Concetti Chiave
- Il buon cortigiano deve dire la verità al suo signore, consigliandolo con discrezione per il bene e la virtù, senza adulare.
- La prosa del "Libro del cortegiano" è classicistica e complessa, seguendo l'esempio di Boccaccio, con un lessico che fonde elementi toscani e settentrionali.
- I valori centrali del cortigiano ideale comprendono saggezza, giustizia, liberalità e magnanimità, espressioni delle aspirazioni rinascimentali.
- L'opera dipinge l'ideale rinascimentale di un individuo equilibrato, colto e valoroso, armonizzato con l'ambiente sociale di corte.
- Il "Libro del cortegiano" descrive le qualità del perfetto cortigiano, includendo ingegno, bellezza, virtù cavalleresche e rapporti con il signore.
Indice
Il fine del buon cortigiano: dire la verità al suo signore
Leggiamo un passaggio molto noto dell’opera, tratto dal quarto e ultimo libro. Ottaviano Fregoso, nipote del duca di Urbino, espone il fine a cui, secondo lui e secondo l’autore, dovrebbe tendere il perfetto uomo di corte.
La sintassi e il lessico
Il brano è interessante per diversi aspetti. Sul piano dello stile, siamo davanti a una prosa molto elaborata, modellata sull’esempio di Boccaccio per quanto riguarda l’ampia costruzione della sintassi: una prosa classicistica, ricca di incisi e di subordinate, che tende a porre in fondo la frase principale («tende ad ottimo fine»), come accadeva nella prosa latina. Per quanto riguarda il lessico la base è certamente toscana (sempre secondo l’esempio di Boccaccio), ma incontriamo parole dell’Italia settentrionale («bone qualità», «bon principe»). I personaggi di Castiglione parlano infatti un linguaggio cortigiano, elegante e moderno: una lingua meno toscana di quella teorizzata da Bembo e più “italiana”, in cui si riassumono gli idiomi parlati, a corte, da personaggi di varia provenienza.
I contenuti
Per quanto riguarda i contenuti, il testo mette al centro quei valori di saggezza («prudenzia»), equilibrio interiore ed esteriore («giustizia … liberalità … magnanimità … mansuetudine») che corrispondono alle migliori aspirazioni della civiltà rinascimentale giunta al suo culmine. Il cortigiano immaginato da Castiglione sa inoltre muoversi con disinvoltura nell’alta società, destreggiandosi nei vari impegni della corte («la musica, le feste, i giochi e l’altre condicioni piacevoli»). Queste doti, però, non sono fini a se stesse. Il cortigiano perfetto – dice Ottaviano, portavoce dell’autore – sa affiancarsi con discrezione al suo signore, allo scopo di consigliarlo per il meglio. Le qualità prima elencate gli servono insomma per uno scopo politico: divenuto autorevole presso il principe, egli potrà dirgli «la verità d’ogni cosa», senza ingannarlo né adularlo. Potrà così spingerlo a ciò che è moralmente «conveniente», cioè al bene e alla virtù, allontanandolo da eventuali vizi.
Il libro del cortegiano
Castiglione inizia a comporre l’opera nel 1513, poi la riprende nel 1518 e la conclude nel 1524; essa viene stampata a Venezia nel 1528 da Aldo Manuzio. In quattro libri è delineata la figura ideale dell’uomo (in parte anche della donna) di corte, specchio di un equilibrio perfetto tra doti fisiche e spirituali: un individuo prode nelle armi e colto, valoroso ed elegante, raffinato ma anche energico. Oltre a essere un trattato di comportamento, cioè uno strumento di educazione reale e concreta, il Libro del cortegiano traduce l’aspirazione – tipica degli intellettuali del Rinascimento – verso un tipo umano perfetto, in cui tutte le facoltà si armonizzino e si fondano con l’ambiente sociale. Questi contenuti emergono dalle conversazioni di numerosi personaggi (tra cui Pietro Bembo), presenti presso la corte urbinate nell’anno 1506, in un momento che corrisponde dunque alla giovinezza di Castiglione. I loro dialoghi sono immaginati nell’arco di quattro sere consecutive. Nel libro I si cominciano a tratteggiare le virtù del perfetto cortigiano: ingegno, bellezza, e proprietà di linguaggio. Il libro II esamina le sue qualità cavalleresche e l’eleganza nel vestire. Il libro III considera le virtù della gentildonna e il tipo di amore nobile che è adatto alle corti. Infine il libro IV passa ai rapporti con il signore della corte, delineando anche le virtù di quest’ultimo.Domande da interrogazione
- Qual è il fine principale del buon cortigiano secondo Ottaviano Fregoso?
- Come è caratterizzata la prosa del "Libro del cortegiano"?
- Quali valori centrali emergono nel testo riguardo al cortigiano ideale?
- In che modo il "Libro del cortegiano" rappresenta l'ideale rinascimentale?
- Quali sono le principali virtù del cortigiano delineate nei quattro libri dell'opera?
Il fine principale del buon cortigiano è dire la verità al suo signore, consigliandolo per il meglio senza ingannarlo né adularlo, per spingerlo verso il bene e la virtù.
La prosa è molto elaborata, modellata sull'esempio di Boccaccio, con una sintassi ampia e classicistica, ricca di incisi e subordinate, e un lessico che combina elementi toscani e dell'Italia settentrionale.
I valori centrali sono saggezza, equilibrio interiore ed esteriore, giustizia, liberalità, magnanimità e mansuetudine, che riflettono le migliori aspirazioni della civiltà rinascimentale.
Rappresenta l'ideale rinascimentale delineando un tipo umano perfetto, in cui le facoltà fisiche e spirituali si armonizzano con l'ambiente sociale, attraverso un trattato di comportamento ed educazione.
Le principali virtù includono ingegno, bellezza, proprietà di linguaggio, qualità cavalleresche, eleganza nel vestire, virtù della gentildonna, amore nobile, e rapporti con il signore della corte.