giuliasprea05
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Concetti Chiave

  • Leopardi è un autore unico nel suo genere, combinando elementi romantici e classici in uno stile che non si adatta completamente al romanticismo italiano tradizionale.
  • Il suo pensiero evolve dal pessimismo storico, che vede l'infelicità come un prodotto del progresso, al pessimismo cosmico, che la considera una condizione universale e immutabile.
  • La poetica del vago e indefinito di Leopardi si concentra sull'immaginazione come mezzo per raggiungere l'infinito piacere, impossibile da ottenere nella realtà.
  • Le opere di Leopardi, come "Lo Zibaldone" e "I Canti", riflettono i suoi temi filosofici fondamentali, tra cui il desiderio di piacere e l'esplorazione della felicità attraverso il ricordo e l'immaginazione.
  • Leopardi vede l'infelicità come una parte intrinseca dell'esistenza umana, ma propone la solidarietà tra gli uomini come un modo per creare una società più giusta, sebbene non felice.

Indice

  1. Leopardi e il Classicismo Romantico
  2. L'Erudizione e la Solitudine
  3. La Crisi e la Fuga
  4. Il Pessimismo Storico e Cosmico
  5. La Teoria del Piacere
  6. La Poetica del Vago e Indefinito

Leopardi e il Classicismo Romantico

Leopardi era un giovane autore, fuori dagli schemi, è un romantico a modo suo che non rappresenta il romanticismo italiano. Possiamo definirlo un classicismo romantico, coglie dai classici una nostalgia, un mondo dove potersi rifugiare, quindi è un atteggiamento romantico. Coglie il mondo classico con romanticismo, con nostalgia, ma nessuno mai lo ha fatto prima e lo farà dopo. Nella scrittura non è romantico, non apprezza il predominio della logica e l’eccessiva aderenza al vero “il vero è brutto” (diverso da Manzoni) è sicuramente più classicista nello scrivere, ad esempio utilizza termini di Petrarca. Leopardi è romantico, ma nessun romantico che è esistito (né quello italiano né quello europeo) è il suo romantico, è il suo classico.

Con lui inizia un nuovo modo di fare letteratura, più interiorizzato, legato al regime alto (mondo classico).

L'Erudizione e la Solitudine

È stato istruito da precettori ecclesiastici sulle basi dell’illuminismo, ma già verso i dieci anni non ebbe più nulla da imparare e continua così i suoi studi da solo, chiudendosi nella biblioteca paterna, per quei “sette anni di studio matto e disperato” che contribuirono a peggiorare il suo fisico. L'ambiente in cui cresce è un ambiente erudito (che ha un'ampia erudizione, che possiede molte conoscenze in qualche disciplina, ma che non riesce ad andare oltre al sapere), la cultura di quel tempo era arcaica e molto accademica.

Leopardi riesce a superare quell'ambiente erudito e lui stesso chiama la sua conversione “dall’erudizione al bello” (zibaldone), si inizia ad entusiasmare per i grandi poeti, e grazie all'aiuto dell'amicizia con Pietro Giordani, classicista e di idee democratiche, troverà una vera e propria guida intellettuale, questo però provocherà la gelosia del padre.

La sua salute è cagionevole, non è di bellissimo aspetto, era un aristocratico che “se la tirava” e nel suo paese non trovava nessun aristocratico con cui fare bei discorsi perché tutti eruditi, come il padre, e per questo rimase isolato. Da tutto questo nasce in lui una forma di depressione che lo accompagna per gran parte della sua vita.

La Crisi e la Fuga

Ad aggravare il tutto era l'atmosfera chiusa e stagnante del palazzo paterno che diventa insostenibile, così Leopardi tenta la fuga nel 1819, questa crisi segna anche un passaggio letterario dal bello al vero, dalla poesia di immaginazione alla filosofia; inizia così un anno di intense sperimentazioni letterarie (infinito). Convince poi il padre ad andare a Roma che però non era Milano, Leopardi voleva parlare di cultura perché non voleva diventare un erudita. Così, quasi obbligato a tornare a Recanati, comincia un periodo di aridità interiore ed è per questo che si dedica alla poesia (piccoli idilli). Finalmente nel 1825 gli si presenta l'occasione di lasciare la famiglia grazie alle serie di collaborazioni con l'editore milanese Stella, due anni dopo passa a Firenze ed entra in rapporto con l'antologia, poi si recherà a Pisa dove la dolcezza del clima e una relativa tregua dei suoi mali favoriscono un risorgimento della sua facoltà di sentire e immaginare (a silvia, grandi idilli). Sul piano politico Giacomo non si impegna particolarmente ma segue gli orientamenti del padre, contro gli ideali rivoluzionari. Lo definiamo giovane autore perché le sue più importanti opere le scrive già a partire dall’età di 19 anni.

Si vive il bello, legge i poeti per apprezzare il bello delle parole, e si lascia trasportare.

Tutte l'opera leopardiana si fonda su un sistema di idee continuamente in evoluzione, il cui processo di formazione si può seguire attraverso le migliaia di pagine dello Zibaldone, il suo diario personale dove c'è tutto di lui appunti, pensieri, affermazioni e ragionamenti.

Il Pessimismo Storico e Cosmico

Al centro della riflessione di Leopardi si pone subito un motivo pessimistico: l'infelicità dell'uomo, individua la causa prima di questa infelicità in alcune pagine dello Zibaldone, il problema secondo Leopardi è che l'uomo desidera non un piacere bensì il piacere, aspira cioè a un piacere che sia infinito per estensione e per durata. Siccome però nessuno dei piaceri particolari goduti dall'uomo può soddisfare questa esigenza, nasce in lui un senso di insoddisfazione perpetua, un vuoto incolmabile dell'animo.

Possiamo quindi affermare che il suo pensiero sulla vita è basato sul pessimismo storico, che nasce ovviamente dalla sua condizione che lo porta a pensare molto.

Tant'è che arriva ad affermare: “Io Giacomo vivo in una situazione nella quale non potrò mai essere felice”. Il suo pensiero sfocerà poi in un pessimismo cosmico nell’età matura che lo porta ad affermare di non essere il solo a vivere in questa condizione di infelicità bensì tutti lo sono, tutti sono infelici. “L’uomo non può essere felice”.

La felicità è un sentimento proprio solo a non umani, ma in questo punto non si sta riferendo a dio anche perché ricordiamo che Leopardi fosse ateo, infatti il suo pensiero va inteso in modo filosofico e non religioso o metafisico. A tutta questa infelicità però la natura*, madre benigna attenta al bene delle sue creature, ha voluto offrire un rimedio all'uomo: l'immaginazione e le illusioni. In passato altri autori invece avevano trovato la soluzione ad esempio nell'arte come fonte di felicità (Ugo Foscolo). Quindi per Leopardi la base del pessimismo storico è: il progresso della civiltà, opera della ragione, che ha allontanato l'uomo da quella condizione privilegiata e ha messo crudelmente sotto i suoi occhi il vero e lo ha reso infelice. Nell'antichità ad esempio greci e romani erano felici perché ignoravano la loro reale infelicità, infatti secondo Leopardi solo gli ignoranti possono davvero essere felici.

È bene analizzare cosa sia per Leopardi il pessimismo storico: la condizione negativa della civiltà dei suoi anni viene vista come effetto di un processo storico, di un allontanamento progressivo da una condizione originaria di felicità; e nasce da antitesi tra natura e ragione, tra antichi e moderni. La colpa dell'infelicità presente è dunque attribuita all'uomo stesso, che si è allontanato dalla via tracciata dalla natura benigna*, e lo ha fatto attraverso il progresso della civiltà che ha reso i moderni incapaci di azioni eroiche, ha spento le loro illusioni generando meschinità.

Ma anche l'idea di natura benigna inizia ad entrare in crisi perché Leopardi ragiona sul fatto che la natura, che mira alla conservazione della specie, può sacrificare il bene del singolo e generare lui sofferenza per arrivare al suo obiettivo finale; ed arriva così alla conclusione che il male rientra perfettamente nel piano della natura che è quindi maligna. Il pessimismo cosmico afferma che l'infelicità non è più legata ad una concezione storica e relativa dell'uomo ma una condizione assoluta, diviene un dato eterno e immutabile di natura. Leopardi arriva a questa conclusione dopo aver per anni seguito la corrente del pessimismo storico e afferma che tutti gli uomini sono necessariamente infelici, in parte anche gli antichi erano vittime di questo terribile male. Possiamo quindi affermare che secondo il suo pensiero finale l'infelicità è un dato di natura e in Leopardi subentra un atteggiamento contemplativo, ironico (operette morali), distaccato e rassegnato, il suo ideale non è più l'eroe antico ma il saggio antico soprattutto quello stoico la cui caratteristica è il distacco della vita. Questo è l'atteggiamento che caratterizza tutte le operette morali e solamente i momenti successivi tornerà l'atteggiamento di protesta di sfida al fato e alla natura, che è Leopardi aveva abbandonato.

La Teoria del Piacere

Leopardi identifica la felicità con il piacere sensibile e materiale, da cui poi ne derivano tutti i suoi ragionamenti che sfociano nel pessimismo storico e successivamente cosmico. Quindi analizziamo la teoria del piacere: da una parte costituisce il nucleo della filosofia pessimistica e dall'altra è il punto d'avvio della sua poetica (lo sviluppo delle sue meditazioni si può seguire nello Zibaldone). Se nella realtà il piacere infinito è irraggiungibile, l'uomo può figurarsi piaceri infiniti mediante l'immaginazione (IL piacere infinito è che non si può trovare nella realtà, si trova così nella immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni. Zibaldone). Ciò che stimola l'immaginazione a costruire questa realtà parallela, in cui l'uomo trova l’illusorio a pagamento al suo bisogno di infinito, è tutto ciò che è vago e indefinito. Si costruisce così una vera e propria teoria della visione: è piacevole per le idee vaghe e indefinite, la vista impedita da un ostacolo “perché allora in luogo della vista lavora l'immaginazione e il fantastico sotterra al reale”. Contemporaneamente viene costruirsi anche la teoria del suono che afferma: i suoni suggestivi sono tali perché vaghi, “un canto che giunge all'esterno dal chiuso di una stanza”. Sarà proprio nell'Infinito che queste due teorie vengono spiegate in modo perfetto.

La Poetica del Vago e Indefinito

Leopardi arriva ad affermare che il bello poetico consiste dunque nel vago e indefinito, e si manifesta essenzialmente in immagini del tipo di quelle elencate nella teoria della visione del suono. Queste immagini sono suggestive perché evocano sensazioni che ci hanno affascinati da fanciulli, il ricordo è molto più poetico della realtà, ed è così che la poetica dell'indefinito e la poetica della rimembranza si fondono: la poesia non è che il recupero della visione immaginosa della fanciullezza attraverso la memoria (ancora pessimismo storico).

Lo zibaldone = il suo diario privato che usava per scrivere i suoi pensieri e mettere in ordine le sue idee.

- La teoria del piacere

- Il vago, l’indefinito, e le rimembranze della fanciullezza

- Indefinito e finito

- Il vero è brutto (Il passato è la speranza del futuro)

- Teoria della visione

- Ricordanza e poesia

- Suoni indefiniti

- La doppia visione

- La rimembranza (Rimembranza è il ricordo + alla speranza, arriva dalla memoria)

Si ripercuotono in questi scritti tutte le caratteristiche della filosofia del piacere che danno origine alla poetica del vago e indefinito.

I canti = raccolgono tutte le poesie che si suddividono poi in piccoli idilli, grandi idilli, ciclo di aspasia.

→ Idilli: lirica, componimento di metrica greca il cui contenuto è la descrizione di un paesaggio sereno, bello. “Quadretto di vita campestre perfetta, bello, sereno”

Scelta di questo genere poetico coerente con i suoi studi classici, greci, ormai abbandonati però da tempo in Italia. Why? Perché la letteratura italiana non si basava su metri greci. Metrica greca scoperta dopo e per questo non si afferma e non viene seguita in italia, dove ci si è basati più sulla canzone francese.

A leopardi preme rappresentare momenti essenziali della sua vita interiore.

- Infinito 1819

Non è presente una forma metrica. Leopardi usa le parole prese dal latino con un significato perfetto.

Troviamo l’utilizzo dei sensi, nella prima parte la vista viene negata dalla siepe, nella seconda parte l’udito ti porta alla vita reale e ti sveglia dalla tua riflessione interiore, ti fa rendere conto che la vita fa parte dell’eterno, dell’infinito. È poetico e dà piacere ciò che è indefinito, e il desiderio del piacere è qualcosa innato nell’uomo. L’infinito non ha le caratteristiche del divino, pertanto è soggettivo creato dall’uomo, Leopardi nello zibaldone afferma: “l’infinità della inclinazione dell’uomo al piacere è una infinità materiale”.

- La sera del dì di festa 1820

La poesia si apre con un notturno lunare, è una di quelle immagini vaghe e indefinite cara Leopardi perché danno all'uomo l'illusione di attingere all'infinito. Come viene riportato anche nella teoria della visione la luce della luna ha molto rilievo. Leopardi è convinto che nel mondo moderno la poesia immaginosa e fanciullesca degli antichi non sia più possibile, per questo bisogna praticare una poesia sentimentale, nutrita di filosofia e della consapevolezza amara del vero. È anche vero che fino ai grandi Idilli Leopardi non può rinunciare alle immagini vaghe e suggestive, come il notturno lunare, però subentra sempre la coscienza del vero.

Verso la fine ricorda il 5 maggio di Manzoni.

→ Grandi idilli: opere di grande respiro (lunghe) rispetto agli idilli che sono corti, poesie che esprimono ed assorbono il pessimismo cosmico e l’idea di natura maligna differiscono anche per questo dagli idilli che si basano sul pessimismo storico, sono accompagnate dalla consapevolezza della morte e del dolore.

- A silvia 1828

È una dichiarazione d’amore all'amore e alla vita, è un amore platonico. Nell’ultima parte sono presenti domande esistenziali che rispettano l’idea di pessimismo cosmico.

Si rispecchia perfettamente la poetica del vago e indefinito: Silvia vive solo di due particolari gli occhi dei denti fuggitivi e l'atteggiamento lieto e pensoso (Contrapposizione con Petrarca), la descrizione dell'ambiente che circonda le due figure è ancor più vaga. Sta proprio nel vago e nell'indefinito, secondo il poeta, il bello e il piacevole delle cose e soprattutto della poesia perché stimolano l'immaginazione, dà l'illusione di quelli infinito a cui perpetuamente l'uomo aspira, allontana dalla realtà del vero che è doloroso e brutto. L'unica cosa che accomuna i due giovani è la loro giovinezza e dalle sue speranze i sogni e le delusioni che la caratterizzano. sicuramente la poesia si aspira alla realtà ma quest'ultima deve essere filtrata. Il mondo esterno si sottopone a un filtro fisico un po' come la funzione che ha avuto la siepe nell'infinito, ”perché secondo Leopardi bisogna limitare il contatto diretto con il reale per stimolare l'immaginazione. Un altro importante filtro è quello della memoria perché secondo Leopardi Il ricordo ha una funzione analoga a quella dell'immaginazione e quindi rende indefinite e poetiche le cose, la Rimembranza è essenziale principale nel sentimento poetico. A Silvia si chiude con l'immagine della fredda morte ma per l'intero componimento il poeta aveva evocato l'immagine della vita e della gioia come protesta contro la forza maligna della natura che le ha negate all'uomo.

- La quiete dopo la tempesta 1829

Il tanto si apre con la descrizione della vita del borgo che dopo un forte temporale torna alle semplici attività quotidiane. la poesia è nettamente divisa in due parti la prima descrittiva ed iliaca la seconda riflessiva, ma la descrizione è interamente ispirata alla poetica del vago indefinito la scena non è oggettiva ma è interiorizzata e filtrata. La seconda parte è tutta filosofica e il concetto principale che il piacere nasce dalla cessazione di un dolore o di un timore e emerge il pessimismo cosmico e quindi questo piacere è ormai considerato vano e inesistente. Nell'ultimo verso possiamo quasi riconoscere la propria sventura di Manzoni che però questa volta è priva del divino consolatore.

- Il sabato del villaggio 1829

Leopardi racconta di come si prepara il villaggio per la domenica (il giorno festivo). Nella prima parte puramente descrittiva sovrappone le vicende di vari personaggi quali la donzelletta, la vecchierella, i fanciulli, lo zappatore, il falegname e di come vivono questo sabato. Particolare attenzione è la scelta di sovrapporre l’esperienza della giovane fanciulla e dell’anziana per far capire due diverse dimensioni dell’esistere.

Si apre poi una parte riflessiva e Leopardi descrive come lui vede il sabato: per lui è il giorno più bello perché precede il dì di festa che in sé è malinconico perché il giorno dopo sarà lunedì (tema dell’ansia). In breve il messaggio di Leopardi è di viversi il presente e godersi l’attimo, non avere fretta di crescere ma goditi l’attesa, cioè la fanciullezza. Il canto si conclude con la frase: non voglio dirti altro, non avere fretta. Chiude i grandi idilli.

Canto notturno d'un pastore errante in asia 1829-1830

Il poeta non parla in prima persona ma fa parlare un uomo primitivo semplice e ingenuo, che però è filosofo come gli uomini civilizzati e non inconsapevole come Leopardi aveva ritenuto fino a quel momento. La scelta di Leopardi è proprio quella di evidenziare il passaggio dal pessimismo storico a quello cosmico. si distingue nettamente dai grandi Dili perché è una lucida e ferma riflessione che partendo da interrogativi elementari coinvolge i grandi problemi. Si può associare all’ operetta morale “Dialogo della Natura e di un islandese”. Leopardi parla spesso con la luna, diana è dea della guerra.

- La palinodia 1835

Il termine palinodia significa ritrattazione, in questa opera infatti Leopardi ritratta il suo pensiero o almeno così fa credere. Con il suo lato ironico, che caratterizza le operette morali, decide di scrivere un idillio per evidenziare il suo vero pensiero. La satira prende a modello Parini, che fece dell’ironia il suo punto forte, questa scelta di Leopardi (ma anche di altri autori quali Manzoni) ci fa capire come la letteratura sia eterna, non muoia mai, con i suoi pensieri e i suoi poeti che hanno caratterizzato un tempo e un pensiero.

- La ginestra o il fiore del deserto 1836

Può essere riconosciuto come il testamento spirituale di Leopardi. Qui non nega più la possibilità di un progresso civile anzi propone lui stesso una soluzione: nella terza strofa invita gli uomini, coscienti della loro infelicità, a coalizzarsi contro la natura. Il bisogno di lottare contro essa porterebbe a una solidarietà comune, una fraternità, nascerebbero rapporti onesti e civili. Leopardi ci tiene a sottolineare che tale progresso non renderebbe comunque felici gli uomini ma garantirebbe una società più civile e giusta.

Anche se l’uomo è infelice per natura non ci sarà più l’infelicità addizionata che nasce dalla ostilità tra gli uomini. L'intellettuale deve rendere palesi al popolo questi concetti, deve diffondere la consapevolezza del vero anzi che falsi miti, versi 111 (stessa idea di Manzoni). Possiamo affermare che tornano concetti illuministi che avevano caratterizzato i suoi studi da giovane e avevano influenzato la sua personalità, ecco che qui escono queste contaminazioni.

La ginestra è una pianta resistente al freddo, che si piega per resistere alle intemperie, ed è così che l'umanità deve vivere: deve resistere, tutti gli uomini devono farlo e importante è farlo insieme. La ginestra deve essere d’esempio per gli uomini, è più saggia dell’uomo perché sai di non essere immortale ma si adatta e lo fa senza orgoglio e senza false illusioni, è una coscienza superiore.

Tutta l’opera non segue un filo cronologico o logico, ma ripete spesso i medesimi concetti.

→ Ciclo di aspasia: dopo il 1830, pensiero predominante sempre il pessimismo cosmico

- A se stesso 1835

Scritto due anni prima di morire, dopo la scoperta dell'amore per Fanny Tozzetti che però non può realizzarsi. Infatti nel canto il poeta ordina al suo cuore di riposare, l'inganno dell’amore che credeva eterno finì e finì anche di sperare in esso. Disperati (in senso latino “non avere più speranza”) l’ultima volta perché poi da oggi dovrai essere in pace. Ribadisce anche la consapevolezza della morte al affermazione: al genere nostro il fato non donò che il morire. Cuore disprezza, non porti più il problema della natura, del misterioso potere malvagio che domina il mondo avendo come fine il male di tutti gli esseri, riassunti nel termine brutto potere (pessimismo cosmico).

Le operette morali = pubblicate nel 1827, si differenziano dagli idilli perché scritte in prosa, in comune però hanno il pensiero dei grandi idilli e a tratti il pessimismo ancora storico degli idilli, in base a quando sono stati scritti. Prevale l'ironia (nasce dal contrasto tra ciò che ci aspettiamo e ciò che ci viene detto).

Opere in prosa nelle quali inizia ad elaborare il pessimismo cosmico, possiamo infatti definire come riflessioni filosofiche. Il titolo ci suggerisce lo stile delle opere: la morale ha un tono serioso, mentre operette ha un tono più scherzoso. Molte di queste sono dialoghi con personaggi presi da miti. Dialoghi che si alternano a parti narrative. I temi fondamentali sono l’infelicità dell’uomo, l’impossibilità del piacere, la noia, il dolore.

- Dialogo della (tra) Natura e di un islandese 1824

È un racconto fantastico perchè è presenta la personificazione della natura. L’idea alla base di questa opera è quella di assumere un islandese come esempio dell’infelicità dell’uomo e dei mali che lo affliggono per colpa della natura. L’islandese nel dialogo inizia un piccolo trattato nel quale ci racconta come vede la natura, come essa tratta gli uomini. La natura, che può essere facilmente collegata alla figura sfinge, pone un indovinello (come prevede il mito greco) e chiede all’islandese: il motivo per cui è stato fatto il mondo eri tu? La risposta ha lati comici accostati a domande esistenziali quali: ti ho forse chiesto io di mettermi al mondo? Si enfatizza il pessimismo cosmico con la frase verso 160 … di tutto il genere umano. Il dialogo si conclude senza risposta della natura alla domanda: a chi piace vivere così infelici?

Il racconto finisce con la morte dell’islandese sbranato da due leoni o diventato mummia.

- Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere 1832

È il dialogo tra un popolano e un uomo colto che cerca di far aprire gli occhi al venditore di almanacchi e di fargli capire che nella vita passata è stato maggiore il peso del male che quello del bene, e questa sua operazione è condotta con una sottile ironia. E questa ironia viene evidenziata quando l’uomo colto afferma che la vita è una cosa bella, Ma poco dopo afferma che “la vita è bella non è quella che si conosce ma quella che non si conosce quindi non la vita passata ma quella futura”. è lo stesso concetto che Leopardi aveva già espresso nel sabato del villaggio ovvero che: la felicità concessa all'uomo è la speranza nel futuro ignoto che si fonda sull'illusione che possa essere migliore del passato. Ironica e anche l'affermazione conclusiva “con l'anno nuovo comincerà la vita felice” affermazioni alla quale anche il filosofo, l'uomo colto, se vuol vivere deve condividere.

Domande da interrogazione

  1. Chi era Giacomo Leopardi e come si posiziona nel panorama letterario italiano?
  2. Giacomo Leopardi era un autore giovane e fuori dagli schemi, che pur essendo considerato un romantico, non rappresenta il romanticismo italiano in senso stretto. La sua opera si caratterizza per un "classicismo romantico", che fonde la nostalgia dei classici con un atteggiamento romantico, creando un nuovo modo di fare letteratura.

  3. Qual è stato il percorso di formazione di Leopardi e come ha influenzato la sua opera?
  4. Leopardi è stato istruito da precettori ecclesiastici e ha iniziato i suoi studi autonomamente già verso i dieci anni, chiudendosi nella biblioteca paterna. Questo periodo di "studio matto e disperato" ha influenzato profondamente la sua opera, portandolo a superare l'ambiente erudito in cui è cresciuto e a orientarsi "dall’erudizione al bello", grazie anche all'amicizia con Pietro Giordani.

  5. Quali sono i temi principali del pensiero di Leopardi?
  6. Il pensiero di Leopardi si fonda su un sistema di idee in evoluzione, al centro del quale si pone un motivo pessimistico: l'infelicità dell'uomo, causata dal desiderio di un piacere infinito e irraggiungibile. Questo pensiero sfocia in un pessimismo storico e, successivamente, in un pessimismo cosmico, che vede l'infelicità come una condizione assoluta e immutabile.

  7. Come si sviluppa la poetica del vago e indefinito in Leopardi?
  8. La poetica del vago e indefinito in Leopardi si basa sull'idea che, non potendo l'uomo raggiungere il piacere infinito nella realtà, può immaginarlo attraverso l'immaginazione. Questo si manifesta in tutto ciò che è vago e indefinito, stimolando l'immaginazione a costruire una realtà parallela, in cui l'uomo trova un'illusoria compensazione al suo bisogno di infinito.

  9. Quali sono le principali opere di Leopardi e come riflettono il suo pensiero?
  10. Tra le principali opere di Leopardi vi sono "Lo Zibaldone", il suo diario personale, e "I Canti", che raccolgono le sue poesie suddivise in piccoli idilli, grandi idilli e il ciclo di Aspasia. Queste opere riflettono il suo pensiero attraverso la teoria del piacere, la poetica del vago e indefinito, e il suo approccio al pessimismo storico e cosmico.

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