrumani Mi furono sempre cari questa collina solitaria e

Parafrasi

silenzi, e profondissima quiete questa siepe che impedisce al mio sguardo di

io nel pensier mi fingo; ove per poco guardare verso l’estremo orizzonte. Ma stando

il cor non si spaura. E come il vento seduto e osservando, io mi disegno nella mente

odo stormir tra queste piante, io quello spazi infiniti oltre la siepe e silenzi che vanno

oltre l’immaginazione umana e una grandissima

10 infinito silenzio a questa voce calma; tanto che il cuore per poco non si

vo comparando: e mi sovvien l’eterno, smarrisce. E non appena sento stormire il vento

e le morte stagioni, e la presente tra queste fronde io inizio a paragonare

e viva, e il suon di lei. Così tra questa quell’infinito silenzio a alla voce del vento: e mi

immensità s’annega il pensier mio; viene in mente il pensiero dell’eternità, le

15 e il naufragar m’è dolce in questo mare. stagioni passate e quella presente ancora viva e i

suoi suoni caratteristici. Così il mio pensiero si

smarrisce in questa immensità ed è piacevole

per me affondare e annullarmi in questo mare

dell’infinito.

Figure metriche Sinalefe

Enjambements (più importanti, 10): vv. 2-3; vv.

Figure retoriche: dell’ordine, del 4-5; vv. 5-6; vv. 8-9; vv. 9-10; vv. 13-14;

significante, del significato Anastrofi: v. 1: ‘sempre caro mi fu quest’ermo

colle’, vv.4-7: ‘interminati spazi di là da quella,

e sovrumani /silenzi, e profondissima quiete io

nel pensier mi fingo’, vv. 8-9: ‘il vento odo

stormir’, v. 14: ‘s’annega il pensier mio’;

Iperboli: vv. 4-5: ‘interminati spazi’; vv. 5-6:

‘sovrumani silenzi’; v. 6: ‘profondissima

quiete’;

Polisindeti: vv. 5-6: ‘e sovrumani silenzi, e

profondissima quiete’; vv. 11-13: ‘e mi sovvien

l’eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva

e il suon di lei’;

Metafora: v. 15: ‘e il naufragar m’è dolce in

questo mare’;

Onomatopea: v. 9: ‘stormir’;

Ossimoro: v. 15: ‘il naufragar m’è dolce’;

Antitesi: vv. 2, 5: ‘questa siepe’, ‘di là da

quella’; vv. 9-10: ‘quello infinito silenzio a

questa voce’; vv. 12-13: ‘e le morte stagioni, e

la presente e viva’;

Allitterazioni: della ‘s’, della ‘a’, della ‘r’.

Temi trattati (parole chiave) Interminati, sovrumani, infinito, eterno.

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