Concetti Chiave
- Tommaso Landolfi nasce a Pico nel 1908 e si forma nel contesto culturale ermetico fiorentino, esordendo con "Dialogo dei massimi sistemi" nel 1937.
- Le sue opere sono caratterizzate da un intreccio tra realtà e surreale, con elementi grotteschi e meditazioni filosofiche, come in "La pietra lunare".
- Landolfi rifiuta le convenzioni narrative tradizionali, preferendo un'elaborazione raffinata della parola che emerge nei suoi lavori successivi.
- Si orienta verso la forma del frammento e della lirica, culminando in opere poetiche come "Breve canzoniere" e "Viola di morte".
- Oltre alla scrittura, Landolfi si dedica alla traduzione, specialmente dal russo e dal francese, contribuendo a diffondere letteratura straniera in Italia.
Indice
Gli inizi e l'influenza ermetica
Nasce a Pico (Frosinone) nel 1908. Dopo aver frequentato il collegio Cicognini di Prato, si laurea in Lettere a Firenze, frequenta il gruppo degli ermetici ed inizia a collaborare ad alcune riviste come "Campo di Marte", "Italia letteraria", "Corrente". Sulle pagine di "Letteratura" esordisce come narratore con il Dialogo dei massimi sistemi (1937), una raccolta di sette racconti in cui le vicende sono il semplice pretesto per la "creazione di situazioni imprevedibili o inesplicabili ".
L'inesplicabile e il surreale
Fin da questa prima opera si avverte quel gioco brillante fra elementi reali e surreali, grotteschi , fra meditazioni filosofiche e divagante ironia, che caratterizzerà l'esercizio letterario di Landolfi nel corso degli anni. L'inesplicabile si insinua con naturale scioltezza entro i confini di un avvenimento normale e lo trasforma fino a rendere la situazione di partenza pressoché irriconoscibile . Il lettore è così posto di fronte all'enigmatico, allo strano, al misterioso che è nel mondo, ed è spirito di pagina in pagina verso un "nuovo bisogno di conoscenza".
La pietra lunare e l'inquietudine
Questo avviene anche nel romanzo La pietra lunare (1939), dove si registra un'accentuazione dell'angoscia, del senso di panico e di orrore dell'uomo nei confronti del mondo. Ne è protagonista un giovane studente , che durante le vacanze si trova alle prese con una "capra mannara", Gurù, dolce fanciulla è misteriosa creatura lunare, che se la intende con le capre e ha due zoccoli forcuti al posto dei piedi. In questa ambigua presenza femminile e nel mistero che essa evoca , si precisa l'inquieto rapporto che Landolfi intrattiene con la natura delle cose; un rapporto che sarà ancor più evidente nei racconti Il mar delle blatte (1939), La spada (1942) e Le due zittelle (1945) .
Evoluzione stilistica e opere successive
Anche nelle opere successive, come Racconto d'autunno (1947) o La bière du pecheur (1953; La bara del peccatore oppure La birra del pescatore), Landolfi, da un lato, rifiuta radicalmente l'impianto narrativo tradizionale, di tipo ottocentesco, dall'altro persegue un'elaborazione finissima della parola , che lo spinge verso le forme del diario (Rien va, 1963; Des mois, 1967) e dell'elzeviro (Un paniere di chiocciole, 1968), con una scelta saggistica ed autobiografica testimoniata anche dai "foglietti di viaggio" di Se non la realtà (1960). In queste opere si profila una dimensione dell'esistenza sempre più impalpabile e sfuggente. Si pensi anche ai Tre racconti (1964), a Un amore del nostro tempo (1965) e ai Racconti impossibili (1966), il cui titolo è già significativo di per sé.
Landolfi si muove ora verso il frammento, verso una concentrazione lirica che approderà all'esperienza poetica del Breve canzoniere (1971), di Viola di morte (1972) e di Tradimento (1977). Nel contempo la sua narrativa resta meno innovativa, recuperando temi e forme delle prime opere (Le labrene, 1974; A caso, 1975).
Contributi alla traduzione e alla critica
All'attività di scrittore Landolfi ha associato quella di traduttore, dal tedesco e, soprattutto, dal russo e dal francese; ha curato inoltre una raccolta di Narratori russi (1948) ed una Antologia della poesia lirica francese (1950), in collaborazione con Mario Luzi. È morto a Ronciglione presso Roma, nel 1979.
Domande da interrogazione
- Quali sono stati gli inizi e le influenze principali di Landolfi?
- Come si manifesta l'elemento surreale nelle opere di Landolfi?
- Qual è il tema centrale del romanzo "La pietra lunare"?
- Come si è evoluto lo stile di Landolfi nelle sue opere successive?
- Quali sono stati i contributi di Landolfi alla traduzione e alla critica?
Landolfi è nato a Pico nel 1908, ha studiato a Firenze e ha frequentato il gruppo degli ermetici, iniziando a collaborare con riviste letterarie. Ha esordito come narratore con "Dialogo dei massimi sistemi" nel 1937.
L'elemento surreale si manifesta attraverso un gioco tra realtà e surreale, con situazioni inesplicabili che trasformano eventi normali in qualcosa di enigmatico e misterioso, spingendo il lettore verso un nuovo bisogno di conoscenza.
Il tema centrale di "La pietra lunare" è l'angoscia e il senso di panico dell'uomo nei confronti del mondo, rappresentato attraverso la figura di una "capra mannara" e il misterioso rapporto con la natura.
Nelle opere successive, Landolfi ha rifiutato l'impianto narrativo tradizionale, concentrandosi su un'elaborazione raffinata della parola e sperimentando forme come il diario e l'elzeviro, con una dimensione dell'esistenza sempre più impalpabile.
Landolfi ha tradotto opere dal tedesco, russo e francese, curando una raccolta di Narratori russi e un'Antologia della poesia lirica francese, collaborando con Mario Luzi.