Concetti Chiave
- Pietro Bembo nacque a Venezia nel 1470 e morì a Roma nel 1557, viaggiando tra molte corti italiane e ricoprendo il ruolo di cardinale.
- Bembo fu più un orientatore culturale che un grande scrittore, influenzando il gusto letterario verso uno stile raffinato ed elegante.
- Scrisse opere in volgare come "Gli Asolani", "Rime" e "Prose della volgar lingua", promuovendo una concezione platonica dell'amore e intervenendo nella questione della lingua.
- Nella questione della lingua, Bembo sosteneva il volgare fiorentino come lingua letteraria principale, in alternativa al latino universale.
- Considerava i grandi autori toscani del Trecento, soprattutto Petrarca, come modello ideale per il volgare illustre.
La vita di Pietro Bembo
Bembo nacque a Venezia nel 1470 e mor a Roma nel 1557. Soggiornò presso molte corti orientali: fu a Venezia, a Firenze, a Ferrara. Ad Urbino, a Roma dove ricevette la nomina di cardinale.
Contributi letterari di Bembo
Il Bembo scrisse opere in latino e in volgare, ma più che un grande scrittore, fu un orientatore culturale e un formatore uno letterario del gusto, contribuendo all'affermazione di stile letterario raffinato ed elegante.
In volgare scrisse "Gli Asolani", dialoghi ambientati in una villa ad Asolo, sulle collin venete aventi per tema la concezione platonica dell'amore; le "Rime", poesie che propongono un'idealizzazione dell'amore, le "Prose della volgar lingua opera che interveniva nella cosiddetta questione della lingua.
La questione della lingua
Per quanto riguarda tale questione, esistevano in Italia, all'inizio del Cinquecento, due correnti: i sostenitori della fiorentinità e quelli dell'italianità, cosiddetto volgare illustre, cioè di quel volgare, assurto al rango di lingua letteraria, illustrasse opere e autori pur restando il latino la lingua universale letteraria per eccellenza.
Alla corrente della fiorentinità appartenevano il Machiavelli e i Bembo. Quest'ultimo sosteneva inoltre che il volgare illustre doveva essere unico ed i letterati italiani dovevano sceglierlo come prima lingua, mentre il latino poteva essere la seconda. Il modello ottimale per il volgare illustre era rappresentato dai grandi autori toscani del Trecento, soprattutto al Petrarca, indicato come modello perfetto della poesia.