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Concetti Chiave

  • Giacomo Leopardi, nato a Recanati e morto a Napoli, visse un'infanzia anaffettiva e sviluppò una poetica basata sul pessimismo storico e cosmico, criticando la natura e la ragione umana.
  • I suoi scritti, come le Operette morali, riflettono una visione materialistica della vita, dove la natura è vista come nemica e l'uomo vittima di un ciclo meccanicistico di creazione e distruzione.
  • Leopardi attraversò un periodo di silenzio poetico, riprendendo poi con i Grandi Idilli, dove emerge una consapevolezza della vita che lascia spazio a toni più lucidi e riflessivi.
  • La ginestra rappresenta una metafora della resistenza umana contro la natura distruttiva, un simbolo di solidarietà e consapevolezza collettiva contro le illusioni ottimistiche del progresso umano.
  • Leopardi critica le illusioni ottimistiche della cultura dominante e religione, sottolineando l'importanza della solidarietà tra uomini per affrontare l'inevitabile infelicità della condizione umana.

Indice

  1. Giacomo Leopardi
  2. Il giardino del dolore, Zibaldone
  3. Dialogo della natura e di un islandese, Operette morali
  4. Plotino e Porfirio
  5. Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere
  6. Il passero solitario, 1829
  7. A Silvia, 1828
  8. La quiete dopo la tempesta, 1829
  9. Il sabato del villaggio, 1829
  10. A se stesso, ciclo di Aspasia
  11. La ginestra
  12. La civiltà della solidarietà ne La ginestra
  13. Significato simbolico del fiore della ginestra
  14. Tematiche de La ginestra

Giacomo Leopardi

Leopardi nasce a Recanati in un borgo selvaggio e muore a Napoli nella villa di Antonio Ranieri alle pendici del Vesuvio, dove aveva trovato ispirazione per scrivere La Ginestra. Il padre era un nobile erudito con una ricchissima biblioteca, mentre la madre Adelaide era molto cattolica e si impose su Giacomo. Visse un'infanzia anaffettiva. Dedicò i primi anni a uno studio matto e disperatissimo. Scrisse i Canti - piccoli idilli - caratterizzati dalla poetica del vago e dalla teoria del piacere. È nella fase di pessimismo storico: la è natura benevola, l'uomo e la ragione umana sono colpevoli dell'infelicità.
Nel 1822 va a Roma dallo zio Carlo Antici, dove la sua unica consolazione è il saluto che porge alla tomba di Tasso prima di tornare a casa. Comprende di essere destinato all'infelicità. Si dedica alla prosa e abbandona la poesia. Trova espressione nelle Operette Morali (1824) raccolte in un volume curato da Ranieri: sono contraddistinte da un tono satirico, ironico, distaccato di chi ha compreso la realtà della vita. Rappresentano la fase del pessimismo cosmico: l'uomo è vittima della natura, di un ciclo meccanicistico che crea e distrugge la materia. Gli individui si credono al centro dell'universo ma non lo sono. La natura è ora maligna e causa delle sofferenze umane, la ragione è l'unico mezzo per riconoscere la radice del male.
Dal 1822 al 1828 abbiamo un periodo definito di silenzio poetico, poiché scrisse soltanto le Operette Morali. La sua poesia risorse con la stagione poetica dei Grandi Idilli o Canti Pisano-Recanatesi. Ormai Leopardi aveva compreso l'inevitabilità del dolore e dell'infelicità. Scompaiono i toni tragici ed emergono toni che trasmettevano lucidità e consapevolezza di chi aveva compreso la vita.
Dal 1830 fu invitato a Firenze dove frequenta il salotto culturale animato da Fanni Tozzetti, di cui si innamorò e per cui scrisse il ciclo di Aspasia. Dopo questa delusione d'amore, Giacomo lasciò Firenze. Definisce l'amore inganno estremo, ultima delusione a cui lui ha creduto. Walter Binni lo definisce come un Leopardi eroico. Successivamente si reca a Napoli a villa Ferrigni, qui scrive le ultime canzoni sepolcrali e canti napoletani.

Il giardino del dolore, Zibaldone

Titolo ossimorico: giardino che dovrebbe portare gioia e invece provoca dolore. Per descrivere che "tutto è male" ricorre alla descrizione di un giardino che sembra un locus amoenus, ma in realtà è un locus horridus. Tutti gli esseri che ci vivono soffrono: l'ape uccide il giglio, la rosa appassisce, l'albero è infestato dal formicaio, una pianta è troppo secca, la donzelletta strappa l'erba, il giardiniere taglia gli alberi.

Dialogo della natura e di un islandese, Operette morali

La natura viene descritta sotto forma di una donna, una statua colossale. La figura dell'islandese è ispirata da un libretto di Voltaire che aveva come protagonista un uomo che viveva a diretto contatto con la natura. Egli chiede alla natura la ragione dei mali da cui non riesce a sfuggire. La natura viene definita come: nemica scoperta degli uomini, degli animali e di tutte le opere. Appare la visione della vita materialistica di Leopardi. L'uomo deve sottostare alla legge meccanicistica della natura. Leopardi esclude una provvidenza che governi il mondo e gli dia senso. L'islandese simboleggia l'umanità che non riesce a sfuggire alle leggi della natura nemmeno se il suo unico desiderio è quello di vivere una vita tranquilla, non riesce a trovare pace perché la natura lo perseguita. Il dialogo è schietto, egli ha un tono incalzante e pungente, ma la natura non sembra essere toccata da ciò, infatti si esprime a sua volta in risposte secche e mirate. Mostra il suo disinteresse nei confronti umani. Leopardi qui introduce il suo concetto di morte, con la quale ci si può liberare di tutte le sofferenze.

Plotino e Porfirio

Temi:
  • Suicidio;
  • conforto;
  • solidarietà;
  • sostegno reciproco.
I protagonisti sono due filosofi neoplatonici, Plotino è il maestro di Porfirio e si è reso conto che quest'ultimo vuole suicidarsi perché vede la morte come unica via di fuga dall'infelicità. L morte è liberatrice. Vuole suicidarsi per noia, che Leopardi considera come un sentimento del nulla; dato che nulla ha senso allora non serve neanche vivere. Plotino risponde che visto e considerato che la vita non ha significato, non ha nemmeno senso togliersi la vita e dovrebbe almeno avere un "istinto di conservazione", infatti egli cerca di fare leva sul suo senso d'animo, sulla compassione di causare sofferenza a chi lo ama.

Dialogo di un venditore di almanacchi e di un passeggere

Il venditore cerca di vendere calendari per l'anno nuovo, il passeggere è un possibile acquirente, quest'ultimo si cela dietro il poeta e rappresenta un uomo di pensiero che con varie domande cerca di interrogare l'interlocutore per aprire gli occhi sul carattere illusorio di ogni speranza futura. Il venditore invece, ripone le sue speranze nell'anno nuovo ma secondo Leopardi è una speranza inutile, poiché la vita non può portare felicità. Per scaramanzia il passeggere compra il calendario più bello e che costa di più.

Il passero solitario, 1829

È costruito tra la condizione del passero e del poeta. Il passero non soffre perché essere solitario è nella sua natura. Il poeta invece è consapevole di essere rimasto da solo, pertanto sa in futuro di rimpiangere la sua giovinezza. Si chiede cosa ne rimarrà dei suoi anni (non rimarrà nulla). Il tema è la solitudine del poeta messa a confronto con un ignaro passero solitario.

A Silvia, 1828

Scritto a Pisa, qui Leopardi è più sollevato moralmente poiché ha accettato l'inevitabilità del dolore, ma resta affascinato dalle illusioni. Tema-disincanto, poiché la luce (speranza di vita) si è spenta nel freddo della morte. Silvia sarebbe Teresa Fattorini, la figlia del cocchiere di casa Leopardi; è descritta come una giovane bella, vispa ma timida, "lieta e pensosa" gioiosa ma raccolta sempre nei suoi pensieri. "Salivi" apostrofe all'inizio ed anagramma di Silvia, che indica il legame che c'è tra la fanciulla e la soglia di gioventù, poiché stava per diventare adulta, ma muore prima. Nel testo viene prima descritta nel periodo di primavera: amava cantare e le piaceva lavorare al telaio ed egli sentendola cantare era felice e la vita gli appariva ricca di promesse. Con l'invettiva contro la natura, cambia registro e si chiede perché quest'ultima non mantenga mai le promesse. Silvia muore prima dell'inverno. Si conclude con Leopardi che si rivolge direttamente alla speranza, "mia lacrimata speme", ossia compianta poiché l'ha perduta per sempre. Leopardi non si uccide anche se vorrebbe, a causa dell'attrazione che prova per le illusioni giovanili. Silvia simboleggia la morte prematura e la caducità delle illusioni.

La quiete dopo la tempesta, 1829

Un temporale ha sconquassato un paese e la vita dopo riprende. Tutti tornano alle loro occupazioni; si riaccende la sintonia con la vita, ma questo è un sollievo illusorio (piacere figlio d'affanno). Quando la tempesta smette è come smettere di soffrire per un po'. Nella terza strofa leopardi sottolinea ironicamente come la natura cortese inganna i mortali, il piacere subentra alla paura e pare un gran guadagno, solo la morte però è in grado di risanare l'uomo dal dolore. Morte "beata"- tema della morte liberatrice.

Il sabato del villaggio, 1829

Si parla nuovamente del piacere illusorio che consiste nell'attesa della festa del sabato, delusa poi dall'arrivo della domenica. Questo idillio descrive tutto ciò che fanno i personaggi aspettando il sabato. Presenta un parallelismo con la fanciullezza che rappresenta il sabato della vita, mentre la vita adulta rappresenta la domenica. Nel finale Leopardi esorta il fanciullo a godere della giovinezza poiché vivrà una volta sola. Consiglia di non avere fretta di crescere poiché la realtà adulta porterà disillusione.

A se stesso, ciclo di Aspasia

Tema - disillusione amorosa dopo il rifiuto di Fanny Tozzetti. Dice che il mondo è fango, ossia una palude dove non cresce nulla per alimentare la vita. Egli si rivolge al proprio cuore e lo esorta a non avere più alcun sentimento. Inizia il Leopardi "eroico", poiché non soffre più e non si dispera ora che tutte le illusioni si sono manifestate. Si scaglia contro il potere della malvagia potenza della natura.

La ginestra

La ginestra, o il fiore del deserto, viene composta da Leopardi a Torre del Greco (Napoli) nella primavera del 1836 (ultimo anno di vita del poeta). Già nella citazione emerge la polemica contro le idee spiritualistiche dell'epoca e le utopie progressiste basate sulla concezione ottimistica nei lumi e sulla fiducia cieca nel progresso umano, ignorando la tragica condizione dell'uomo di fragilità e di impotenza.

La civiltà della solidarietà ne La ginestra

Leopardi delinea una nuova civiltà di uomini fra loro confederati basata su una nuova solidarietà che nasce dalla conoscenza del vero, in cui tutti gli uomini concordando sulla infelicità della propria condizione e sull'ostilità della natura nei confronti degli uomini, stabiliscano un'alleanza tra di loro per soccorrersi reciprocamente, considerato il fatto che l'inimicizia umana fa il gioco del nemico, cioè della natura. Il riferimento alla necessità di associarsi è chiaramente derivante dalla dottrina di Rousseau che sostiene che il meccanismo che ha dato origine alla civiltà è stato appunto la necessità di un'alleanza tra uomini per aiutarsi l'un l'altro.

Significato simbolico del fiore della ginestra

La scelta della ginestra da parte di Leopardi è legata al fatto che questo fiore rappresenta la tenera resistenza della vita di fronte alla forza distruttiva della natura. La ginestra è un fiore che ha la capacità di sopravvivere nelle condizioni naturali più impervie e in questa lirica la sua funzione è quella di rappresentare la coraggiosa e allo stesso tempo fragile resistenza nei confronti della natura matrigna.
La ginestra di Leopardi assume un carattere eroico: delicata e tenace, cresce sulle pendici del vulcano, attende senza illusorie prospettive di durata di essere distrutta dalla lava ed è consapevole e pronta a piegare il suo capo innocente sotto la forza della natura, senza viltà, senza orgoglio ingiustificato, senza mai reputarsi al centro dell'universo. La ginestra rappresenta la fragile condizione umana e diventa altresì simbolo dell'atteggiamento di Leopardi verso la vita, entrambi rassegnati e consapevoli della loro condizione esistenziale, ed entrambi dignitosamente impegnati a reagire dando conforto alla desolazione della vita, la ginestra attraverso il suo profumo ed il poeta attraverso la sua poesia.

Tematiche de La ginestra

Il tema centrale della lirica è la denuncia della infelicità costitutiva e non mutabile della condizione umana e la critica delle illusioni ottimistiche basate sull'apologia del progresso tecnologico-scientifico e sulle mitologie consolatorie della religione. È un errore negare lo stato delle cose e far riferimento a consolazioni fragili e inconsistenti, la realtà è piena di dolore e di rischi. Avere tutti consapevolezza dell'infelicità e della fragilità della propria condizione esistenziale consente agli uomini di individuare il vero nemico da combattere, la natura, contro la quale solo la solidarietà e il soccorso reciproco può portare ad una riduzione del dolore e dei rischi.
In diversi punti la lirica polemizza contro la cultura dominante e le credenze religiose che vedono l'uomo come centro del mondo e finalità del Tutto. Lungo tutta la lirica emergono i toni ironici e sarcastici.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'origine e il contesto familiare di Giacomo Leopardi?
  2. Giacomo Leopardi nasce a Recanati in un "natio borgo selvaggio". Suo padre era un nobile erudito che aprì una biblioteca, mentre la madre Adelaide era molto cattolica e si impose su di lui. Visse un'infanzia anaffettiva.

  3. Come si evolve il pessimismo di Leopardi nel corso della sua vita?
  4. Leopardi attraversa diverse fasi di pessimismo. Inizialmente, crede nella natura benevola e considera l'uomo e la ragione umana colpevoli dell'infelicità. Successivamente, adotta un pessimismo cosmico, vedendo l'uomo come vittima di una natura maligna e meccanicistica.

  5. Qual è il significato simbolico della "Ginestra" nella poesia di Leopardi?
  6. La "Ginestra" rappresenta la resistenza fragile e coraggiosa della vita contro la forza distruttiva della natura. Simboleggia la condizione umana e l'atteggiamento di Leopardi verso la vita, entrambi consapevoli e rassegnati alla loro esistenza.

  7. Quali sono le tematiche principali affrontate da Leopardi nelle sue opere?
  8. Leopardi affronta temi come l'infelicità costitutiva della condizione umana, la critica delle illusioni ottimistiche del progresso e delle mitologie religiose, e la necessità di solidarietà tra gli uomini per combattere la natura.

  9. Come Leopardi esprime la sua visione della natura nei "Dialoghi delle Operette Morali"?
  10. Nei "Dialoghi delle Operette Morali", Leopardi descrive la natura come una forza meccanicistica e maligna, nemica degli uomini e delle loro opere. L'uomo è visto come incapace di sfuggire alle leggi della natura, e la morte è considerata l'unica liberazione dalle sofferenze.

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