Concetti Chiave
- La ribellione a Dio è spesso giustificata in nome della libertà, portando a una progressiva sottovalutazione della fede come questione pubblica.
- Dio viene relegato all'esperienza personale e privata, mentre l'agnosticismo si diffonde poiché l'esistenza divina non è dimostrabile.
- La ribellione nasce dal dolore innocente, in cui il soggetto non è coinvolto, e necessita di un interlocutore come il Dio di Israele.
- La protesta contro Dio è considerata una fase necessaria della fede, non l'ultima parola, come dimostrato dall'esperienza di Giobbe.
- Giobbe rappresenta il paradigma della ribellione a Dio, resa possibile dalla sua fede, attraverso il confronto con il dolore umano.
Ribellione A Dio In Nome Del Dolore
Nella nostra contemporaneità, è facile sentire un ateismo giustificato in nome della libertà, in nome di questa libertà egli si è infatti ribellato a Dio stesso, facendo così trasparire la libertà come l’unica e l'ultima realtà “sacra”, per la quale l’uomo sia disposto anche a combattere. Ora, questa protesta iniziale ha condotto ad una progressiva sottovalutazione di Dio, il quale in un primo momento era considerato direttamente come una questione pubblica e decisiva per la collettività, ma dopo cominciò ad essere ridotto sempre più nell’ambito dell’esperienza intimistica ed individuale, come se al fede in lui dovesse essere nascosta nella vita privata delle persone. Escluso dal dialogo degli uomini, Dio viene poi a poco a poco escluso anche dalla parola, relegandolo solo ad un oggetto di un sentimento muto., non potendo dire di Lui nei momenti comuni del vivere, viene meno la possibilità di dirne negli stessi momenti segreti e straordinari della vita personale. Si fa strada, così, uno avvolgente agnosticismo: come se l’uomo mostrasse insicuro e dicesse di non voler combattere e lottare per un “qualcosa” la cui vera realtà ed esistenza non possa essere dimostrata. La figura della ribellione a Dio in nome del dolore umano suppone, come sua condizione essenziale, che l'uomo possa dare forma e figura al proprio desiderio, conosca un orientamento, sappia amare con passione, conosca forse addirittura una giustizia in nome della quale diventi possibile il reclamo. Tanto più, quando si tratti del dolore non proprio, ma dell’altro innocente. Può alimentare la ribellione, infatti, soltanto un dolore innocente, che realizzi dunque la figura di un male solo patito, che aggredisce da fuori, nel quale il soggetto stesso non è in alcun modo coinvolto. La protesta, tipicamente rappresentata dalla tragedia greca, assumeva allora la figura dello scontro con un destino muto, con una fatalità senza voce e senza volto, mancava l'interlocutore al quale appellarsi. Può sopportare una tale protesta soltanto un Dio come quello in cui crede Israele, creatore del cielo e della terra, tuttavia, quando, di fatto, sia rivolta a questo Dio, la protesta non può essere l'ultima parola dell’uomo. Essa è parola legittima, in qualche modo addirittura necessaria; anche attraverso un momento come questo, infatti, deve passare la fede, per diventare vera. La protesta è però soltanto parola penultima, e non ultima. Paradigma di quest’esperienza è la protesta di Giobbe. La ribellione di Giobbe a Dio in nome del dolore è resa possibile esattamente dalla sua fede in Lui.Domande da interrogazione
- Qual è la motivazione principale dietro la ribellione a Dio nella contemporaneità?
- Come è cambiata la percezione di Dio nella società moderna?
- Qual è il ruolo del dolore innocente nella ribellione a Dio?
- Qual è il significato della protesta di Giobbe in relazione alla fede?
La ribellione a Dio è spesso giustificata in nome della libertà, considerata come l'unica realtà "sacra" per cui l'uomo è disposto a combattere.
Dio è passato dall'essere una questione pubblica e decisiva per la collettività a un'esperienza intimistica e individuale, relegata alla sfera privata.
Il dolore innocente alimenta la ribellione, poiché rappresenta un male subito dall'esterno, senza coinvolgimento del soggetto, rendendo legittima la protesta.
La protesta di Giobbe è resa possibile dalla sua fede in Dio; è una parola legittima e necessaria, ma non l'ultima, poiché la fede deve attraversare anche momenti di ribellione per diventare vera.