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Concetti Chiave

  • La poesia "Ed è subito sera" di Salvatore Quasimodo evoca immagini di cattedrali in rovina e tramonti eterni, presentando una visione cupa dell'esistenza umana.
  • Il primo verso trasmette una sensazione di condanna definitiva, con l'uomo raffigurato come un orfano del cosmo, solo su una terra indifferente.
  • La luce nel secondo verso è descritta come un'arma che ferisce, trasformando il sole in un coltello celeste che penetra l'anima.
  • La "sera" simboleggia la morte, un evento improvviso e silenzioso che arriva senza preavviso, come una nebbia che spegne i lumi.
  • La poesia si configura come un canto funebre, rispecchiando la condizione umana e la sua fragilità, con una bellezza sublime che emerge dall'accettazione della propria sorte.

Indice

  1. Salvatore Quasimodo - Ed è subito sera: commento
  2. Il senso di condanna
  3. La luce come arma
  4. La sera come metafora della morte
  5. la poesia come canto funebre

Salvatore Quasimodo - Ed è subito sera: commento

C’è un’eco di cattedrali in rovina, di tramonti eterni e di passi smarriti tra le nebbie dell’anima nella celebre poesia di Salvatore Quasimodo, "Ed è subito sera". Come una preghiera recitata al crepuscolo da un monaco che ha smarrito la fede, questi tre versi si ergono come un epitaffio inciso sul marmo dell’esistenza umana. Non una poesia, ma un sigillo: un frammento lapidario di verità, che brucia come incenso nero nella mente di chi lo legge.

Il senso di condanna

Il primo verso, “Ognuno sta solo sul cuor della terra”, ha il suono di una condanna definitiva. Non si dice che siamo soli: si afferma che stiamo soli, come statue abbandonate nei cimiteri dimenticati dal tempo. La “terra” non è un grembo accogliente, ma un corpo in decomposizione, che pulsa ancora debolmente sotto i piedi dell’uomo, crudele nella sua indifferenza. Il “cuor della terra” non batte per amore: è un tamburo funebre. L’uomo vi sta sopra come un orfano del cosmo, privo di padri, di dei e di salvezza. Ogni creatura è un’isola notturna nel grande oceano della materia.

La luce come arma

Nel secondo verso, “trafitto da un raggio di sole”, la luce non salva: lacera. Il sole, tradizionale simbolo di vita e calore, assume qui la forma di un coltello celeste, una lancia d’oro che penetra l’anima. È l’illuminazione che brucia gli occhi, la verità che uccide, la bellezza che punge come spine di rose marce. Il raggio del sole è un giudizio divino, ma in assenza di Dio, rimane solo la ferita. Siamo creature notturne sorprese da un’alba troppo accecante per essere sopportata, inchiodate al nostro destino da una luce che non possiamo comprendere.

La sera come metafora della morte

E poi la sentenza finale, “ed è subito sera”, giunge come una campana che suona il vespro in un monastero abbandonato. La “sera” qui è l’immagine della morte, ma non una morte gloriosa, bensì quella che scivola silenziosa come la nebbia nei vicoli, che spegne i lumi uno ad uno senza farsi notare. La parola “subito” è un colpo secco, un taglio improvviso: nulla ci è concesso, nemmeno il tempo di capire, di respirare. Viviamo in un sogno febbrile che si dissolve senza preavviso: la vita è un’illusione gotica, un castello costruito sul nulla.
Questa poesia è come un affresco annerito dal fumo delle candele in una chiesa abbandonata: la figura dell’uomo si intravede, consumata e sola, al centro di un universo ostile. La voce di Quasimodo è quella del becchino e del poeta, di chi ha scavato tra le ossa della parola e vi ha trovato solo la polvere del destino. Non c’è salvezza, non c’è redenzione. C’è solo un istante – il raggio – in cui l’esistenza si mostra per ciò che è: fragile, trafitta, e poi già notte.

la poesia come canto funebre

In questa visione cupa, quasi metafisica, la poesia assume un tono da litania funebre. È un canto dell’anima che risuona tra i corridoi di un mondo che ha perso ogni trascendenza. Il Dio è morto, la luce è una lama, e la terra è una bara sotto il cielo. Ma in questa visione oscura vi è anche una forma di bellezza sublime: la consapevolezza, l’accettazione nuda della condizione umana, l’arte che si fa specchio dell’abisso.
“Ed è subito sera” è, dunque, un requiem gotico per l’uomo moderno. Tre versi come tre chiodi sulla croce del tempo. Tre immagini che scolpiscono un memento mori in ogni lettore. In questa notte dell’essere, la poesia di Quasimodo è una candela accesa nel vento, fragile e disperata, ma ostinata nel suo ardere.

Domande da interrogazione

  1. Qual è il tema principale della poesia "Ed è subito sera" di Salvatore Quasimodo?
  2. Il tema principale è la condizione umana di solitudine e condanna, rappresentata attraverso immagini di morte e oscurità.

  3. Come viene rappresentata la luce nella poesia?
  4. La luce è descritta come un'arma che lacera, un raggio di sole che ferisce l'anima invece di salvarla.

  5. Qual è il significato della "sera" nella poesia?
  6. La "sera" è una metafora della morte, un'immagine di fine improvvisa e inevitabile.

  7. In che modo la poesia assume un tono funebre?
  8. La poesia è un canto funebre che riflette la perdita di trascendenza e la consapevolezza della fragilità umana.

  9. Qual è l'effetto della poesia sul lettore secondo il commento?
  10. La poesia scolpisce un memento mori nel lettore, evocando una bellezza sublime nella consapevolezza della condizione umana.

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