Scienza e fede
La più famosa delle Lettere copernicane è quella inviata da Galileo al proprio allievo e collaboratore Benedetto Castelli (1578-1643), monaco benedettino, in cui vengono confutate le principali obiezioni teologiche mosse alla teoria di Copernico
Parafrasi
Rr. 1-4: Sebbene la Bibbia non possa affermare il falso (errare), potrebbe tuttavia (nondimeno) sbagliare qualcuno dei suoi interpreti e commentatori (espositori) in diversi modi: tra questi uno risulterebbe molto grave e molto frequente, [cioè] quando [essi] vogliono limitarsi in ogni caso (sempre) al significato letterale (puro) del testo […]. rr. 5-14 Date queste premesse, […] sono convinto (crederei) che sarebbe opportuno impedire a chiunque di utilizzare (l’impegnar) [a proprio vantaggio] i passi (luoghi) della Bibbia e di forzarne (obbligargli) [l’interpretazione] allo scopo di dimostrare come vere alcune teorie relative alla natura (conclusioni naturali), rispetto alle quali, eventualmente (una volta), l’esperienza (il senso) e la dimostrazione logico-scientifica (le ragioni dimostrative e necessarie) sostenessero conclusioni opposte. E chi vuole frenare (por termine a) l’ingegno umano? Chi può sostenere (asserire) che già si è conosciuto (essersi saputo) tutto quanto sia conoscibile (scibile) al mondo? Perciò, oltre ai dogmi (articoli) riguardanti la salvezza (salute) [dell’anima] e le basi stesse (stabilimento) della fede, contro la validità ( fermezza) dei quali non vi è alcun pericolo che possa mai nascere (insurger) una dottrina [eretica] abbastanza efficace, sarebbe forse decisamente meglio (ottimo consiglio) evitare di aggiungere altri [dogmi] senza [che ve ne sia] necessità […]. rr. 15-24 Io sarei propenso a credere che l’autorevolezza delle Sacre Scritture (Sacre Lettere) abbia avuto come unico obiettivo quello di convincere gli uomini [di] queste verità e affermazioni (quegli articoli e proposizioni), le quali, essendo (sendo) necessarie alla loro salvezza e andando oltre (superando) ogni umana comprensione (discorso), non potevano essere a noi presentate in modo credibile ( farcisi credibili) attraverso modi di conoscenza differenti (per altra scienza né per altro mezzo) rispetto alla diretta ispirazione dello Spirito Santo. Ma non ritengo credibile che quel Dio, che ci ha dotato delle facoltà sensoriali (sensi), della capacità di argomentare (discorso) e della logica (intelletto), abbia poi voluto, trascurando (posponendo) l’uso di questi [strumenti], insegnarci per altra via (con altro mezzo) le conoscenze (notizie) che possiamo conseguire attraverso quelli, e [ciò vale] soprattutto (massime) per quelle scienze di cui nella Bibbia si parla solo in una minima parte (una minima particella) e in passi frammentari (conclusioni divise), come l’astronomia, della quale vi è una trattazione così esigua (così piccola parte) che non sono neppure nominati i pianeti.
I tre passaggi del ragionamento
Galileo non nega la veridicità delle Sacre Scritture, ma ritiene sbagliata una loro interpretazione che si limiti al solo significato letterale. Si tratta dunque di un errore tutto umano, commesso da «interpreti ed espositori» (r. 2). Per lo scienziato pisano, inoltre, la Bibbia ha un fine soltanto religioso e morale: poiché i loro dogmi indicano agli uomini la via della salvezza dell’anima, le Sacre Scritture non si prestano a essere lette come un testo scientifico. Nell’ultimo paragrafo Galileo ricorda che è stato Dio a donare all’uomo le facoltà di percepire la natura attraverso i sensi, di ragionare su tali osservazioni e di trarre conclusioni logiche; sarebbe dunque insensato pensare che gli uomini non debbano servirsene per interpretare la realtà. Ciò vale soprattutto per quegli ambiti, come l’astronomia, in cui la Bibbia non offre una trattazione ampia e sistematica.
Galileo e il Concilio di Trento
Al tempo di Galileo è trascorso un secolo dallo scisma di
Lutero, che aveva difeso il «libero esame delle Scritture», ossia la possibilità per chiunque di leggere e di interpretare la Bibbia senza la mediazione della Chiesa. Il Concilio di Trento aveva condannato questa posizione e anche Galileo la rifiuta. Nella lettera a padre Castelli viene però fatta un’importante precisazione: la Chiesa fornisce la giusta interpretazione della Bibbia solo per la parte riguardante i dogmi necessari alla salvezza dell’anima (rr. 10-14). I contenuti estranei all’ambito prettamente religioso, come quelli astronomici, possono essere invece trattati con maggiore libertà. Per sostenere la propria posizione Galileo utilizza le stesse armi dei suoi avversari. I nemici del copernicanesimo si richiamano al decreto del Concilio di Trento dell’8 aprile 1546 che raccomanda di «reprimere il temerario uso, per cui parole e espressioni della Sacra Scrittura vengono adattate e contorte a significare cose profane, volgari, favolose, vane». Galileo fa sua questa raccomandazione (bisogna evitare di compromettere il testo biblico con «cose profane») per affermare che scienza e fede hanno oggetti di studio differenti: questo nuovo punto di vista implica, in sostanza, l’autonomia del sapere scientifico rispetto a quello teologico.