Concetti Chiave
- François Villon scrive la "Ballata degli impiccati" nel Quattrocento, in una Francia devastata da guerre e pestilenze.
- I malviventi impiccati chiedono pietà e solidarietà ai vivi, sottolineando l'appartenenza comune al genere umano.
- Villon stesso, un poeta con un passato da malfattore, compone la poesia mentre è in carcere, in attesa di un'esecuzione poi evitata.
- La ballata utilizza il topos del morto che parla ai vivi, un tema già presente negli epigrammi funebri greci.
- Questo topos permette ai poeti di esprimere messaggi attraverso le parole dei defunti, come negli epigrammi di Simonide per gli Spartani.
La Ballata di Villon
A metà Quattrocento, in una Francia devastata dalla fame, dalla guerra, dalle pestilenze, il poeta François Villon scrive una inquietante ballata in cui i malviventi impiccati per i loro delitti, già morti e appesi alla forca, prendono la parola e si rivolgono ai vivi, chedendo pietà e solidarietà in nome della comune appartenenza al genere umano. la ballata nasce dall’esperienza personale dello stesso Villon, poeta irregolare e lui stesso ladro e malfattore, che, secondo la leggenda, scrive questa poesia mentre è in carcere, in attesa dell’esecuzione che poi, per sua fortuna, non verrà eseguita. Gli impiccati oscillano al vento, fragili e impotenti, già in via di putrefazione, con la carne a brandelli per le beccate dei corvi. Chiamano “fratelli umani” gli uomini che passano di fronte alla forca, che forse li disprezzano e che forse sono convinti di essere diversi e superiori a loro perché persone “perbene”; in nome di una comune appartenenza al genere umano chiedono la loro pietà, la loro preghiera a Dio perché a sua volta li perdoni e li salvi; ricordano loro che tutti gli uomini sono uguali e che tutti sono peccatori, tutti bisognosi di perdono e di assoluzione da parte di Dio.
Il Topos del Morto Parlante
La Ballata degli impiccati di Villon si inserisce in un topos molto raffinato e molto antico: quello del morto che prende la parola per l’ultima volta per rivolgere un monito ai vivi, per dire quello che pensa e che ha in cuore. Questo topos (è una parola greca che vuol dire proprio “luogo”, “territorio” e che sta per “luogo comune” ad autori diversi. Il topos, è un’immagine già nota che tutti i poeti e gli scrittori possono impiegare facendo originali “variazioni sul tema”) è già presente nel mondo greco negli epigrammi funebri, cioè brevi poesie poste sulle lapidi delle tombe, nelle quali il morto stesso esprimeva in poche parole un ultimo messaggio. Gli epigrammi più antichi hanno una grande compostezza e dignità. Ne è esempio quello per gli Spartani morti nella battaglia delle Termopili, composto da Simonide.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale della "Ballata di Villon"?
- In quale contesto storico e personale è stata scritta la "Ballata di Villon"?
- Che cos'è il topos del "Morto Parlante" e come si collega alla ballata di Villon?
La "Ballata di Villon" tratta il tema della pietà e solidarietà umana, con i malviventi impiccati che chiedono comprensione e perdono ai vivi, sottolineando la comune appartenenza al genere umano.
La ballata è stata scritta nella Francia del Quattrocento, un periodo segnato da fame, guerra e pestilenze, e riflette l'esperienza personale di Villon, un poeta e malfattore che scrisse l'opera mentre era in carcere.
Il topos del "Morto Parlante" è un tema letterario antico in cui un morto si rivolge ai vivi con un messaggio finale. La ballata di Villon si inserisce in questo topos, con gli impiccati che parlano per esprimere un monito ai vivi.