Cenni biografici
Di questo trovatore non abbiamo notizie sicure. Sappiamo che nacque fra il 1120 e il 1130 da una famiglia di umili origini. Infatti, il padre era un servo del castello di Ventadorn, nella regione di Limoges. Condusse una vita raminga da una corte all’altra. Prima, visse presso il visconte di Ventadorn della cui moglie si innamorò; successivamente lo troviamo alla corte di Enrico II d’Inghilterra e di sua moglie Eleonora di Aquitania, famosa per il suo mecenatismo. Si innamorò anche di lei e le dedicò alcune liriche. In seguito fu alla corte di Raimondo di Tolosa. Dopo il 1173, di lui non si hanno più notizie.Opera poetica
I critici considerano questo poeta il più grande dei trovatori e lo definiscono il trovatore dell’amore, poiché è l’unico che non affronta mai temi politici, morali o religiosi, come invece succedeva la tradizione trobadorica con i sirventesi.Il problema che ci dobbiamo porre e che, tutto sommato riguarda tutti i trovatori, è la storicità delle eventi presenti nei componimenti. Il tema sempre presente è l’amore in tutte le sue sfaccettature: i languori, i desideri, le ansie del primo amore per una dama vagheggiata fin dall’infanzia, la donna amata prima distante e inaccessibile, poi incoraggiante, l’ebbrezza del ricambio dell’ amore, l’estasi del primo bacio, le amarezze, le delusioni, la gelosia del poeta nei confronti di un cavaliere che la nobildonne sembra preferire ad un giovane di umili origini, la gelosia del marito. Alcuni critici vedono nelle tematiche un riscontro perfetto nella biografia del poeta. Altri negano assolutamente il riflesso di situazioni realmente vissute. In altre parole, per questi ultimi, il poeta canterebbe situazioni frequenti nella poeta dei trovatori con indizio biografici vaghi e imprecisi: il poeta ha saputo immaginare molte situazioni amorose e colorirle con alcuni aspetti della realtà. In sintesi, ciò che per critico appare evidente e molto certo, per l’altro appare del tutto inaccettabile. Il critico tedesco Vossler, per definire la poesia di Bernart, ricorre al linguaggio della meccanica celeste: egli raffigura la lirica del poeta come un sistema planetario in cui intorno al sole, ossia “Minnie” (= la dama) ruotano tutti i vari componimenti come fossero dei pianeti, retti dai due poli del sole, il polo sensuale e il polo contemplativo. Il moto dà luogo a quattro fasi che il critico chiama “minnezeite” nelle quale l’arte del poeta si esaurisce ed è circolare poiché riporta sempre alla fase di partenza da cui il ciclo riprende; ed è molto importante che una stessa canzone si svolge lungo due o tre fasi.