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Italo Calvino
"Nostro padre si sporse sul davanzale. -Quando sarai stanco di star lì cambierai idea!- gli gridò. -Non cambierò
mai idea,- fece mio fratello, dal ramo. -Ti farò vedere io, appena scendi!-
-E io non scenderò più!- E mantenne la parola." (Il barone rampante)
Gli esordi
Calvino nasce a Cuba, a Santiago de Las Vegas, nel 1923 ma a meno di due anni è già in Italia, a Sanremo. Il
padre infatti era ligure e la madre di Sassari, si trovavano nelle Antille per dirigere una stazione sperimentale di
agricoltura e una scuola di agraria.
Il retaggio derivatogli da una famiglia i cui componenti erano tutti (i genitori, ma anche gli zii) scienziati ha
sicuramente influenzato alcune opere e saggi successivi dello scrittore oltre che la scelta della facoltà
universitaria -Agraria- poi abbandonata.
Calvino si laurea infatti nel 1947 in Lettere a Torino, dopo aver partecipato attivamente alla Resistenza sulle
Alpi Marittime. Argomento della sua tesi fu J. Conrad. Nello stesso periodo entra in contatto con la casa
editrice Einaudi e conosce Pavese e Vittorini.
Il suo primo libro, "Il sentiero dei nidi di ragno" viene pubblicato nel 1947, grazie all'interessamento di Pavese,
e si rifà proprio all'esperienza della Resistenza inserendosi nella corrente neorealistica che nacque nel primo
dopoguerra. Molto interessante, a tal proposito, l'introduzione all'opera, scritta dall'autore stesso nel 1964 per
una nuova edizione del libro.
Gli antenati
Nei primi anni '50, su suggerimento di Vittorini, Calvino decide di puntare sull'ispirazione fantastica. Nascono
tre romanzi poi raccolti nel volume "I nostri antenati" : "Il visconte dimezzato" (1952) ,"Il barone rampante"
(1956) e il "Cavaliere inesistente" (1959). Questi tre libri ,ambientati in un vago passato, hanno uno stretto
legame col presente e con i suoi problemi. Rimangono certamente il punto più alto raggiunto dall'opera di
Calvino: in essi prevale la componente fantastica e ironica, filtro necessario per misurarsi con il reale e l'amore
per la favola ( si ricordi a tal proposito "Fiabe italiane" (1956), una raccolta delle più belle fiabe popolari italiane
divise per regione e mirabilmente tradotte dal dialetto ). Nel "Visconte dimezzato e nel "Cavaliere inesistente"
ritroviamo il prevalere del male sul bene e l'uomo alienato di Marx, la cui personalità svapora all'interno di una
professione. Nel "Barone rampante" compare invece la problematica del rapporto tra intellettuale e società. La
visione di Calvino dell'argomento ci riporta alla Francia settecentesca e al "Secolo dei Lumi", all'intellettuale
che deve staccarsi dalla società, prenderne le distanze per meglio poterla comprendere.
Il romanzo saggio
Con "Marcovaldo" (1963, ancora l'alienazione) si chiude il periodo dell'ispirazione puramente fantastica e si
apre quello del romanzo-saggio.
Nel mezzo il breve filone realistico ( "La nuvola di smog" e "La speculazione edilizia" rispettivamente del 1957 e
1958) che tratta problemi del tempo quali l'industrializzazione e la cementificazione selvaggia e che culmina col
breve romanzo "La giornata d'uno scrutatore"(1963). Qui lo scrittore affronta temi terribili come l'emarginazione
e la degradazione a livello subumano e si chiede se esista un tipo di organizzazione della società che possa
sopperire agli errori dell'ordine naturale. Calvino è stato definito uno scrittore di testa piuttosto che di cuore e, in
effetti, dai primi anni '60 in poi si affaccia nelle sue opere il retaggio scientifico di cui si è già detto e nasce una
fase molto sperimentale della narrazione : vengono pubblicate "Le cosmicomiche" (1965) e "Ti con zero"
(1967). Bisogna però ricordare che lo scrittore ligure si avvale del dato scientifico come di una carica
propulsiva per costruire situazioni irreali e paradossali, grandi invenzioni narrative, immagini quasi fumettistiche
al fine di verificare ipotesi razionali come quelle sulla nascita dell'universo.
In questo modo il vecchio romanzo si sfalda, si annulla, e diventa quasi un saggio, una ipotesi narrativo-
scientifica. Si ricordino a tal proposito i raffinatissimi "Il castello dei destini incrociati"(1972), dove una serie
potenzialmente infinita di storie nasce da un mazzo di Tarocchi e "Le città invisibili"(1973). Ma è del 1979 il
libro più maturo dell'attività dello scrittore :"Se una notte d'inverno un viaggiatore". E' anche questo un romanzo
saggio, anzi, il romanzo del narrare, il racconto delle peripezie a cui il Lettore la Lettrice sono costretti per poter
completare il libro che stanno leggendo.
La trama si delinea sotto i nostri occhi e mette in luce gli artifici su cui la letteratura si fonda. L'ultimo lavoro di
Calvino sono le "Lezioni americane" scritte poco prima della morte nel 1985, si tratta dei testi di alcune
conferenze che avrebbero dovuto tenersi all'università di Harvard. L'argomento è la presenza, nella letteratura
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di tutti i tempi, di sei categorie: Leggerezza, Rapidità, Esattezza, Visibilità, Molteplicità, Consistenza
(quest'ultima mai scritta).
Il sentiero dei nidi di ragno
(le parti in corsivo tratte dall'introduzione dell'autore del 1964)
Protagonista è Pin, ragazzino cresciuto nei vicoli della vecchia San Remo, che un giorno ruba una pistola ad
un ufficiale tedesco e la nasconde in un fosso dove "fanno i nidi i ragni". Poi Pin fugge ed entra a far parte di un
gruppo di partigiani. A molti racconta della sua pistola e del posto segreto in cui l'aveva nascosta. Ma a
nessuno interessa veramente, a nessuno importa granchè dei nidi di ragno. Pelle, uno dei partigiani, trova la
pistola ma tradisce e si arruola nella brigata nera fascista. Solo Cugino, al termine del racconto, si sofferma
con Pin a cercare le tane dei ragni, a guardarci dentro. Cugino è l'amico che Pin sognava e cercava. Insieme
si allontanano, di notte, e Pin stringe la sua mano "fatta di pane".
Attraverso gli occhi di un bambino Calvino ci racconta vicende di guerra e rapporti umani. L'ambiente è quello
dei proletari e sottoproletari proprio della corrente neorealistica ma la differenza sta nel fatto che qui ogni cosa
è vista attraverso lo sguardo di un bambino e di conseguenza proiettata in un mondo di fiaba. I partigiani, a
volte, sembrano quasi gnomi del bosco, il cuoco del distaccamento pare uscito da un racconto di Salgari, col
suo falchetto sulla spalla e il suo passato trascorso a bordo di centinaia di navi per tutti i mari del mondo.
Lo scrittore, nell'introduzione scritta nel 1964, ha modo di precisare che nell'estraneità dello sguardo di Pin si
metaforizza il suo stesso rapporto con la guerra partigiana, l'inferiorità che lui sentiva, in quanto "borghese",
verso quel mondo.
In questo suo primo romanzo Calvino getta il seme di quelle che saranno le caratteristiche principali del suo
percorso letterario: il realismo e l' ispirazione fantastica :" ...Fu Pavese il primo a parlare in tono fiabesco a mio
proposito, e io, che fino ad allora non me ne ero reso conto, da quel momento in poi lo seppi fin troppo, e
cercai di confermare la definizione..."
Per lo scrittore ligure, il neorealismo, fu un insieme di voci provenienti dalle più disparate parti del paese e ad
esse profondamente ancorate con i dialetti e i gerghi che impastavano la lingua letteraria, ma fu anche
l'occasione per fermare sulla pagina scritta il mondo dei boschi, dei nascondigli, di uomini armati e
inseguimenti.
La Resistenza ne esce non santificata ma nemmeno disprezzata, vista attraverso il filtro della favola che, come
in altre opere di Calvino, è il componente necessario per comprendere la realtà.
I nostri antenati
(Il visconte dimezzato; Il barone rampante; Il cavaliere inesistente )
Nei tre romanzi pubblicati negli anni '50, "Il visconte dimezzato", "Il barone rampante" e "Il cavaliere
inesistente", Calvino analizza la figura dell'uomo contemporaneo e il suo rapporto con la società. Trattandosi di
tre favole, per di più ambientate in un passato più o meno immaginario fatto di cavalieri, re, castelli e dame,
questo può apparire inverosimile.
Analizziamo però i protagonisti: Il Visconte Medardo ritorna in patria diviso in due da una palla di cannone, una
metà è buona, l'altra cattiva; il barone Cosimo, per protesta nei confronti del padre decide di andare a vivere
sugli alberi e di non scendere più; lo zelantissimo cavalier Agilulfo ,invece, in realtà non esiste, esiste solo la
sua volontà di compiere il proprio dovere.
I tre hanno in comune il fatto di avere una caratteristica ben definita, una regola fissa che rispettano per tutto il
corso del romanzo e nella quale definiscono la propria personalità.
Sono esseri emblematici, balzani, che tentano disperatamente di realizzarsi come umani opponendosi ai limiti
imposti dal mondo, dalla società e dalla loro stessa incompletezza.
Noi non sappiamo nulla dell'esistenza di Medardo prima del colpo di cannone e dopo l'operazione che lo ha
"riunito", non possiamo neppure immaginare Cosimo che cammina tranquillamente per strada, al suolo; e cosa
sarebbe Agilulfo senza il suo zelo, la sua condotta perfetta e precisa di paladino? Un'armatura vuota,
abbandonata, come accade alla fine del romanzo.
L'uomo di Calvino si compie in quello che fa e che è. Non è la lotta tra bene e male e il trionfo di uno sull'altro
quello che veramente si vuole sottolineare nel "Visconte dimezzato" , quello che conta è "l'approfondimento
ostinato di ciò che si è". Buono o cattivo non importa, il contrasto serve solo a sottolineare il dimidiamento.
Questo perchè "dimidiato, mutilato, incompleto, nemico a se stesso è l'uomo contemporaneo; Marx lo disse
'alienato', Freud 'represso'; uno stato d'antica armonia è perduto, a una nuova completezza s'aspira." Cosimo
per poter capire la società, per occuparsi di essa e del bene del prossimo, se ne deve staccare in modo
radicale. Solo così raggiunge la propria autodeterminazione. C'è, nel "Barone rampante" un vago sapore di
settecento francese, la convinzione che l'intellettuale
debba allontanarsi dal mondo circostante per meglio poterlo comprendere. Il passato in questo romanzo è
meno vago che negli altri due e alcuni riferimenti storici sono piuttosto precisi e reali. Calvino sembra qui
immedesimarsi col protagonista e non semplicemente raccontare una storia.
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Agilulfo invece esiste solo nella sua professione e nella sua volontà.Quando il suo compito finisce, al termine di
una serie di ariosteschi inseguimenti, l'armatura perde vita.
Scrive Calvino (tra l'altro, probabilmente il migliore e più chiaro commentatore di se stesso): "Ho voluto fare
una trilogia d'esperienze sul come realizzarsi esseri umani : nel Cavaliere la conquista dell'essere, nel Visconte
l'aspirazione a una completezza al di là delle mutilazioni imposte dalla società, nel Barone rampante una via
verso una completezza non individualistica da raggiungere attraverso la fedeltà a un'autodeterminazione
individuale. Tre gradi d'approccio alla realtà."
"Il castello dei destini incrociati" e "Se una notte d'inverno un viaggiatore": la sfida al labirinto.
Nel 1962, sulla rivista "Menabò" , viene pubblicato un articolo-saggio di Calvino intitolato "La sfida al labirinto."
Il "labirinto" è il dipanarsi continuo e potenzialmente infinito delle strade della narrazione. Questo concetto in
particolare caratterizza la produzione del Calvino più maturo che in questo labirinto si addentra, scoprendone
gli artifizi e i meccanismi.
Consideriamo a questo proposito due opere in particolare: "Il castello dei destini incrociati"(1969) e "Se una
notte d'inverno un viaggiatore" (1979).
E' evidente, in queste due opere, la volontà dell'autore di esplorare le molteplici strade che una vicenda può
prendere, sottolineando come ogni decisione presa dal protagonista o da un personaggio implica una serie
praticamente infinita di variazioni.
Nel primo, raffinatissimo, romanzo i personaggi si trovano in un castello al centro di un bosco, seduti intorno ad
un tavolo. Non possono parlare a causa di una specie di incantesimo e per raccontare la loro storia si servono