Concetti Chiave
- Il Rinascimento è spesso visto come un'epoca di luce dopo il Medioevo, ma questa visione è parziale e programmatica.
- Accanto all'ottimismo rinascimentale, si sviluppa una visione realistica e disincantata della condizione umana.
- L'analisi del periodo deve considerare la dialettica tra dignità e miseria dell'uomo, che spesso si compenetrano.
- Il tema della follia è centrale, non solo come perdita della ragione, ma anche come sua controparte necessaria.
- La visione dell'uomo nel Rinascimento oscilla tra celebrazione e miseria, con una verità che risiede in una dialettica complessa.
Indice
Rivalutazione dell'età umanistica-rinascimentale
Prima di tutto è necessario tentare di mettere in discussione il luogo comune che vede l’età umanistica-rinascimentale come di pensiero tutto positivo, di “età della luce” dopo l’“età delle tenebre”. È una visione che ha avuto larga fortuna nei secoli seguenti, ma che già era presenti negli stessi autori dell’epoca, con funzione ideologica: l’età dell’uomo al centro del mondo che si libera del giogo religioso medievale, il ritorno all’antica sapienza, un nuovo senso storico.
Visione disincantata e realistica
Però questa è una visione riduttiva. Tutto ciò esiste ben in quest’epoca, ma piuttosto in modalità “programmatica”, un annuncio di qualcosa a cui si vuole giungere. Ma accanto a questa componente è presente anche quella di una visione disincantata, realistica, di tutti quelli che sono gli aspetti negativi della vita umana. Questa doppia visione a volte è presente anche contemporaneamente in alcuni autori, come Alberti, con una continua tensione interna ma mai contraddittorietà.
Dialettica tra dignità e miseria
La chiave di lettura è quella di cercare di analizzare i due concetti nella loro dialettica, che racchiude la ricchezza del periodo. Sembrano contrapporsi, ma in realtà spesso si compenetrano.
Da una parte la dignità dell’uomo, dall’altra la miseria. Il tema della follia è emblematico, declinato in vari modi, anche all’interno degli stessi autori. È così scontato che la follia sia solamente un aspetto della miseria dell’uomo, un abbandono e perdita della ragione, un momento oscuro? Ma la si può concepire anche in termini non necessariamente negativi, per esempio come necessariamente opposta alla ragione, in cui essa ha le sue origini come negazione. Quale è il confine tra follia e ragione, e non può esistere compenetrazione tra l’una e l’altra?
L’uomo, quindi, è un essere degno di essere celebrato oppure è miserabile? La verità probabilmente sta nel mezzo, con copresenza di queste componenti, creando una dialettica su cui si gioca tutta la visione dell’uomo in questo periodo.
Domande da interrogazione
- Qual è la visione comune dell'età umanistica-rinascimentale che viene messa in discussione?
- Come viene descritta la visione disincantata e realistica dell'epoca?
- In che modo la dialettica tra dignità e miseria arricchisce la comprensione dell'uomo in questo periodo?
La visione comune è quella di un'epoca di pensiero tutto positivo, vista come "età della luce" dopo l'"età delle tenebre", ma il testo suggerisce che questa visione è riduttiva e ideologica.
La visione disincantata e realistica riconosce gli aspetti negativi della vita umana, esistendo accanto alla visione programmatica di progresso, creando una tensione interna senza contraddittorietà.
La dialettica tra dignità e miseria mostra che questi concetti si compenetrano, suggerendo che l'uomo è sia degno che miserabile, con la verità che probabilmente sta nel mezzo, creando una visione complessa dell'uomo.