Concetti Chiave
- Calvino's late career works, like "Cosmicomiche" and "Palomar", exemplify encyclopedic literature, exploring novels as methods of knowledge and world connections.
- In "Molteplicità", Calvino reflects on the novel as a network structure, akin to a scientific method, connecting diverse facts and elements.
- He draws on Gadda's idea of complex causality, using different semantic fields to portray the intricate, interconnected nature of reality.
- Calvino admires Borges for his concise narrative style, seeing it as a model for crafting a world narrative within finite limits.
- Calvino's "Il castello dei destini incrociati" uses tarot cards as narrative devices, illustrating infinite story combinations from finite archetypes.
Indice
Calvino e la letteratura enciclopedica
L’ultima stagione della carriera di Calvino è caratterizzata da opere che si possono ricondurre alla letteratura enciclopedica, “Cosmicomiche”, “Città invisibili”, “Palomar”. Ha anche riflettuto su questo tema, in particolare in una delle lezioni americane che si intitola “Molteplicità”, con tema il romanzo contemporaneo come enciclopedia, metodo di conoscenza e rete di connessione tra le cose del mondo. Il romanzo per sua natura è quello più performativo e quini capace di fornire risposte più agguerrite ed intraprendenti sul terreno di una conoscenza enciclopedica, lui però quando parla al romanzo contemporaneo come enciclopedia pensa a questa macchina narrativa in quanto metodo di conoscenza e per quanto riguarda i contenuti immagina una struttura reticolare. La conoscenza che viene affrontata come epistemologia, metodo scientifico per conseguire dei risultati connettendo una serie di informazioni che riguardano fatti, persone e cose.
Gadda e la complessità del mondo
Nella lezione “molteplicità” prende le mosse da una citazione dal romanzo “Quel pasticciaccio brutto de Via Merulana” di Gadda, in cui si affermava che il protagonista sostenesse che le catastrofi fossero causati da diversi fatti, quindi una realtà che non ha mai una spiegazione semplice perché tutto ciò che accade è frutto dell’intrecciarsi di una serie di fattori, “groviglio, gnommero”. Si noti anche nella definizione gaddiana dell’evento come frutto di un vortice che si serve di un’area semantica che appartiene alla meteorologia, mentre quando parla di molteplicità di causali convergenti attinge al linguaggio giuridico e quindi convoca, per dare spiegazioni, dei termini tecnici e settoriali che appartengono a sfere conoscitive diverse. Calvino accompagna questo brano di Gadda con alcune sue considerazioni, dicendo “cercò per tutta la sua vita di rappresentare il mondo come un garbuglio, o groviglio, o gomitolo, di rappresentarlo senza attenuarne affatto l’inestricabile complessità, o per meglio dire la presenza simultanea degli elementi più eterogenei che concorrono a determinare ogni evento”. Ha elaborato uno stile, simile a quello di Joyce, che corrisponde alla sua complessa epistemologia, come nevrotico Gadda getta tutto sé stesso nella pagina perdendo spesso il disegno generale e i dettagli si perdono coprendo tutto, nel tentativo di vincere “inestricabile complessità”. Ogni minimo oggetto diventa un potenziale centro di irradiazione, centro di una rete di relazioni diventando quindi rappresentazione di caos, il discorso si allarga a comprendere orizzonti sempre più vasti con l’ambizione di abbracciare l’interno universo [tipico degli scrittori enciclopedici]. Nel capitolo nono, con il ritrovamento dei gioielli rubati, di “Quel pasticciaccio brutto de Via Merulana” si nota l’emblema di questa rete che si propaga da ogni oggetto: ogni pietra preziosa intrattiene relazioni con la storia geologica, composiszione chimica, riferimenti storici artistici e con le associazioni di immagini che esse suscitano. L’enciclopedismo di Gadda è di tipo mimetico, celebre è la risposta che diede ai suoi detrattori in appendice all’edizione in volume “Condizione del dolore”, lo accusavano di essere uno scrittore barocco e lui disse “non sono io barocco, il mondo lo è ed io ho solo ritratto la sua baroccaggine”, quindi la sua confusione.
Musil e l'opera infinibile
Poi, Calvino cita “L’uomo senza qualità” di Robert Musil, opera che uscì a più riprese nel 1930, 1933 e nel 1943 e ciò dà l’idea di un’opera infinibile, che continua a modificarsi nelle mani di un autore mai soddisfatto ma è caratterizzato da un’esigenza di geometricità e razionalità che non è presente in Gadda. Calvino dice a questo proposito “La conoscenza per Musil è coscienza dell’inconciliabilità di due polarità contrapposte: una che egli chiama ora esattezza ora matematica ora spirito puro ora addirittura mentalità militare, e l’altra che chiama ora anima ora irrazionalità ora umanità ora caos”. L’esigenza è quella di trovare una chiave che possa portare ordine, ma questa legge universale di cui Ulrich, il protagonista, va in cerca non è mai rintracciabile [l’autore, attraverso il suo personaggio, vuole arrivare ad una soluzione esatta e finale che possa essere l’ermeneutica dell’esistente ma alla quale si potrebbe pervenire soltanto sommando tutti i tentativi di soluzioni che riguardano i casi singoli].
Proust e l'opera aperta
Il dato comune a Musil e Gadda è quindi l’incapacità a concludere, i loro romanzi sono opere aperte senza presupposti per chiudere il cerchio, come loro anche Proust, autore di “Ricerca del tempo perduto”, il quale non riesce a vedere finito il suo romanzo-enciclopedia nonostante i volumi accumulati nel grande affresco da lui concepito in maniera organica. La sua opera si va “infoltento in forza del suo stesso sistema vitale”, lui vorrebbe passare in rassegna tutti gli episodi di un determinato luogo e tutto quello che i personaggi vivono i diversi luoghi, progetto ingestibile. La difficoltà di contenere la massa di informazioni dentro una visione unitaria tipica dell’enciclopedismo è anche la conseguenza dello specialismo della ricerca scientifica nell’età contemporanea, la scienza prima ancora della letteratura sembra aver abbandonato la visione di leggi universali che non fossero settoriali ma generiche. La letteratura ha dovuto prendere atto di questa moltiplicazione della ricerca, con lo sforzo degli scrittori del novecento nel tessere insieme i diversi saperi, creando legami dove la scienza sembra aver rinunciato. Ma in questo tentativo, deve arrendersi anche lui ad una visione plurima del mondo.
Scetticismo e curiosità nel Novecento
A partire da “Bouvard et pecuchet” di Flaubert, Calvino compie un’altra riflessione sull’enciclopedismo novecentesco: scetticismo e curiosità dello scrittore contemporaneo [la seconda lo porta a cercare di dominare tutti i saperi, ma la prima lo porta a capire l’impossibilità del traguardo ambizioso]. Per gli scrittori del Novecento vuole parlare di “scetticismo attivo”, nel senso che sa i limiti del suo tentativo ma accetta comunque la sfida, “senso del gioco e della scommessa nell’ostinazione a stabilire relazioni tra i discorsi e i metodi e i livelli”. Parla anche di enciclopedia aperta di questo secolo, cioè non è pensabile arrivare alla chiave che apra tutti i mondi, ma si trova l’ipotesi e la costruzione di un possibile modello. Calvino poi opera un confronto con la forma mentis dell’uomo medievale, in particolare della “Divina Commedia”, con prospettiva compatta e armoniosa dove il molteplice viene raccolto in una visione unitaria e globale, venuta meno ai moderni, che non sono in grado di avere una visione così plenaria delle cose e quindi si scontrano con molteplicità dei metodi d’espressione. Se in una prospettiva medievale, il molteplice convergeva in una visione unitaria da un principio ordinatore, la visione moderna porta piuttosto a privilegiare le spinte centrifughe. L’enciclopedismo contemporaneo non segue solo un modello, Calvino in questa lezione enumera alcuni di questi modelli ricorrenti che manifestano diverse risposte alla difficoltà di tessere le varie file della realtà complessa:
1. Opera che nell’ansia di contenere non riesce a disegnare contorni e quindi rimane incompiuta, come Gadda e Musil;
2. Opera che corrisponde in letteratura al pensiero non sistematico della filosofia, che procede attraverso aforismi;
Calvino e l'enciclopedismo moderno
Calvino non si schiera nella prima tipologia, a lui piace chiudere le sue opere anche se con l’impossibilità di trovare la chiave ermeneutica, procede infatti per lampeggiamenti, in forma abbreviata come nel secondo modello. Lui è un intellettuale illuminista innamorato dei poemi cavallereschi, dell’immaginazione senza fine e quindi vuole unire l’intelligenza della poesia con quella della scienza e della filosofia a partire da “un gusto dell’ordine mentale e dell’esattezza”, che unisce i rigori della scienza con l’immaginazione.
Borges e la narrazione breve
Il suo modello di riferimento è Borges, scrittore enciclopedico per eccellenza secondo Calvino per “opere che rispondono alla rigorosa geometria del cristallo e all’astrazione d’un ragionamento deduttivo”, e anche per la proposta in via ipotetica di un modello di mondo contenuto nei limiti di una scrittura breve. Borges ha per lui proposto l’idea della totalità elaborando soluzioni narrative che evocano soltanto tutti i mondi possibili, perché non possono rappresentarli in forma mimetica.
Calvino e la moltiplicazione narrativa
Poi Calvino parla di sé, in particolare del libro “Il castello dei destini incrociati, che vuol essere una specie di macchina per moltiplicare le narrazioni partendo da elementi figurali dai molti significati possibili come un mazzo di tarocchi”, in questo libro infatti troviamo l’idea di sostituire la parola con le carte in cui le figure sono archetipi di situazioni che possono essere declinate in diversi modi [Calvino scrive che le carte sono 78, disposte in un quadrato di 9 carte per lato, con ovviamente alcuni buchi disposti all’inizio, alla fine e al centro. Le caselle mancanti rappresentato la conoscenza limitata, c’è un prima e un poi al di fuori del narrabile], dato che i personaggi del romanzo sono vittimi di un incantesimo che li ha resi muti. Macchina quindi che potenzialmente fa capire che le combinazioni tra elementi che generano singole storie sono infinte ma legate ad un numero finito di archetipi che si ripetono in forme variate. Aggiunge che il suo temperamento lo porta allo scrivere breve, vuole creare un modello di narrazione del mondo sapendo che questa narrazione potrebbe essere sviluppata potenzialmente all’infinito. Alla questione che vede l’opera enciclopedica in quanto testo che tende alla moltiplicazione dei possibili e che si allontana dal self, risponde richiamandosi a Pirandello con l’idea di una metamorfosi per cui non si è mai una sola persona, ma che si modifica a partire dall’insieme di contatti ed esperienze. L’io è quindi un’enciclopedia in quanto corrisponde ad uno degli infiniti risultati di una serie di combinazione che stanno alla base della nostra esistenza, lo sforzo sovraumano starebbe nel mirare ad una conoscenza assoluta, fuori “dalla prospettiva limitata d’un io individuale, non solo per entrare in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola”, obiettivo rincorso da Calvino in “Palomar”.
“Molteplicità” – Italo Calvino
L’ultima stagione della carriera di Calvino è caratterizzata da opere che si possono ricondurre alla letteratura enciclopedica, “Cosmicomiche”, “Città invisibili”, “Palomar”. Ha anche riflettuto su questo tema, in particolare in una delle lezioni americane che si intitola “Molteplicità”, con tema il romanzo contemporaneo come enciclopedia, metodo di conoscenza e rete di connessione tra le cose del mondo. Il romanzo per sua natura è quello più performativo e quini capace di fornire risposte più agguerrite ed intraprendenti sul terreno di una conoscenza enciclopedica, lui però quando parla al romanzo contemporaneo come enciclopedia pensa a questa macchina narrativa in quanto metodo di conoscenza e per quanto riguarda i contenuti immagina una struttura reticolare. La conoscenza che viene affrontata come epistemologia, metodo scientifico per conseguire dei risultati connettendo una serie di informazioni che riguardano fatti, persone e cose. Nella lezione “molteplicità” prende le mosse da una citazione dal romanzo “Quel pasticciaccio brutto de Via Merulana” di Gadda, in cui si affermava che il protagonista sostenesse che le catastrofi fossero causati da diversi fatti, quindi una realtà che non ha mai una spiegazione semplice perché tutto ciò che accade è frutto dell’intrecciarsi di una serie di fattori, “groviglio, gnommero”. Si noti anche nella definizione gaddiana dell’evento come frutto di un vortice che si serve di un’area semantica che appartiene alla meteorologia, mentre quando parla di molteplicità di causali convergenti attinge al linguaggio giuridico e quindi convoca, per dare spiegazioni, dei termini tecnici e settoriali che appartengono a sfere conoscitive diverse. Calvino accompagna questo brano di Gadda con alcune sue considerazioni, dicendo “cercò per tutta la sua vita di rappresentare il mondo come un garbuglio, o groviglio, o gomitolo, di rappresentarlo senza attenuarne affatto l’inestricabile complessità, o per meglio dire la presenza simultanea degli elementi più eterogenei che concorrono a determinare ogni evento”. Ha elaborato uno stile, simile a quello di Joyce, che corrisponde alla sua complessa epistemologia, come nevrotico Gadda getta tutto sé stesso nella pagina perdendo spesso il disegno generale e i dettagli si perdono coprendo tutto, nel tentativo di vincere “inestricabile complessità”. Ogni minimo oggetto diventa un potenziale centro di irradiazione, centro di una rete di relazioni diventando quindi rappresentazione di caos, il discorso si allarga a comprendere orizzonti sempre più vasti con l’ambizione di abbracciare l’interno universo [tipico degli scrittori enciclopedici]. Nel capitolo nono, con il ritrovamento dei gioielli rubati, di “Quel pasticciaccio brutto de Via Merulana” si nota l’emblema di questa rete che si propaga da ogni oggetto: ogni pietra preziosa intrattiene relazioni con la storia geologica, composiszione chimica, riferimenti storici artistici e con le associazioni di immagini che esse suscitano. L’enciclopedismo di Gadda è di tipo mimetico, celebre è la risposta che diede ai suoi detrattori in appendice all’edizione in volume “Condizione del dolore”, lo accusavano di essere uno scrittore barocco e lui disse “non sono io barocco, il mondo lo è ed io ho solo ritratto la sua baroccaggine”, quindi la sua confusione. Poi, Calvino cita “L’uomo senza qualità” di Robert Musil, opera che uscì a più riprese nel 1930, 1933 e nel 1943 e ciò dà l’idea di un’opera infinibile, che continua a modificarsi nelle mani di un autore mai soddisfatto ma è caratterizzato da un’esigenza di geometricità e razionalità che non è presente in Gadda. Calvino dice a questo proposito “La conoscenza per Musil è coscienza dell’inconciliabilità di due polarità contrapposte: una che egli chiama ora esattezza ora matematica ora spirito puro ora addirittura mentalità militare, e l’altra che chiama ora anima ora irrazionalità ora umanità ora caos”. L’esigenza è quella di trovare una chiave che possa portare ordine, ma questa legge universale di cui Ulrich, il protagonista, va in cerca non è mai rintracciabile [l’autore, attraverso il suo personaggio, vuole arrivare ad una soluzione esatta e finale che possa essere l’ermeneutica dell’esistente ma alla quale si potrebbe pervenire soltanto sommando tutti i tentativi di soluzioni che riguardano i casi singoli]. Il dato comune a Musil e Gadda è quindi l’incapacità a concludere, i loro romanzi sono opere aperte senza presupposti per chiudere il cerchio, come loro anche Proust, autore di “Ricerca del tempo perduto”, il quale non riesce a vedere finito il suo romanzo-enciclopedia nonostante i volumi accumulati nel grande affresco da lui concepito in maniera organica. La sua opera si va “infoltento in forza del suo stesso sistema vitale”, lui vorrebbe passare in rassegna tutti gli episodi di un determinato luogo e tutto quello che i personaggi vivono i diversi luoghi, progetto ingestibile. La difficoltà di contenere la massa di informazioni dentro una visione unitaria tipica dell’enciclopedismo è anche la conseguenza dello specialismo della ricerca scientifica nell’età contemporanea, la scienza prima ancora della letteratura sembra aver abbandonato la visione di leggi universali che non fossero settoriali ma generiche. La letteratura ha dovuto prendere atto di questa moltiplicazione della ricerca, con lo sforzo degli scrittori del novecento nel tessere insieme i diversi saperi, creando legami dove la scienza sembra aver rinunciato. Ma in questo tentativo, deve arrendersi anche lui ad una visione plurima del mondo. A partire da “Bouvard et pecuchet” di Flaubert, Calvino compie un’altra riflessione sull’enciclopedismo novecentesco: scetticismo e curiosità dello scrittore contemporaneo [la seconda lo porta a cercare di dominare tutti i saperi, ma la prima lo porta a capire l’impossibilità del traguardo ambizioso]. Per gli scrittori del Novecento vuole parlare di “scetticismo attivo”, nel senso che sa i limiti del suo tentativo ma accetta comunque la sfida, “senso del gioco e della scommessa nell’ostinazione a stabilire relazioni tra i discorsi e i metodi e i livelli”. Parla anche di enciclopedia aperta di questo secolo, cioè non è pensabile arrivare alla chiave che apra tutti i mondi, ma si trova l’ipotesi e la costruzione di un possibile modello. Calvino poi opera un confronto con la forma mentis dell’uomo medievale, in particolare della “Divina Commedia”, con prospettiva compatta e armoniosa dove il molteplice viene raccolto in una visione unitaria e globale, venuta meno ai moderni, che non sono in grado di avere una visione così plenaria delle cose e quindi si scontrano con molteplicità dei metodi d’espressione. Se in una prospettiva medievale, il molteplice convergeva in una visione unitaria da un principio ordinatore, la visione moderna porta piuttosto a privilegiare le spinte centrifughe. L’enciclopedismo contemporaneo non segue solo un modello, Calvino in questa lezione enumera alcuni di questi modelli ricorrenti che manifestano diverse risposte alla difficoltà di tessere le varie file della realtà complessa:
1. Opera che nell’ansia di contenere non riesce a disegnare contorni e quindi rimane incompiuta, come Gadda e Musil;
2. Opera che corrisponde in letteratura al pensiero non sistematico della filosofia, che procede attraverso aforismi;
Calvino non si schiera nella prima tipologia, a lui piace chiudere le sue opere anche se con l’impossibilità di trovare la chiave ermeneutica, procede infatti per lampeggiamenti, in forma abbreviata come nel secondo modello. Lui è un intellettuale illuminista innamorato dei poemi cavallereschi, dell’immaginazione senza fine e quindi vuole unire l’intelligenza della poesia con quella della scienza e della filosofia a partire da “un gusto dell’ordine mentale e dell’esattezza”, che unisce i rigori della scienza con l’immaginazione. Il suo modello di riferimento è Borges, scrittore enciclopedico per eccellenza secondo Calvino per “opere che rispondono alla rigorosa geometria del cristallo e all’astrazione d’un ragionamento deduttivo”, e anche per la proposta in via ipotetica di un modello di mondo contenuto nei limiti di una scrittura breve. Borges ha per lui proposto l’idea della totalità elaborando soluzioni narrative che evocano soltanto tutti i mondi possibili, perché non possono rappresentarli in forma mimetica. Poi Calvino parla di sé, in particolare del libro “Il castello dei destini incrociati, che vuol essere una specie di macchina per moltiplicare le narrazioni partendo da elementi figurali dai molti significati possibili come un mazzo di tarocchi”, in questo libro infatti troviamo l’idea di sostituire la parola con le carte in cui le figure sono archetipi di situazioni che possono essere declinate in diversi modi [Calvino scrive che le carte sono 78, disposte in un quadrato di 9 carte per lato, con ovviamente alcuni buchi disposti all’inizio, alla fine e al centro. Le caselle mancanti rappresentato la conoscenza limitata, c’è un prima e un poi al di fuori del narrabile], dato che i personaggi del romanzo sono vittimi di un incantesimo che li ha resi muti. Macchina quindi che potenzialmente fa capire che le combinazioni tra elementi che generano singole storie sono infinte ma legate ad un numero finito di archetipi che si ripetono in forme variate. Aggiunge che il suo temperamento lo porta allo scrivere breve, vuole creare un modello di narrazione del mondo sapendo che questa narrazione potrebbe essere sviluppata potenzialmente all’infinito. Alla questione che vede l’opera enciclopedica in quanto testo che tende alla moltiplicazione dei possibili e che si allontana dal self, risponde richiamandosi a Pirandello con l’idea di una metamorfosi per cui non si è mai una sola persona, ma che si modifica a partire dall’insieme di contatti ed esperienze. L’io è quindi un’enciclopedia in quanto corrisponde ad uno degli infiniti risultati di una serie di combinazione che stanno alla base della nostra esistenza, lo sforzo sovraumano starebbe nel mirare ad una conoscenza assoluta, fuori “dalla prospettiva limitata d’un io individuale, non solo per entrare in altri io simili al nostro, ma per far parlare ciò che non ha parola”, obiettivo rincorso da Calvino in “Palomar”.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema centrale delle opere dell'ultima stagione di Calvino?
- Come Gadda rappresenta la complessità del mondo nelle sue opere?
- In che modo Musil e Proust affrontano l'opera infinibile?
- Qual è la visione di Calvino sull'enciclopedismo moderno?
- Come Calvino utilizza la moltiplicazione narrativa nel suo lavoro?
L'ultima stagione della carriera di Calvino è caratterizzata da opere che si possono ricondurre alla letteratura enciclopedica, come "Cosmicomiche", "Città invisibili" e "Palomar", riflettendo sul romanzo contemporaneo come enciclopedia e metodo di conoscenza.
Gadda rappresenta il mondo come un groviglio complesso, utilizzando uno stile che riflette la sua epistemologia intricata, simile a Joyce, e descrivendo eventi come frutto di molteplici fattori interconnessi.
Musil e Proust creano opere aperte e incompiute, con Musil che cerca una chiave di ordine tra polarità opposte e Proust che accumula volumi senza riuscire a concludere il suo grande affresco.
Calvino vede l'enciclopedismo moderno come un tentativo di unire l'intelligenza della poesia con quella della scienza, procedendo per lampeggiamenti e modelli brevi, ispirandosi a Borges per la sua geometria rigorosa e narrazione breve.
Calvino utilizza la moltiplicazione narrativa nel "Il castello dei destini incrociati", creando una macchina narrativa che moltiplica le storie attraverso elementi figurali come un mazzo di tarocchi, rappresentando la conoscenza limitata e le infinite combinazioni narrative.