Concetti Chiave
- Il componimento "O carro vuoto sul binario morto" è in versi liberi e fa parte della raccolta "Frammenti lirici" del 1913.
- Rebora utilizza la metafora di un treno per rappresentare la vita, ispirata dalle osservazioni dei treni merci a Milano.
- La poesia riflette sulla condizione dell'uomo contemporaneo, schiacciato dal lavoro e dal progresso economico.
- Rebora descrive la società come un gregge, dove l'individuo vive sentimenti di solitudine e alienazione.
- La religiosità di Rebora emerge nel testo, anticipando la sua conversione alla fede cattolica avvenuta nel 1920.
Indice
Il Componimento e la Metafora
“O carro vuoto sul binario morto” rappresenta un componimento in versi liberi, nella maggior parte dei casi compresi tra la misura minima del settenario e la massima dell’endecasillabo, con una presenza discontinua ma significativa di rime variabili, più o meno ravvicinate, anche interne o imperfette. Il componimento rientra nella famosa raccolta di “Frammenti lirici” del 1913 anche se venne anticipata sulla rivista “Voce” in cui Rebora collaborava e si focalizza su una metafora che vede il treno in un suo normale viaggio paragonato alla vita. Non a caso, l’ispirazione principale dell’autore arrivò alla stazione di Milano “osservando, un giorno, le manovre dei treni merci, o in formazione”, nella sua poesia però queste semplici e quotidiane manovre non si limitano alla loro meccanicità, testimoniano infatti un’allegoria più ampia della vita.
La Condizione Umana Contemporanea
Nei vari vagoni lui vede infatti rispecchiata la condizione dell’uomo, in particolare l’uomo dell’epoca contemporanea, costretto a vivere in una fase della storia in cui il benessere e la libertà personale passano in secondo piano rispetto al lavoro, all’arricchimento e al progresso. L’esistenza quindi si trasforma in qualcosa di brutale, in cui si è costretti ad affrontare situazioni e a sopportare pesi che non si erano mai prospettati all’umanità nelle epoche precedenti.
La Società di Massa e la Noia
Rebora fa dunque riferimento alla società di massa, infatti descrive gli esseri umani come un “gregge” in cui si è costretti ad obbedire senza opposizione possibile, e a sottostare alle dinamiche del progresso economico: “l’immutabile legge del continuo aperto cammino”. I sentimenti che sorgono di conseguenza, di solitudine e alienazione, vengono raggruppati tutti da Rebora nel termine di “noia” della propria esistenza delusa e umiliata, da cui però non si assiste con debole passività, bensì si muove il bisogno esistenziale, connaturato all’identità dell’uomo, di uscire “dal labirinto dei giorni e dal bivio delle stagioni”.
La Matrice Religiosa di Rebora
E proprio in questo punto emerge la matrice religiosa della sua persona come uomo e come autore, nonostante al conversione ufficiale alla fede cattolica sia avvenuta solamente nel 1920, quindi sette anni dopo la pubblicazione di questo componimento. Qui Rebora parla infatti della necessità di rivolgersi al cielo chiedendo “il suo verbo”, il suo cammino spirituale poi proseguì effettivamente anche dopo la conversione in quanto entrò come novizio nell’istituto della carità dei padri rosminiani.
Domande da interrogazione
- Qual è la metafora centrale nel componimento "O carro vuoto sul binario morto"?
- Come viene descritta la condizione umana contemporanea nel componimento?
- Qual è il ruolo della società di massa nella poesia di Rebora?
- In che modo la matrice religiosa influenza l'opera di Rebora?
La metafora centrale è il treno in viaggio, che rappresenta la vita, con le sue manovre quotidiane che simboleggiano un'allegoria più ampia dell'esistenza umana.
La condizione umana contemporanea è vista come brutale, con l'uomo costretto a vivere in un'epoca in cui il benessere e la libertà personale sono sacrificati per il lavoro e il progresso.
La società di massa è descritta come un "gregge" in cui gli individui devono obbedire senza opposizione, portando a sentimenti di solitudine e alienazione, riassunti nella "noia" dell'esistenza.
La matrice religiosa emerge nella necessità di rivolgersi al cielo per trovare un cammino spirituale, un tema che si sviluppa ulteriormente dopo la conversione di Rebora alla fede cattolica nel 1920.