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Sintesi

Umanesimo



L’umanesimo è un fenomeno culturale, artistico e letterario che è caratterizzato da un profondo rinnovamento soprattutto filosofico e nel quale si assiste a un profondo nell’indagine filosofica che non ricerca più il divino, ma il mondo in cui vive l’uomo in sé.
I maggiori centri propulsori della cultura umanistica sono Roma, Firenze, Venezia e Milano.
A Firenze in particolare sopravvivono forme di produzione della cultura che prolungano quelle dell’età comunale. Il centro più importante è sicuramente la cancelleria della Repubblica, dove si scrivono le lettere ufficiali e si tengono i rapporti diplomatici. La sua direzione viene affidata agli intellettuali più prestigiosi, che considerano l’attività culturale come impegno nella dialettica politica della città e il loro ruolo rimane molto simile a quello dell’intellettuale-cittadino dell’età comunale.
Da un punto di vista letterario, quindi, l’Umanesimo porta a una riscoperta dei testi classici (greci e latini), possibile grazie ai progressi della filologia resi possibili grazie alle opere di Francesco Petrarca, Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla ed Enea Silvio Piccolomini.
La mentalità del Quattrocento si basa essenzialmente sulla visione antropocentrica del mondo, che pone l’uomo come centro dell’universo e protagonista assoluto della storia. La spiritualità cristiana non viene rinnegata, ma si rivendica il valore autonomo della realtà mondana e si esaltano la libertà di scelta e la dignità intellettuale dell’uomo. Ecco che sorge il mito della “rinascita”, perché si afferma la convinzione che le radici di questa nuova concezione dell’uomo e della realtà fossero già presenti compiutamente nella civiltà classica greca e latina, deformata e trascurata durante quelli che vengono considerati dagli Umanisti i secoli bui del Medioevo. Gli intellettuali si rivolgono ai testi antichi riportandoli alla loro integrità originaria per trovare nuovi modelli da imitare, pur essendo consapevoli della distanza temporale che li divide e delle molteplici differenze che contraddistinguono la loro epoca.
In questa età sopravvivono quindi le università, che continuano a formare i rappresentanti delle varie professioni, anche se spesso si trovano in contrasto con i nuovi indirizzi della cultura umanistica.
L’idea principale è quella di una formazione armonica dell’uomo, ecco che quindi l’insegnamento assume un ruolo fondamentale, dando vita a nuovi principi pedagogici, nei quali si guarda al discente come soggetto attivo di un processo di formazione che deve sviluppare in maniera armoniosa ciascuna facoltà della persona, anche emotivamente, moralmente e fisicamente, mediante processi di socializzazione con i compagni e il maestro, attraverso lo studio delle discipline umanistiche.
Per quanto riguarda la scelta linguistica, si afferma il ritorno al latino come lingua letteraria di prestigio, invece nella seconda metà del secolo si assiste ad una rivalutazione del volgare. Si tratta comunque di una produzione molto raffinata, che si rivolge a un élite colta dai gusti aristocratici, che usa una lingua modellata sul latino.

L’umanesimo volgare



Matteo Maria Boiardo



Già nella prima metà del Quattrocento comincia a delinearsi il fenomeno dell’imitazione petrarchesca nella poesia volgare. Spicca per originalità il canzoniere di Matteo Maria Boiardo, gli Amorum libri, nel quale gli schemi della lirica di imitazione sono investiti da una carica di fresca ed esuberante vitalità.

Matteo Maria Boiardo nacque nel 1441 da una famiglia dell’antica nobiltà feudale a Reggio Emilia, dove trascorse molti anni, recandosi saltuariamente a Firenze per qualche missione diplomatica e impiegando il resto del suo tempo negli studi umanistici e nella caccia. Nel 1476 si trasferì a Ferrara e negli anni a seguire ebbe l’incarico di governatore a Modena e successivamente a Reggio, dove morì nel 1494.
Egli scrisse opere encomiastiche in latino e una commedia (Il Timone) in volgare. Occorre soprattutto ricordare però il Canzoniere (o Amorum libri), il quale raccoglie le sue liriche ispirate all’amore per A.Caprara. L’opera fu scritta tra il 1469 e il 1471 e ordinata nel 1476; essa è composta di 180 testi. Il primo libro narra le gioie dell’amore felice e corrisposto, il secondo le sofferenze per il tradimento e il terzo chiude con il pentimento e la preghiera. Il primo libro può essere visto come il libro della novità, in quanto vi si manifesta uno slancio di intensa sensualità, che si estende a tutta la natura: l’amore diviene come un fremito universale di vitalità, che anima tutte le cose. Il linguaggio conserva spontaneità ed immediatezza nei suoi evidenti caratteri “padani”.

L’attività letteraria di Boiardo gravitò intorno all’ambiente della corte estense e si dedicò alla composizione di un poema cavalleresco in ottave rimasto incompiuto, l’Orlando innamorato, per suggestione dell’ambiente ferrarese; la narrazione, che s’interrompe al terzo libro, sarà poi ripresa dall’Orlando furioso di Ariosto. La materia carolingia è fusa con quella bretone, in quanto l’eroe principale dell’epopea di Carlo Magno, Orlando, è rappresentato come vittima dell’amore, uno degli ingredienti tipici dei romanzi arturiani insieme con l’elemento fiabesco, anch’esso ampiamente sviluppato nel poema. La nostalgia per il mondo della cavalleria e della cortesia pervade l’opera, che mira a recuperare i valori feudali adattandoli al nuovo contesto umanistico-rinascimentale. La lingua corrisponde grosso modo al toscano letterario, mescolato tuttavia con elementi linguistici tipicamente “padani” e libero dalle codificazioni classicistiche che prenderanno il sopravvento nei primi decenni del Cinquecento.

Lorenzo de’ Medici



Un particolare rilievo all’interno dell’Umanesimo lo ricopre Lorenzo de’ Medici, signore di Firenze e raffinato cultore delle arti. La sua produzione poetica contempla una varietà di temi e toni, includendo liriche amorose, componimenti realistici e opere di argomento religioso. Toni allegri e gioiosi, improntati a un edonismo paganeggiante, emergono soprattutto nelle Canzoni a ballo e nei Canti Carnascialeschi. La variante bucolica del motivo edonistico caratterizza invece un poemetto d’ imitazione virgiliana che riproduce i lamenti del pastore Corinto per il suo amore infelice, il Corinto.

Lorenzo de’ Medici, detto per antonomasia il Magnifico, nacque nel 1449 e morì nel 1492 e fu una figura chiave del mondo culturale e politico italiano nel Quattrocento. Con la sua morte si chiude un’epoca di pace, seppur relativa e si crea quel vuoto di potere che permette alle dominazioni straniere di prendere l’avvento nella penisola.
L’opera letteraria di Lorenzo presenta una varietà di toni, tendenze e soluzioni formali, che rende molto difficile il compito di individuare una fisionomia unitaria della sua personalità. Tuttavia un interesse fondamentale che costituisce il centro unificatore di così varie esperienze esiste, ma necessita di essere cercato nell’atteggiamento del colto letterato, innamorato della poesia, che si compiace di sperimentarne tutte le forme, di ripercorrerne tutte le tendenze antiche e nuove, e da questo trae un sottile piacere intellettuale.
Estratto del documento

UMANESIMO

L’Umanesimo è un fenomeno culturale, artistico e letterario che è caratterizzato da un

profondo rinnovamento soprattutto filosofico e nel quale si assiste a un profondo

nell’indagine filosofica che non ricerca più il divino, ma il mondo in cui vive l’uomo in sé.

I maggiori centri propulsori della cultura umanistica sono Roma, Firenze, Venezia e Milano.

A Firenze in particolare sopravvivono forme di produzione della cultura che prolungano

quelle dell’età comunale. Il centro più importante è sicuramente la cancelleria della

Repubblica, dove si scrivono le lettere ufficiali e si tengono i rapporti diplomatici. La sua

direzione viene affidata agli intellettuali più prestigiosi, che considerano l’attività culturale

come impegno nella dialettica politica della città e il loro ruolo rimane molto simile a quello

dell’intellettuale-cittadino dell’età comunale.

Da un punto di vista letterario, quindi, l’Umanesimo porta a una riscoperta dei testi classici

(greci e latini), possibile grazie ai progressi della filologia resi possibili grazie alle opere di

Francesco Petrarca, Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla ed Enea Silvio

Piccolomini.

La mentalità del Quattrocento si basa essenzialmente sulla visione antropocentrica del

mondo, che pone l’uomo come centro dell’universo e protagonista assoluto della storia. La

spiritualità cristiana non viene rinnegata, ma si rivendica il valore autonomo della realtà

mondana e si esaltano la libertà di scelta e la dignità intellettuale dell’uomo. Ecco che sorge

il mito della “rinascita”, perché si afferma la convinzione che le radici di questa nuova

concezione dell’uomo e della realtà fossero già presenti compiutamente nella civiltà classica

greca e latina, deformata e trascurata durante quelli che vengono considerati dagli Umanisti

i secoli bui del Medioevo. Gli intellettuali si rivolgono ai testi antichi riportandoli alla loro

integrità originaria per trovare nuovi modelli da imitare, pur essendo consapevoli della

distanza temporale che li divide e delle molteplici differenze che contraddistinguono la loro

epoca .

In questa età sopravvivono quindi le università, che continuano a formare i rappresentanti

delle varie professioni, anche se spesso si trovano in contrasto con i nuovi indirizzi della

cultura umanistica.

L’idea principale è quella di una formazione armonica dell’uomo, ecco che quindi

l’insegnamento assume un ruolo fondamentale, dando vita a nuovi principi pedagogici, nei

quali si guarda al discente come soggetto attivo di un processo di formazione che deve

sviluppare in maniera armoniosa ciascuna facoltà della persona, anche emotivamente,

moralmente e fisicamente, mediante processi di socializzazione con i compagni e il maestro,

attraverso lo studio delle discipline umanistiche.

Per quanto riguarda la scelta linguistica, si afferma il ritorno al latino come lingua letteraria di

prestigio, invece nella seconda metà del secolo si assiste ad una rivalutazione del volgare.

Si tratta comunque di una produzione molto raffinata, che si rivolge a un’élite colta dai gusti

aristocratici, che usa una lingua modellata sul latino.

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