La poesia è stata scritta da Giacomo Leopardi nel 1819 e fa parte della raccolta ‘Canti’. E’ un idillio di 15 versi di endecasillabi sciolti. L’opera fa parte degli Idilli, piccoli quadretti di ispirazione greca. Leopardi stesso designò con il termine Idilli alcuni componimenti scritti tra il 1819 e il 1821 (L’infinito, Alla luna, La sera del dì di festa, Il sogno, La vita solitaria) caratterizzati dal linguaggio colloquiale e da tematiche intime e autobiografiche. Nel 1828, Leopardi li definì «espressione di sentimenti, affezioni, avventure storiche del suo animo».
L’infinito costituisce la rappresentazione di sensazioni massimamente poetiche in quanto capaci di suscitare l’immaginazione, che permette di rappresentarsi nella mente quel piacere infinito che non esiste nella realtà. Leopardi stesso, nello Zibaldone, annota che «il piacere infinito non si può trovare nella realtà, si trova così nell'immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni, ecc…». L’infinito coincide, insomma, con lo slancio vitale, con la tensione dell’uomo verso una felicità che non potrà mai raggiungere, perché si scontra inevitabilmente con i limiti imposti dalla vita umana: lo spazio, il tempo, la morte. La poesia può essere divisa in due parti.
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