Concetti Chiave
- Gli inglesi hanno sempre avuto un forte interesse per il viaggio in Italia, ispirandosi alla cultura e alla letteratura italiana fin dai tempi di Chaucer.
- Nella prima metà dell'Ottocento, l'Italia divenne nuovamente una meta popolare per inglesi di tutte le classi sociali, attratti dal romanticismo e dalle bellezze artistiche e naturali.
- I viaggiatori inglesi del periodo romantico studiavano l'italiano per apprezzare le opere di Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto e Tasso, con un particolare fascino per la Divina Commedia.
- Nonostante la conoscenza della letteratura classica, gli inglesi del XIX secolo mostravano scarso interesse per gli scrittori contemporanei come Manzoni, Leopardi e Foscolo.
- Byron, tra gli altri, esprimeva un forte legame con la cultura italiana, sebbene avesse critiche verso alcuni contemporanei italiani come Foscolo.
Indice
Il viaggio
Agli Inglesi è sempre piaciuto viaggiare in Italia: Chaucer, vissuto dal 1340 al 1400 visitò Genova, Milano e Firenze. Più tardi gli umanisti inglesi vennero in Italia per trovarvi l’ispirazione e prendere i poeti italiani come modello.Nel Cinquecento, soggiornarono in Italia alcuni poeti che attratti dallo stile della poesia italiana dell’epoca possono essere considerati i riformatori della metrica e dello stile inglese: Thomas Wytt e Henry Howard, conte di Surrey. Nel XVII secolo soggiornarono in Italia filosofi, scienziati, storici e traduttori come John Donne. John Milton che fu in Italia nel 1638 dove incontrò, ad Arcetri, Gaileo Galilei e scrisse in Italiano cinque sonetti e una canzone:
Ridonsi donne giovani amorosi,
M’accostandosi attorno, e “Perché scrivi,
Perché tu scrivi in lingua ignota e strana,
Verseggiando d’amor, e come t’osi…?
(Canzone)
Canto, del mio buon popolo non inteso,
E ‘l bel Tamigi congio col bel Arno
(Sonetto III)
Nella seconda metà del Seicento e nel Settecento, quando l’influenza della cultura italiana in Europa subì un declino, in favore della Francia, il viaggio in Italia passò di moda.
La prima metà dell’Ottocento: il viaggio torna di moda
Dopo la parentesi napoleonica e per tutta la prima metà dell’ Ottocento, l’interesse per gli studi italiani riprese e con esso anche gli arrivi degli inglesi nel penisola.Il viaggio, però, non era solo un appannaggio dei rampolli della classe nobile, che in Italia completavano la loro formazione, oppure dei politici, degli scienziati o dei letterati. Ora la possibilità di un viaggio si estendeva a tutte le classi sociali. Siamo nel periodo del romanticismo e a Roma, Piazza di Spagna viene chiamata “il ghetto inglese”
Gli inglesi sono attratti dal clima, come scrive Byron da Pisa al suo editore,, ma vengono anche per ammirare le bellezze naturali e le opere d’arte. Arrivando nella terra della letteratura e dell’arte, gli inglese provano un sentimento misto di gioia, di sorpresa e di commozione. Finalmente possono trovarsi al cospetto di opere che nella storia della cultura e della civiltà sono famose. Ammirano associati ai loro ricordi letterari, ripercorrono le strade un tempo percorse da Dante, da Michelangelo e da Galileo e hanno la sensazione visiva di ciò che, in tutto il mondo, viene riconosciuto come “ideale”. L’Arno non ha l’importanza economica del Tamigi, ma è il fiume dei grandi poeti e dei grandi artisti: viene definito “The river of Dante, Petrarch and Boccaccio…. “ Shelly chiama l’Italia “The divine country”. E se Walter Savage Landor, vissuto a cavallo fra il XVIII e il XIX secolo e ultimo poeta latino inglese, scrive che l’Italia pè il suo paese, Byron saluta l’Italia come culla di eroi e di santi e si definisce come “un italiano che scrive in inglese”. Il canto IV del Childe Harold è il più grande inno celebrativo dell’Italia scritto da uno straniero e molti giovani seguivano le orme del Childe Harold con il libro di Byron sotto il braccio.
Lo studio della lingua italiana e gli scrittori più ammirati
Prima di mettersi in viaggio, i viaggiatori inglesi si mettevano a studiare l’italiano: Shelley e Byron leggevano correntemente l’italiano come Thomas Moore e S.T. Coleridge. Fra l’altro Thomas Moore recitava a memoria poesie italiane e Keats imparò l’italiano leggendo le opere dell’Ariosto. Ma le opere che i viaggiatori del periodo romantico amavano di più erano quelle del passato. Nel 1822, Samuel Rogers scrive una piccola opera – Italy – in cui scrive “the memory sees more than the eye” E la memoria li porta indietro, verso Dante, Petrarca, Boccaccio, Pulci, Ariosto e Tasso Ma è soprattutto Dante che attira l’interesse di tutti: la Divina commedia serve da ispirazione e non mancano scrittori inglesi che traducono nella loro lingua passi del capolavoro dantesco.
Petrarca era conosciuto e studiato molto, anche se non era ammirato come durante il Rinascimento, quando il petrarchismo era diffuso in tutta l’Europa. Per esempio, Shelley era solito recitare l’Ode all’Italia e si faceva leggere passi tratti dal Trionfo della Morte.
I romantici inglesi erano anche a conoscenza delle opere del Chiabrera, del Tassoni (La secchia rapita) e del Metastasio. Da ricordare che L. Hunt scrisse un poemetto – The Story of Rimin -, ossia la storia di Paolo e Francesca e nel 1825 tradusse il Bacco in Toscana di Francesco Redi.
Anche Vittorio Alfieri era noto, ma più come patriota che non come scrittore di tragedie. Tuttavia Byron dichiarò di avere sempre desiderato imitare l’Alfieri (“It was my object to be as simpoled severe as Alfieri”)
Arriviamo agli scrittori contemporanei a quelli inglesi.
Scarso interesse per gli scrittori a quel tempo contemporanei
Manzoni, Leopardi e Foscolo non erano conosciuti dagli inglesi della prima metà del XIX secolo.Sappiamo che Leopardi aveva letto le poesie di Byron, su cui aveva, fra l’altro, espresso un giudizio non positivo, ma Byron non aveva mai sentito parlare del Leopardi, anche se conosceva e stimava molto Pietro Giordani, l’amico del Leopardi. A proposito di Foscolo, Byron risponde a chi gli chiedeva di scrivere un’opera: “ Perché non fa lui qualcosa di più che le Lettere di Ortis, e una tragedia e qualche pamphlet? Ha avuto quindici anni buoni più di me: che ha fatto tutto quel tempo? - Ha provato il suo Genio, senza dubbio, ma non ha fissato la sua fama, né ha toccato il suo massimo. (“Why does he not do something more than the Letters of Ortis and a tragedy and pamphlets ? He has good 15 years more and his command tha I have : what has he done all that time? Proved his genius, doubtless, but bnot fixe dits fame, nord one his utmost »). Evidentemente fra Byron e Foscolo non correva buon sangue.
Domande da interrogazione
- Qual era l'importanza del viaggio in Italia per gli inglesi nel passato?
- Come cambiò l'interesse per l'Italia nella prima metà dell'Ottocento?
- Quali scrittori italiani erano più ammirati dai viaggiatori inglesi del periodo romantico?
- Qual era il livello di conoscenza degli scrittori italiani contemporanei da parte degli inglesi?
- Qual era l'opinione di Byron su Foscolo?
Gli inglesi viaggiavano in Italia per ispirazione culturale e letteraria, ammirando le opere d'arte e la letteratura italiana, come dimostrato dai viaggi di Chaucer e Milton.
Dopo la parentesi napoleonica, l'interesse per l'Italia riprese, con viaggiatori di tutte le classi sociali attratti dal clima, dalle bellezze naturali e dalle opere d'arte.
I viaggiatori inglesi ammiravano soprattutto Dante, Petrarca, Boccaccio, Ariosto e Tasso, con un particolare interesse per la Divina Commedia di Dante.
Gli scrittori contemporanei come Manzoni, Leopardi e Foscolo erano poco conosciuti dagli inglesi della prima metà del XIX secolo.
Byron non aveva una buona opinione di Foscolo, criticandolo per non aver fatto abbastanza per fissare la sua fama, nonostante il suo talento.