Concetti Chiave
- Primo Levi scrive "Se questo è un uomo" per testimoniare gli orrori dei campi di concentramento e rendere omaggio a chi non è sopravvissuto, evidenziando l'importanza della memoria storica.
- Il titolo dell'opera riflette la disumanizzazione dei prigionieri nei lager, ridotti a numeri e privati di dignità per agevolare la loro eliminazione da parte dei nazisti.
- La testimonianza di Levi è caratterizzata da un racconto lucido e privo di odio, che analizza la razionalità del male compiuto dagli esseri umani nei campi di sterminio.
- Nel suo racconto, Levi sottolinea i momenti di solidarietà e umanità, come l'amicizia con Alberto e la condivisione dell'acqua, che lo aiutano a preservare la sua identità umana.
- Levi ricorda gesti di solidarietà, come gli operai liberi che offrivano cibo, e momenti di cultura condivisa, come la spiegazione della Divina Commedia a Pikolo, che gli ricordavano l'esistenza di umanità al di fuori del lager.
Indice
Il ritorno di Primo Levi
Si tratta dell’opera scritta da Primo Levi una volta rientrato in patria, raggiunta la fine della seconda guerra mondiale, dai campi di Auschwitz. È la testimonianza degli orrori che avvenivano nei lager e che lui stesso aveva vissuto. Quando torna a casa essendo sopravvissuto per puro caso, sente l’esigenza di raccontare ciò che aveva vissuto perché si rende conto che per molti sarebbe stato difficile crederci e anche perché vuole rendere omaggio alle milioni di persone che finirono nei campi di concentramento.
Sta quindi sperimentando una forma di giustizia nei confronti degli altri prigionieri.Disumanizzazione nei campi di concentramento
Si intitola "Se questo è un uomo" perché lo scopo dei nazisti, prima ancora di sterminare gli oppositori, era quello di disumanizzare i prigionieri, ossia i deportati, perché per i soldati tedeschi sarebbe stato più facile ucciderli e torturarli. I deportati venivano indicati come “pezzi” e non uomini e gli veniva tolto il nome, gli veniva assegnato e tatuato un numero e poi gli venivano tolti i vestiti, i capelli, le scarpe (venivano buttate in un mucchio e mescolate e poi ognuno doveva cercarsene un paio; era un modo per aumentare il disagio). Chi non veniva eliminato subito, veniva portato a lavorare e essendo che doveva camminare molto, avere le scarpe scomode aumentava la sofferenza. Venivano tenuti nella sporcizia, nella fame e nella sete e nell’umiliazione.
La lucidità di Levi
Questa testimonianza spicca tra le altre e viene reputata tanto importante perché Levi, che era un chimico e un uomo molto razionale, racconta la propria esperienza e la descrive con estrema lucidità e senza odio. Il suo obiettivo è descrivere ciò che gli è successo e il comportamento di esseri umani che compievano del male in maniera razionale.
Solidarietà e umanità nel lager
Levi riporta nella sua testimonianza quel poco di bene che era riuscito a trovare nel lager e nella sua esperienza: infatti afferma di essere stato fortunato perché alcuni elementi gli consentirono di non dimenticarsi che era un uomo, per esempio il fatto che era riuscito a fare amicizia con un altro uomo italiano. Questo amico si chiamava Alberto e un giorno mentre lavoravano d’estate e soffrivano in maniera terribile la sete, Levi scopre un tubo da cui uscivano delle gocce d’acqua e decide di dividerle con il suo amico. Riuscivano a coltivare un minimo di solidarietà, ossia un valore tipicamente umano.
L'umanità oltre il lager
Levi ricorda anche che accanto al luogo in cui lavorava c’erano degli operai liberi, che senza volere niente in cambio, gli portavano del cibo o gli spedivano qualche cartolina a casa. Voleva ricordargli che fuori dal lager esisteva ancora umanità. Levi riesce a sentirsi un uomo anche quando cerca di spiegare a un suo compagno francese cos’è la Divina Commedia e tenta di tradurgli il canto di Ulisse.
Il suo compagno francese Jean, soprannominato Pikolo, aveva il compito di portare la zuppa al di fuori del campo e ogni volta sceglieva un suo compagno perché la doveva portare sulle spalle. Una volta sceglie Primo Levi e infatti lui lo ricorda nell’opera.
"Se questo è un uomo" di Primo Levi non è solo una testimonianza degli orrori vissuti nei lager, ma anche un omaggio a coloro che non ce l'hanno fatta, e un richiamo all'umanità che deve prevalere anche nelle situazioni più disumane.
Domande da interrogazione
- Qual è l'obiettivo principale di Primo Levi nel raccontare la sua esperienza nei campi di concentramento?
- Come venivano disumanizzati i prigionieri nei campi di concentramento secondo Levi?
- In che modo Levi riesce a mantenere la sua umanità durante la prigionia?
- Quali esempi di umanità al di fuori del lager ricorda Levi?
- Qual è il significato del titolo "Se questo è un uomo"?
L'obiettivo principale di Primo Levi è testimoniare gli orrori vissuti nei lager e rendere omaggio alle vittime, sperimentando una forma di giustizia nei confronti degli altri prigionieri.
I prigionieri venivano disumanizzati togliendo loro il nome, assegnando un numero, privandoli di vestiti e oggetti personali, e costringendoli a vivere nella sporcizia, fame e umiliazione.
Levi riesce a mantenere la sua umanità attraverso atti di solidarietà, come l'amicizia con Alberto e la condivisione di risorse limitate, come l'acqua.
Levi ricorda gli operai liberi che gli portavano cibo e spedivano cartoline, dimostrando che l'umanità esisteva ancora al di fuori del lager.
Il titolo "Se questo è un uomo" riflette l'intento dei nazisti di disumanizzare i prigionieri, rendendo più facile per i soldati tedeschi ucciderli e torturarli.