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Sintesi

Italo Svevo


Italo Svevo è lo pseudonimo letterario di Aron Hector Schmitz, nato a Trieste il 19 Dicembre 1861 da una famiglia di origini borghesi. Nonostante sin dalla giovane età il padre lo avesse indirizzato verso gli studi commerciali, Svevo nutriva un profondo interesse per la letteratura; per tanto, cominciò a comporre testi drammatici e a collaborare, dal 1880, con il giornale triestino “L’indipendente”. Nel 1896 sposò una donna veneziana, figlia di facoltosi industriali. In tal modo entrò a contatto con il mondo dell’industria, un mondo governato dal principio dell’utile economico e che da sempre aveva tentato di declassare ed emarginare la posizione dell’intellettuale. Ma in questo momento non gli importava poiché, dopo la crisi economica della sua famiglia e la morte della madre, vedeva in questa nuova realtà la soluzione per placare il suo forte senso di inettitudine. Decise quindi di abbandonare la letteratura, definendola addirittura “ridicola e dannosa” e dedicarsi interamente alla vita dell’alta borghesia, divenendo un vero e proprio uomo d’affari.
Tuttavia, egli non abbandonò mai del tutto la sua attività di scrittura poiché essa affiorava nell’autore con l’intento pratico di riuscire a “capirsi meglio”. Nel corso della sua vita ci furono due eventi in particolare che fecero riaffiorare in lui la voglia di ricominciare a scrivere; il primo fu l’incontro con James Joyce, con il quale sancì un’amicizia destinata a durare nel tempo e durante la quale si scambiarono giudizi e considerazioni molto positive in merito alle proprie opere. Il secondo fu invece l’incontro con Freud (1910) e la sua psicoanalisi, apprezzata non come terapia bensì come puro strumento conoscitivo e narrativo.
La figura di Svevo è innovativa perchè non rispecchia quella del tipico intellettuale “puro” dedito solo ed esclusivamente alla letteratura. Per lui infatti, la scrittura non fu mai una professione bensì un’attività parallela a quella quotidiana dell’uomo industriale. Inoltre, un fattore molto importante per la sua formazione è costituito dal luogo di nascita, cioè Trieste, che all’epoca faceva parte dell’impero asburgico e, essendo situata al confine tra Germania e Svizzera, era un crocevia di culture ed etnie.

La cultura di Svevo


Le opere di Svevo sono intrinseche di una vasta e profonda cultura filosofica. L’autore venne influenzato da 3 grandi figure che vennero analizzate in modo critico come strumenti conoscitivi che fornissero una risposta alle sue personali esigenze.
Sin dagli anni giovanili, fu affascinato dal pensiero irrazionale di Schopenhauer, il quale affermava un pessimismo radicale che riconosceva nel suicidio l’unico modo per metter fine al dolore e alla sofferenza dell’animo umano. Svevo usa tutto ciò per esprimere l’inettitudine dei suoi personaggi e per cercare di smascherare i loro autoinganni, in modo da smontare gli alibi che si erano costruiti per auto-convincersi della propria innocenza e per placare i sensi di colpa.
Successivamente lesse i testi di Nietzsche, comprendendo che l’uomo non doveva essere concepito come una singola e salda entità bensì come una moltitudine di sfaccettature che convivono contemporaneamente all’interno della medesima persona.
Infine, prese spunto dalla teoria dell’Evoluzione della Specie dello scienziato Charles Darwin, che lo indusse a presentare il comportamento dei suoi personaggi come il risultato di leggi naturali che non dipendono dalla volontà del singolo individuo (una sorta di giustificazione per le loro azioni), ma dal frutto del contesto storico e culturale in cui vivevano.
Cominciò ad attuare un processo che mettesse in luce un atteggiamento fortemente critico nei confronti della borghesia moderna.
Per quanto riguarda l’ambito letterario, Svevo venne influenzato da numerose figure di spicco, come :
- Gli umoristi inglesi Dickens, Swift e Sterne
- I romanzieri russi tra cui in particolare Dostoievskij, il quale era
solito nei suoi romanzi analizzare le zone più remote della psiche
per cogliere gli impulsi più segreti dell’uomo
- Flaubert per il suo atteggiamento irrisorio corrosivo e senza
scrupoli che Svevo addotta per presentare l’inettitudine dei suoi personaggi, i quali si creano una realtà immaginaria più gratificante di quella reale.

Una vita


E’ un romanzo psicologico pubblicato da Svevo nel 1892. Non è altro che la trascrizione letteraria della sua esperienza arida e opprimente durante il suo lavoro da impiegato bancario.
Si immedesima nel protagonista Alfonso Nitti, l’inetto che si costruisce sogni da megalomane per evadere da una realtà che lo emargina e che non riesce ad affrontare a causa del suo carattere debole e incapace di reagire agli impulsi che la vita gli offre. Egli infatti, a un certo punto della sua vita, giungerà alla decisione di suicidarsi, per mettere fine alla sua sofferenza. Questo però non è altro che l’atto di un codardo.
Alla figura di Alfonso si contrappongono 2 antagonisti:
- Il forte e determinato Macario, un giovane brillante e sicuro di se che rappresenta l’esatto opposto di Alfonso, e che, consapevole della sua inettitudine e debolezza, non perde occasione per farlo sentire inadatto e fuori luogo. Macario incarna perfettamente le doti del “lottatore adatto alla vita”, mentre invece Alfonso non è altro che il “contemplatore” di tale forza e virilità, consapevole di
non poterla possedere.
- Quella di Maller, il padrone della banca. In lui Alfonso vede la
reincarnazione del Padre, un padre ”padreterno” che appare come il frutto delle proiezioni del suo stesso inconscio, che lo porta a ricercare una figura paterna in segno di protezione.

Caratteristiche


- Le vicende sono narrate in terza persona da un narratore onnisciente (esterno, eterodiegetico)
- Il romanzo si focalizza sul protagonista, quindi il punto di vista adottato è interno alla sua coscienza, che non è altro che la coscienza di un inetto, ricca di scuse, falsità e ambivalenze di cui il protagonista si avvale per giustificarsi e costruirsi un alibi
- Il narratore interviene nel racconto per dare chiarimenti e smascherare la falsa coscienza del protagonista
- Prevale il discorso diretto, indiretto e indiretto libero
- Il tempo è lineare, cioè segue l’ordine cronologico degli
avvenimenti
- L’ambiente sociale minuziosamente descritto è quello arido e
frustrante della banca.

- Senilità


E’ il secondo romanzo psicologico di Svevo, pubblicato nel 1898.
Il brano racconta le vicende di Emilio Brentani, un uomo triestino di 35 anni che ha sempre vissuto una vita al riparo da ogni pericolo e piacere all’interno del nido domestico, in compagnia della sorella Amalia, la quale è come una sorta di figura materna per lui e dell’amico Stefano Balli, uno scultore Don Giovanni sfortunato nel lavoro ma molto fortunato con le donne, che è come una figura paterna.
Per colmare il vuoto causato da un’esistenza mediocre, Emilio decide di uscire dal nido ed entrare a contatto con il mondo esterno per assaporare il brivido di una vita all’insegna dell’avventura e del puro divertimento. Nel farlo però, si innamora perdutamente di Angiolina, una ragazza del posto in cui ricerca la figura materna e che inizialmente viene idealizzata e trasfigurata come una donna angelica, ma che in verità si rivela la traditrice, la carnale e volgare donna fatale tipica delle opere d’Annunziane. Quando Emilio se ne accorge è troppo tardi, poiché ormai è totalmente assuefatto dal suo fascino e a causa dei suoi tradimenti si trova immerso in un vortice di emozioni carico di rabbia e odio, che prosciuga tutta quella energia vitale che vi era inizialmente nel rapporto loro e che egli chiama gioventù.
La situazione si aggrava quando l’amico Stefano Balli si innamora di Angiolina e Amalia si innamora di Balli, senza però rivelare a nessuno i suoi sentimenti e rifugiandosi in una realtà illusoria. Emilio si accorge di ciò e per proteggerla decide di cacciare l’amico da casa sua provocando l’immensa sofferenza della sorella, la quale si ammala di polmonite e muore dopo qualche giorno.
In seguito a questo avvenimento, Emilio comincia ad approcciarsi alla vita con gli occhi di un anziano (da qui il titolo “Senilità), rivelando tutta la sua fragilità e debolezza psicologica che lo portano a rifugiarsi nella sua immaginazione, dove crea una figura femminile che incarni le caratteristiche delle due donne che hanno fatto parte della sua vita.

Somiglianze tra Alfonso ed Emilio


Secondo Svevo, Emilio è il “fratello carnale” di Alfonso Nitti.
- Sono dei piccoli borghesi con una grande passione per la letteratura e che però si trovano totalmente schiacciati e declassati da una società capitalista dominata dal principio Darwiniano secondo cui il più forte tende a prevalere sul più
debole
- Sono degli inetti, incapaci di ribaltare la loro condizione
emarginata e, per tanto, si rifugiano in una realtà illusoria conducendo una vita cauta, priva di ogni godimento che implica però la mortificazione della vita
- Hanno una falsa coscienza
- Indossano delle maschere più gratificanti e consolatorie per
nascondere la loro debolezza psicologica
Caratteristiche
- Le vicende sono narrate in terza persona da un narratore onnisciente (esterno, eterodiegetico)
- Il romanzo si focalizza sul protagonista, quindi il punto di vista adottato è interno alla sua coscienza, che non è altro che la coscienza di un inetto, ricca di scuse, falsità e ambivalenze di cui il protagonista si avvale per giustificarsi e costruirsi un alibi
- Il narratore interviene nel racconto per dare chiarimenti e smascherare la falsa coscienza del protagonista
- Prevale il discorso diretto, indiretto e indiretto libero
- Il tempo è lineare, cioè segue l’ordine cronologico degli
avvenimenti
- L’ambiente sociale fa da sfondo ma non offre un quadro
articolato
- A volte, invece di intervenire, il narratore tace lasciando che sia
la stessa coscienza del protagonista a contraddirsi. Ciò fa trasparire la presenza di un’ironia oggettiva o implicita che scaturisce direttamente dall’oggettività stessa del montaggio narrativo.

La coscienza di Zeno


E’ il terzo romanzo a sfondo psicologico di Svevo pubblicato nel 1923, a 25 anni di distanza da quelli precedenti; per tanto presenta struttura e caratteristiche diverse.
In questo arco temporale, il panorama mondiale era stato totalmente stravolto, sia sul piano storico a causa dello scoppio della prima guerra mondiale, sia sul piano letterario con la crisi del Positivismo e l’introduzione del Futurismo. Inoltre, durante tale periodo, Svevo si affaccia alla psicoanalisi di Freud.
Il brano si presenta come una confessione autobiografica che il protagonista Zeno scrive e indirizza a scopo terapeutico al suo psicoanalista, il dottor S., in modo da migliorare le sue condizioni psicologiche e favorirne la guarigione. Svevo finge che tale confessione venga pubblicata dal dottor S. per vendicarsi del fatto che il paziente si sia sottratto alla cura senza pagare il costo delle sedute. Ad esso segue una sorta di diario di Zeno in cui argomenta i motivi del suo abbandono, dichiarandosi guarito.
Caratteristiche
- Il narratore è autodiegetico e coincide con il protagonista.
- La focalizzazione è interna e coincide con il punto di visita di Zeno personaggio, che però si rivela inattendibile poiché dotato
di una falsa coscienza.
- Il narratore, rappresentato sempre da Zeno, interviene nel
racconto delle vicende ma è anch’esso inattendibile.
- Il discorso si articola in un monologo del protagonista-narratore,
il quale usa le forme discorsive tradizionali.
- Il tempo è misto (prende spunto dagli umoristi inglesi), costituito
in capitoli che abbracciano alcuni temi fondamentali che non
seguono il cronologico susseguirsi degli eventi.
- La narrazione va sempre avanti e indietro nel tempo perchè
segue la memoria di Zeno che si sforza di ricostruire il proprio
passato per obbedire alle richieste del suo psicoanalista.
- L’ambiente sociale descritto è presentato dal punto di vista di Zeno protagonista, che aspira al raggiungimento di una condizione di “normalità borghese”, ma allo stesso tempo mette
in dubbio gli ideali e le certezze di tale società.

La trama


Sia il protagonista che il narratore incarnano la figura dell’inetto Zeno, che Svevo stesso definisce il “fratello” di Emilio e Alfonso, poiché è esattamente come loro e si distingue solo per la sua appartenenza alla ricca borghesia commerciale e non più alla piccola borghesia.
Zeno ha sempre condotto una vita all’insegna dell’ “ozium”, senza mai prefissarsi un vero e proprio obbiettivo da raggiungere. Per questo motivo il padre, facoltoso commerciante, non ha mai nutrito alcun tipo ti stima nei suoi confronti.
Zeno dal suo canto, ama sinceramente il padre ma sa che il suo comportamento gli ha sempre provocato enormi dolori e dispiaceri, e vedere che il padre stia cosi male per colpa sua provoca in lui un mix di impulsi segreti e ostili che si celano all’interno del suo animo.
Zeno ritiene anche che il suo irrinunciabile vizio del fumo sia frutto dell’antagonismo verso il padre, che a sua volta si esprime in un profondo senso di colpa secondo cui Zeno sarebbe la causa della morte dell’uomo, una morte che, al tempo stesso, desidera ardentemente.
In seguito alla morte del padre, la debolezza psicologica di Zeno ha bisogno di ricercare un’altra figura paterna alla quale aggrapparsi. Viene incarnata da Giovanni Malfenti, il tipico borghese abile e sicuro di se che si trova perfettamente a suo agio all’interno della società moderna.
Per consacrare il loro rapporto padre-figlio, Zeno porge una proposta di Matrimonio alle sue 3 figlie. Dopo il rifiuto da parte delle prime due a causa dei suoi stravaganti modi di fare, rivolge la proposta ad Augusta, quella meno bella tra le 3.
Si accorge però che la donna incarna esattamente tutti gli ideali di donna di cui l’inetto Zeno ha bisogno, in grado di accudirlo come una madre e di suscitare in lui un senso di protezione e sicurezza. Zeno vuole disperatamente integrarsi all’interno della società moderna sia come padre di famiglia, sia come uomo d’affari, alla disperata ricerca di una condizione che lo faccia sentire protetto, normale, e sopratutto sano.
Zeno è infatti malato e la sua malattia è la nevrosi. Proietta nella malattia la sua inettitudine e attribuisce la colpa dei propri malanni al vizio del fumo. Egli crede che, se riesce a smettere, potrà

Finalmente condurre una vita sana, guarire dalla sua malattia e avviarsi verso la strada dell’accettazione e della salute. Purtroppo però, nonostante i numerosi sforzi, non riuscirà mai a smettere di fumare.
Zeno tradisce la moglie Augusta con la giovane Carla, fingendo di proteggerla come farebbe una figura paterna.
Allo stesso tempo, si sente in colpa per la moglie e i suoi forti sensi di colpa fanno in modo che Carla lo lasci per un uomo più giovane. Zeno vuole affermarsi nella società anche come uomo d’affari, per tanto decide di fondare, insieme al cognato Guido (marito di Ada), un associazione commerciale.
Guido, come Giovanni Malfenti, è l’esatto opposto di Zeno: un uomo di bell’aspetto, disinvolto e versatile.
Dietro l’amicizia e l’affetto che il protagonista sembra provare verso questo personaggio si cela un profondo odio, che viene smascherato alla morte di Guido (suicida per un problema finanziario), quando Zeno sbaglia corteo funebre, compiendo un azione che, secondo gli studi freudiani, è incredibilmente rivelatrice degli impulsi del suo inconscio.
Il brano si conclude con la figura di Zeno ormai anziano, che decide di intraprendere la cura psicoanalitica alla quale però successivamente si ribella. Da questo punto comincia la stesura del vero corpo del romanzo, dove il protagonista/narratore costruisce un margine sottilissimo che separa la salute dalla malattia, in una vita considerata “inquinata dalle radici”.
L’autobiografia contenuta nel romanzo non è altro che un intento di autogiustificazione da parte di Zeno, che vuole assolversi da ogni colpa nel suo rapporto con il padre, con la moglie, con l’amante e con il cognato guido. Nonostante i tentativi, i suoi veri impulsi ostili ed aggressivi si evincono durante tutto il racconto, di conseguenza Zeno si trae in inganno da solo, a causa delle sue
azioni inconsapevoli non determinate dall’intenzione, ma dal suo subconscio.
Estratto del documento

Italo Svevo

Italo Svevo è lo pseudonimo letterario di Aron Hector Schmitz, nato

a Trieste il 19 Dicembre 1861 da una famiglia di origini borghesi.

Nonostante sin dalla giovane età il padre lo avesse indirizzato

verso gli studi commerciali, Svevo nutriva un profondo interesse

per la letteratura; per tanto, cominciò a comporre testi drammatici

e a collaborare, dal 1880, con il giornale triestino “L’indipendente”.

Nel 1896 sposò una donna veneziana, figlia di facoltosi industriali.

In tal modo entrò a contatto con il mondo dell’industria, un mondo

governato dal principio dell’utile economico e che da sempre aveva

tentato di declassare ed emarginare la posizione dell’intellettuale.

Ma in questo momento non gli importava poiché, dopo la crisi

economica della sua famiglia e la morte della madre, vedeva in

questa nuova realtà la soluzione per placare il suo forte senso di

inettitudine. Decise quindi di abbandonare la letteratura,

definendola addirittura “ridicola e dannosa” e dedicarsi

interamente alla vita dell’alta borghesia, divenendo un vero e

proprio uomo d’affari.

Tuttavia, egli non abbandonò mai del tutto la sua attività di scrittura

poiché essa affiorava nell’autore con l’intento pratico di riuscire a

“capirsi meglio”. Nel corso della sua vita ci furono due eventi in

particolare che fecero riaffiorare in lui la voglia di ricominciare a

scrivere; il primo fu l’incontro con James Joyce, con il quale sancì

un’amicizia destinata a durare nel tempo e durante la quale si

scambiarono giudizi e considerazioni molto positive in merito alle

proprie opere. Il secondo fu invece l’incontro con Freud (1910) e la

sua psicoanalisi, apprezzata non come terapia bensì come puro

strumento conoscitivo e narrativo.

La figura di Svevo è innovativa perchè non rispecchia quella del

tipico intellettuale “puro” dedito solo ed esclusivamente alla

letteratura. Per lui infatti, la scrittura non fu mai una professione

bensì un’attività parallela a quella quotidiana dell’uomo industriale.

Inoltre, un fattore molto importante per la sua formazione è

costituito dal luogo di nascita, cioè Trieste, che all’epoca faceva

parte dell’impero asburgico e, essendo situata al confine tra

Germania e Svizzera, era un crocevia di culture ed etnie.

La cultura di Svevo

Le opere di Svevo sono intrinseche di una vasta e profonda cultura

filosofica. L’autore venne influenzato da 3 grandi figure che

vennero analizzate in modo critico come strumenti conoscitivi che

fornissero una risposta alle sue personali esigenze.

Sin dagli anni giovanili, fu affascinato dal pensiero irrazionale di

Schopenhauer, il quale affermava un pessimismo radicale che

riconosceva nel suicidio l’unico modo per metter fine al dolore e

alla sofferenza dell’animo umano. Svevo usa tutto ciò per

esprimere l’inettitudine dei suoi personaggi e per cercare di

smascherare i loro autoinganni, in modo da smontare gli alibi che

si erano costruiti per auto-convincersi della propria innocenza e

per placare i sensi di colpa.

Successivamente lesse i testi di Nietzsche, comprendendo che

l’uomo non doveva essere concepito come una singola e salda

entità bensì come una moltitudine di sfaccettature che convivono

contemporaneamente all’interno della medesima persona.

Infine, prese spunto dalla teoria dell’Evoluzione della Specie dello

scienziato Charles Darwin, che lo indusse a presentare il

comportamento dei suoi personaggi come il risultato di leggi

naturali che non dipendono dalla volontà del singolo individuo (una

sorta di giustificazione per le loro azioni), ma dal frutto del

contesto storico e culturale in cui vivevano.

Cominciò ad attuare un processo che mettesse in luce un

atteggiamento fortemente critico nei confronti della borghesia

moderna.

Per quanto riguarda l’ambito letterario, Svevo venne influenzato da

numerose figure di spicco, come :

- Gli umoristi inglesi Dickens, Swift e Sterne

- I romanzieri russi tra cui in particolare Dostoievskij, il quale era

solito nei suoi romanzi analizzare le zone più remote della psiche

per cogliere gli impulsi più segreti dell’uomo

- Flaubert per il suo atteggiamento irrisorio corrosivo e senza

scrupoli che Svevo addotta per presentare l’inettitudine dei suoi

personaggi, i quali si creano una realtà immaginaria più

gratificante di quella reale.

Una vita

E’ un romanzo psicologico pubblicato da Svevo nel 1892.

Non è altro che la trascrizione letteraria della sua esperienza arida

e opprimente durante il suo lavoro da impiegato bancario.

Si immedesima nel protagonista Alfonso Nitti, l’inetto che si

costruisce sogni da megalomane per evadere da una realtà che lo

emargina e che non riesce ad affrontare a causa del suo carattere

debole e incapace di reagire agli impulsi che la vita gli offre.

Egli infatti, a un certo punto della sua vita, giungerà alla decisione

di suicidarsi, per mettere fine alla sua sofferenza. Questo però non

è altro che l’atto di un codardo.

Alla figura di Alfonso si contrappongono 2 antagonisti:

- Il forte e determinato Macario, un giovane brillante e sicuro di se

che rappresenta l’esatto opposto di Alfonso, e che, consapevole

della sua inettitudine e debolezza, non perde occasione per farlo

sentire inadatto e fuori luogo. Macario incarna perfettamente le

doti del “lottatore adatto alla vita”, mentre invece Alfonso non è

altro che il “contemplatore” di tale forza e virilità, consapevole di

non poterla possedere.

- Quella di Maller, il padrone della banca. In lui Alfonso vede la

reincarnazione del Padre, un padre ”padreterno” che appare

come il frutto delle proiezioni del suo stesso inconscio, che lo

porta a ricercare una figura paterna in segno di protezione.

Caratteristiche

- Le vicende sono narrate in terza persona da un narratore

onnisciente (esterno, eterodiegetico)

- Il romanzo si focalizza sul protagonista, quindi il punto di vista

adottato è interno alla sua coscienza, che non è altro che la

coscienza di un inetto, ricca di scuse, falsità e ambivalenze di cui

il protagonista si avvale per giustificarsi e costruirsi un alibi

- Il narratore interviene nel racconto per dare chiarimenti e

smascherare la falsa coscienza del protagonista

- Prevale il discorso diretto, indiretto e indiretto libero

- Il tempo è lineare, cioè segue l’ordine cronologico degli

avvenimenti

- L’ambiente sociale minuziosamente descritto è quello arido e

frustrante della banca.

- Senilità

E’ il secondo romanzo psicologico di Svevo, pubblicato nel 1898.

Il brano racconta le vicende di Emilio Brentani, un uomo triestino di

35 anni che ha sempre vissuto una vita al riparo da ogni pericolo e

piacere all’interno del nido domestico, in compagnia della sorella

Amalia, la quale è come una sorta di figura materna per lui e

dell’amico Stefano Balli, uno scultore Don Giovanni sfortunato nel

lavoro ma molto fortunato con le donne, che è come una figura

paterna.

Per colmare il vuoto causato da un’esistenza mediocre, Emilio

decide di uscire dal nido ed entrare a contatto con il mondo

esterno per assaporare il brivido di una vita all’insegna

dell’avventura e del puro divertimento. Nel farlo però, si innamora

perdutamente di Angiolina, una ragazza del posto in cui ricerca la

figura materna e che inizialmente viene idealizzata e trasfigurata

come una donna angelica, ma che in verità si rivela la traditrice, la

carnale e volgare donna fatale tipica delle opere d’Annunziane.

Quando Emilio se ne accorge è troppo tardi, poiché ormai è

totalmente assuefatto dal suo fascino e a causa dei suoi tradimenti

si trova immerso in un vortice di emozioni carico di rabbia e odio,

che prosciuga tutta quella energia vitale che vi era inizialmente nel

rapporto loro e che egli chiama gioventù.

La situazione si aggrava quando l’amico Stefano Balli si innamora

di Angiolina e Amalia si innamora di Balli, senza però rivelare a

nessuno i suoi sentimenti e rifugiandosi in una realtà illusoria.

Emilio si accorge di ciò e per proteggerla decide di cacciare

l’amico da casa sua provocando l’immensa sofferenza della

sorella, la quale si ammala di polmonite e muore dopo qualche

giorno.

In seguito a questo avvenimento, Emilio comincia ad approcciarsi

alla vita con gli occhi di un anziano (da qui il titolo “Senilità),

rivelando tutta la sua fragilità e debolezza psicologica che lo

portano a rifugiarsi nella sua immaginazione, dove crea una figura

femminile che incarni le caratteristiche delle due donne che hanno

fatto parte della sua vita.

Somiglianze tra Alfonso ed Emilio

Secondo Svevo, Emilio è il “fratello carnale” di Alfonso Nitti.

- Sono dei piccoli borghesi con una grande passione per la

letteratura e che però si trovano totalmente schiacciati e

declassati da una società capitalista dominata dal principio

Darwiniano secondo cui il più forte tende a prevalere sul più

debole

- Sono degli inetti, incapaci di ribaltare la loro condizione

emarginata e, per tanto, si rifugiano in una realtà illusoria

conducendo una vita cauta, priva di ogni godimento che implica

però la mortificazione della vita

- Hanno una falsa coscienza

- Indossano delle maschere più gratificanti e consolatorie per

nascondere la loro debolezza psicologica

Caratteristiche

- Le vicende sono narrate in terza persona da un narratore

onnisciente (esterno, eterodiegetico)

- Il romanzo si focalizza sul protagonista, quindi il punto di vista

adottato è interno alla sua coscienza, che non è altro che la

coscienza di un inetto, ricca di scuse, falsità e ambivalenze di cui

il protagonista si avvale per giustificarsi e costruirsi un alibi

- Il narratore interviene nel racconto per dare chiarimenti e

smascherare la falsa coscienza del protagonista

- Prevale il discorso diretto, indiretto e indiretto libero

- Il tempo è lineare, cioè segue l’ordine cronologico degli

avvenimenti

- L’ambiente sociale fa da sfondo ma non offre un quadro

articolato

- A volte, invece di intervenire, il narratore tace lasciando che sia

la stessa coscienza del protagonista a contraddirsi. Ciò fa

trasparire la presenza di un’ironia oggettiva o implicita che

scaturisce direttamente dall’oggettività stessa del montaggio

narrativo. La coscienza di Zeno

E’ il terzo romanzo a sfondo psicologico di Svevo pubblicato nel

1923, a 25 anni di distanza da quelli precedenti; per tanto presenta

struttura e caratteristiche diverse.

In questo arco temporale, il panorama mondiale era stato

totalmente stravolto, sia sul piano storico a causa dello scoppio

della prima guerra mondiale, sia sul piano letterario con la crisi del

Positivismo e l’introduzione del Futurismo. Inoltre, durante tale

periodo, Svevo si affaccia alla psicoanalisi di Freud.

Il brano si presenta come una confessione autobiografica che il

protagonista Zeno scrive e indirizza a scopo terapeutico al suo

psicoanalista, il dottor S., in modo da migliorare le sue condizioni

psicologiche e favorirne la guarigione. Svevo finge che tale

confessione venga pubblicata dal dottor S. per vendicarsi del fatto

che il paziente si sia sottratto alla cura senza pagare il costo delle

sedute. Ad esso segue una sorta di diario di Zeno in cui argomenta

i motivi del suo abbandono, dichiarandosi guarito.

Caratteristiche

- Il narratore è autodiegetico e coincide con il protagonista.

- La focalizzazione è interna e coincide con il punto di visita di

Zeno personaggio, che però si rivela inattendibile poiché dotato

di una falsa coscienza.

- Il narratore, rappresentato sempre da Zeno, interviene nel

racconto delle vicende ma è anch’esso inattendibile.

- Il discorso si articola in un monologo del protagonista-narratore,

il quale usa le forme discorsive tradizionali.

- Il tempo è misto (prende spunto dagli umoristi inglesi), costituito

in capitoli che abbracciano alcuni temi fondamentali che non

seguono il cronologico susseguirsi degli eventi.

- La narrazione va sempre avanti e indietro nel tempo perchè

segue la memoria di Zeno che si sforza di ricostruire il proprio

passato per obbedire alle richieste del suo psicoanalista.

- L’ambiente sociale descritto è presentato dal punto di vista di

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