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Concetti Chiave

  • I romanzi patriottici di Verga intrecciano temi politici e sentimentali, spesso con finali tragici o lieti, ambientati in contesti storici significativi come la guerra d'indipendenza americana e l'epopea della Carboneria.
  • Con l'unità d'Italia, Verga si adatta alle nuove tendenze letterarie scrivendo romanzi mondani che esplorano i sentimenti amorosi attraverso le esperienze di uomini e donne, spesso caratterizzate da passioni travolgenti e infedeltà coniugale.
  • La poetica verista di Verga si sviluppa attraverso l'adozione di tecniche narrative originali, come l'eliminazione del narratore onnisciente e l'uso del discorso indiretto libero, per rappresentare la realtà senza mediazioni.
  • Le novelle di Verga riflettono una visione disincantata della società, esplorando temi come la lotta per la sopravvivenza e l'egoismo umano, con protagonisti di diverse classi sociali che affrontano un destino spesso avverso.
  • Nei romanzi "I Malavoglia" e "Mastro don Gesualdo", Verga illustra la lotta per la vita e la ricerca di ricchezza, mostrando come il progresso e l'egoismo economico influenzino negativamente le relazioni umane e la felicità personale.

Indice

  1. Temi di Amore e Indipendenza
  2. Narrativa d'Intrattenimento e Amore
  3. Verga e il Naturalismo
  4. Novelle e Racconti di Verga
  5. Il Ciclo dei Vinti
  6. Il Mito del Progresso nei Malavoglia
  7. Mastro Don Gesualdo e la Borghesia
  8. Teatro e Ultime Opere di Verga

Temi di Amore e Indipendenza

Il tema politico della lotta per l’indipendenza e della libertà si intreccia, nei suoi primi anni di carriera, con quello sentimentale dell’amore puro giurato tra eroe ed eroina, è un sentimento contrastato che spesso ha un lieto fine, come in “Amore e patria” ma alcune volte va incontro ad un finale tragico con la morte di entrambe i protagonisti.

- Amore e Patria, si sviluppa sullo sfondo tardo settecentesco della guerra d’indipendenza americana;

- I Carbonari della montagna, racconta la sfortunata epopea di una banda di briganti affiliati alla Carboneria che sulle montagne della Calabria si batte contro i francesi di Murat, si mostra un odio viscerale contro i francese, il testo venne infatti composto all’indomani della firma dell’armistizio di Villafranca l’11 Luglio 1859, in cui Napoleone III aveva terminato la Seconda guerra di indipendenza italiana contravvenendo ai patti [nella figura di Corrado, l’eroe protagonista, ricorda “Il corsaro” di Byron e i “Masnadieri” di Schiller per la sete di giustizia];

- Sulle Lagune, affronta la questione delle terre irredente attraverso un fatto di cronaca dell’epoca, ossia il dramma di due giovani [lui ungherese ufficiale dell’imperial-regio esercito asburgico in Veneto, lei una ragazza di Treviso], che si erano tolti la vita lasciandosi annegare abbracciati di fronte all’impossibilità di dare seguito alla loro relazione;

Narrativa d'Intrattenimento e Amore

Con l’unità d’Italia, le richieste del pubblico letterario sempre più vasto cominciarono a dirottare verso una narrativa d’intrattenimento incentrata sugli eterni palpiti del cuore e Verga si adeguò a questa nuova tendenza con: Una peccatrice, Eros, Storia di una capinera, Eva e Tigre reale, rubricati sotto il titolo di “Bozzetti del cuore”. In tutti emergono costanti come l’amore inteso dal lato dell’esperienza maschile come passione travolgente ma superficiale, mentre dal lato femminile il sentimento può essere ricondotto a due tipologie principali: o come avviene nell’uomo all’abbandono totale dei sensi infrangendo ogni regola di pudore/legge morale, o dedizione e fedeltà fino allo struggimento [Maria in “Storia di una capinera” che viene monacata con forza si dispera di non poter sposare il giovane di cui è innamorata; Adele in “Eros” che viene data in sposa al cugino per poi essere tradita con Velleda fa sempre sua antagonista]. La donna viene sempre comunque concepita come completamente assorbita nella sfera dell’eros e quindi ostacolo alla lotta per la vita e distrazione per l’uomo, diventando “femme fatale”, questo porta però ad un rapporto consumato quasi esclusivamente in violazione dei vincoli coniugali.

Verga e il Naturalismo

Il successo della novella “Nedda” e lo sviluppo del Naturalismo francese, portarono Verga ad avvicinarsi ad un nuovo tipo di narrativa basata sulla descrizione veritiera del mondo, in particolare concentrandosi sulla vita dei lavoratori della terra nella sua regione natale; per fare ciò, decise di aggiornare la propria poetica sviluppando in maniera originale la tecnica naturalista:

- Il lettore viene catapultato dentro la vicenda, in mezzo a una folla di personaggi a lui sconosciuti;

- Verga rinuncia al ritratto dei personaggi, facendo capire il carattere attraverso le sue parole o i suoi comportamenti;

- Verga elimina la mediazione del narratore onnisciente per dare l’illusione di trovarsi immerso in una realtà che accade davanti a lui;

- Verga applica il canone dell’impersonalità estremizzandolo;

Lo scrittore aveva già manifestato a partire dalla Prefazione dell’amante di Raja, poi diventata “Amante di Gramigna”, come la mano dello scrittore dovesse rimanere invisibile di modo che l’opera potesse dare l’impressione di essersi scritta da sé, lo scrittore si eclissa dunque a favore di un narratore popolare omodiegetico, che è testimone diretto delle vicende. Verga ricorre inoltre al discorso indiretto libero per restituire al racconto tutta la verità e l’immediatezza della testimonianza colare.

Novelle e Racconti di Verga

Verga scrisse ben 8 novelle: Primavera e altri racconti, Vita dei campi, Novelle rusticane, Per le vie, Drammi intimi, Vagabondaggio, I ricordi del capitano d’Arce e Don Candeloro e C.i, e tutte per esigenze o richieste del mercato letterario:

- Nedda, venne pubblicata su “Rivista italiana di scienze, lettere ed arti” nel 1874 ed è la prima novella da lui scritta, e quella che lo portò ad abbandonare la materia mondana dei romanzi d’amore per consacrarsi a soggetti della sua Sicilia, anche se si dimostra ancora lontano dalla poetica dell’impersonalità dell’autore. La protagonista è un’umile raccoglitrice di olive rimasta sola al mondo dopo la morte della madre, conserva i tratti della giovane eroina romantica, la cui incontrollabile forza d’anima viene esaltata dalle tribolazioni che deve affrontare tra l’indifferenza ed il pregiudizio. Janu, il contadino che l’ha messa incinta, costretto a lavorare benché affetto da febbri malariche, muore cadendo da un olivo che sta potando. Respinta da tutti, Nedda si prodiga per crescere comunque la sua bambina nata rachitica e destinata a non sopravvivere a lungo;

- Vita dei campi, contiene altre otto novelle [Fantasticheria, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, Cavalleria rusticana, La lupa, L’amante di Gramigna, Guerra di santi e Pentolaccia] edite in ordine sparso a partire dal 1878 e pubblicate in un volume Treves del 1880. La rivoluzione consiste nell’eclissi del narratore onnisciente con un narratore popolare che esprime un punto di vista collettivo ma ostile al protagonista, messo costantemente in cattiva luce, perdendo qualsiasi attributo eroico in un mondo che obbedisce solo alle leggi brutali dell’egoismo non si può neanche concepire come qualcuno possa conservare un briciolo di bontà e chi insegue scopi diversi rispetto al proprio tornaconto, viene condannato come matto ed isolato. I protagonisti di queste novelle, ossia pastori, minatori e contadini, vivono in campagna, luogo ostile in cui vige la lotta per la vita con le sue regole spietate.

- Novelle Rusticane, comprende “Il reverendo”, “Cos’è il re”, “Don Licciu Papa”, “Il mistero”, “Malaria”, “La roba”, “Gli orfani”, “Pane nero”, “Storia dell’asino di San Giuseppe”, “I galantuomini”, “Libertà” e “Di là del mare”. I protagonisti non appartengono più soltanto alle classi umili, ma anche a quelle più abbienti a segnalare la maggiore articolazione di una società che vira al moderno e al borghese, in un’umanità cinica e devota all’interesse economico anche se a danni del debole. La natura riallinea però i destini, vendicandosi con la sua forza vendicatrice o con la diffusione di epidemie [eruzione dell’Etna in “Galantuomini”].

- Per le vie, anche questa raccolta è composta da 12 novelle [“Il bastione di Monforte”, “In Piazza della Scala”, “Al veglione”, “Il canarino del n-15”, “Amore senza benda”, “Semplice storia”, “L’osteria dei buoni amici”, “Gelosia”, “Camerati”, “Via crucis”, “Conforti” e “L’ultima giornata”] pubblicati su vari periodici prima di essere riunite in un unico volume. Qui Verga, dopo l’immersione delle campagne della sua isola, ritorna nell’ambiente cittadino anche se proietta qui la stessa visione disincantata del mondo, in “Per le vie” ad esempio, troviamo una società illusa di operai, venditori ambulanti, bambinaie, prostitute, garzoni ecc. perseguitati dalla fame e dalla sventura, che non sanno più a chi rivolgersi, se alla maga o ai numeri del lotto, per evitare la cattiva sorte, spesso troviamo infatti la ricerca di conforto nell’alcol o il coraggio di suicidarsi;

- Vagabondaggio, anche qui troviamo 12 novelle [“”], il filo che le collega va ricercato nel tema evocato dal titolo stesso: una società che vive un cammino perenne, per ricerca di lavoro, per fuga da una realtà ostile, o per “bramosia dell’ignoto”. Ma è anche un girovagare a vuoto, ogni posto precedente sembra sempre migliore e alla fine ci si ritorova al punto di partenza senza aver realizzato niente.

Il Ciclo dei Vinti

Nella novella “Padron ‘Ntoni” possiamo riconoscere il nucleo originario dei “Malavoglia”, la più compiuta illustrazione di questo ambizioso disegno è la prefazione del 1881 anche se le prime intenzioni si notano tre anni prima nella lettera del 21 Aprile 1878 all’amico Salvatore Paola Ventura, in cui il progetto appare delineato sia nell’idea di fondo che nel numero e l’argomento dei romanzi, con l’intenzione di formare un affresco di vita moderna dalle classe infime alle più altolocate. Il ciclo, ancora con il titolo di “La Marea” poi sostituito con “I vinti”, si doveva comporre di cinque romanzi:

1. “Padron ‘Ntoni” poi “I Malavoglia”

2. “Mastro don Gesualdo

3. “La duchessa di Gargantas” poi “La duchessa de Leyra

4. “L’Onorevole Scipione

5. “L’uomo di lusso

La scala sociale e i diversi ambienti che intende rappresentare vengono delineati in un’altra lettera per Emilio Treves del 19 Luglio 1889: ad esempio “Mastro don Gesualdo” tratta della piccola borghesia di provincia, “La duchessa di Gargantas” delle alte sfere di Palermo. I cinque romanzi avrebbero dovuto legarsi tra loro mediante la ripresa di alcuni personaggi in modo da formare un ciclo non solo tematico ma anche familiare: l’avvocato Scipioni dei Malavoglia è il protagonista del quarto romanzo, mentre la duchessa di Leyra non è altro che Isabella, figlia di Bianca Trao e don Ninì Rubiera, alla quale mastro don Gesualdo fa da padre legale. Nella prefazione come nell’intero romanzo Verga applica nella società leggi scientifiche sull’evoluzione della specie elaborate da Darwin, da cui riprende la lotta per la vita o struggle for life in cui “il pesce più grande mangia il pesce più piccolo” come in un continuo stato di guerra che accredita la tragica visione homo homini lupus di Hobbes. Questa lotta viene provocata dalla ricerca del meglio che alimenta l’evoluzione delle civiltà ed il progresso, che si paga però a caro prezzo con vittime di tutte le fasce sociali, il fato non risparmia nessuno. Dei 5 romanzi ne porta a termine solo due a causa di una difficoltà insormontabile di scrittura, rinunciando al narratore onnisciente, doveva infatti anche fare a meno dell’introspezione e quindi non poteva entrare nella coscienza dei personaggi e finchè si trattava di mettere in scena una piccola comunità di pescatori come nei Malavoglia, risultava relativamente facile renderne la psicologia in quanto limitata a sentimenti elementari. Tuttavia, procedendo nella scala sociale, la psicologia dei personaggi diveniva più complessa e sfuggente, piena di grovigli e sfumature, repressa per ragioni di pudore o galateo sotto la maschera della finzione.

Racconta le vicende accadute, all’indomani dell’Unita d’Italia, a una famiglia di pescatori siciliana che vive ad Aci Trezza, un piccolo villaggio marinaro alle estreme pendici dell’Etna in provincia di Catania, “Malavoglia” è solo un soprannome ? in quanto essi risultano registrati all’anagrafe con il cognome di Toscano. L’unico che si distoglie dalla fatica dei suoi familiari è il giovane ‘Ntoni, pigro e ricalcitrante ma eroe del romanzo in quanto portatore di valori e speranze in aperto conflitto con le regole di vita tramandate da generazioni. L’interesse economico è il motore principale del romanzo e coinvolge tutti gli abitanti del villaggio, dove le persone valgono in misura della loro ricchezza: finché i protagonisti hanno la barca e la casa, sono riveriti e stimati tanto da chiamare il vecchio “padron”, quando invece perdono tutto, le gente si allontana da loro ed è per questo che il chiodo fisso di ‘Ntoni è quello di riacquisire le ricchezze della famiglia. Dunque si nota un elevato egoismo morale: “ogni galantuomo deve pensare prima agli affari propri”, “tu non ti impicciare in faccende che non ti riguardano”, non si può davvero parlare di coralità in quanto viene evidenziata la completa estraneità degli altri, neppure sfiorati da sentimenti di commiserazione.

Il Mito del Progresso nei Malavoglia

L’intero romanzo ruota intorno ad un motivo principale, ossia l’attrattiva devastante esercitata dal mito del progresso su un giovane che non accetta di dover faticare per soddisfare i bisogni materiali, mostrando un’insofferenza crescente nei confronti del duro mestiere del pescatore al suo ritorno dopo il servizio militare. A Napoli era infatti rimasto affascinato dalla facile ricchezza, osservando una lieve invidia per la gente spensierata e oziosa, vedendo poi due giovani che si erano imbarcati in cerca di fortuna tornano in paese con le tasche piene di soldi, arricchirsi diventa il suo chiodo fisso. Intraprende dunque un percorso di formazione lontano dalla famiglia i cui dettagli non vengono raccontati da nessuno, ma siamo certi che sia finito con un totale fallimento: il narratore ci informa infatti che ‘Ntoni torna a casa “di notte, senza scarpe, lacero e pezzente” ma ciò non gli basta e quindi intraprende la via del contrabbando ma anche qui termina male. Lui è per autonomasia il vinto, colui che è stato travolto dalla fiumana del progresso ed è in essa annegato senza possibilità di salvezza, in questo senso si potrebbe dire che vive un processo di de-formazione. La sua colpa consiste nel peccato dell’Hybris ossia la presunzione di sfuggire al fato, lui non si accontenta della sua vita e tenta di eccedere oltre i suoi limiti andando incontro all’ideale dell’ostrica, il nonno dei Malavoglia è il portavoce di una visione immobile e statica del mondo secondo la quale i suoi successori non potranno fare altro che diventare pescatori [saggezza popolare, lui parla infatti attraverso proverbi] e Verga cela il suo pessimismo in questa figura. Come l’ostrica attaccata allo scoglio, l’uomo deve accettare il proprio destino e non allontanarsi dal luogo natale: il riscatto della casa del nespolo da parte di Alessi, l’ultimo maschio della famiglia che vi torna ad abitare con moglie e figli, assicura la reintegrazione della stirpe nel suo alveo secolare. Ritroviamo un’unita di luogo, in quanto la maggior parte delle vicende trova posto ad Aci Trezza, ciò non impedisce che alcuni episodi accadano fuori però: Luca muore nella battaglia navale di Lissa, Ntoni fa il militare a Napoli, ma proprio il mistero che avvolge il conto dell’odissea del giovane è dovuto alla restrizione del campo attuata da Verga, sappiamo solo quanto ci riferiscono gli abitanti, ed il narratore non si sposta mai da Aci Trezza.

La gestualità e le pose dei personaggi sono sempre teatrali: esprimono a rabbia dandosi pugni in testa o si commuovono piangendo come vitelli, facendo ciò Verga ci mostra una psicologia in azione e crea ritratti di personaggi dal vivo tenendo conto di effetti di colore locale. Ad esempio inserisce certe usanze [come il fidanzamento, dopo il quale la donna non indossa più lo spadino d’argento nei capelli] e tratti tipici della cultura meridionale come le ripercussioni sulla famiglia in caso di perdita dell’onore, tutto accentuato dai proverbi e dai soprannomi spesso di lettura ironico-grottesca [zio Crocifisso è in realtà un usuraio che si atteggia a martire e si lamenta come “un Cristo in croce"]. Dal punto di vista linguistico però, tendeva ad evitare l’uso di dialetti per mantenere la sua nomea di autore nazionale anche se spesso inserisce parole intraducibili del luogo, come “sciara” che significa la crosta formata sul suolo dai torrenti di lava dell’Etna, ed il tempo imperfetto che implica durata e ripetizione a differenza del passato remoto. Utilizza dunque un linguaggio colloquiale pieno di locuzioni idiomatiche o sgrammaticature:

- “Che” polivalente: cantavano la litania che era una festa per ogni dove;

- Pronome pleonastico: la gente gli rideva sul muso allo zio Crocifisso;

- Frasi foderate, nelle quali una parte iniziale viene ripetuta alla fine: ci vuole la terra al sole, ci vuole;

Mastro Don Gesualdo e la Borghesia

È il secondo romanzo del ciclo dei Vinti e segna la parabola del self-made man, Gesualdo Motta è infatti un muratore che grazie alle ricchezze accumulate inizia una rapida discesa sociale salvo poi morire solo nell’indifferenza generale, in un contesto in cui è chiaro l’urto tra due mentalità inconciliabili come quella aristocratica e quella borghese. La prima si fonda infatti sul prestigio delle origini, mentre la seconda fa leva sulla moltiplicazione imprenditoriale della ricchezza, l’una è immobilistica perché trae la propria legittimazione dal passato e dalla trasmissione ereditaria dei titoli, l’altra è dinamica perché mira a una redistribuzione dei beni e delle risorse sulla base delle capacità di farli fruttare. L’aristocrazia è rappresentata da Bianca, don Diego e don Ferdinando Trao, che rivendicano la ricchezza per diritto di nascita come si nota nello stemma della famiglia “virtutem a sanguine traho” ossia “traggo virtù dal mio sangue” essi sono estenuati nel fisico e deboli di cervello, non si dedicano ad alcun lavoro. Gesualdo invece incarna la figura moderna e attivistica dell’imprenditore, capace di monopolizzare il mercato, egli obbedisce solo alla religione della roba con una dedizione estrema alle proprie attività, controllo diretto, rinunce e sacrifici. Ma alla fine tutto torna al punto di partenza, le ricchezze che il protagonista ha infatti sottratto all’aristocrazia parassitaria, ritorneranno a loro perché a godere della sua fortuna sarà il duca di Leyra, suo genero. La sconfitta principale del protagonista, ciò che lo rende realmente un vinto, si situa nell’ambito della soddisfazione esistenziale, quindi della felicità, le sue immense ricchezze gli procurano infatti invidia e ingratitudine: la religione della roba e la ricerca del benessere emotivo sono incompatibili. Questo è rappresentato anche dalla malattia che lo divora, ossia il cancro allo stomaco, simbolo dei tanti bocconi amari ingoiati nel corso degli anni; nel suo mondo non c’è posto per passioni.

- I ricordi del capitano d’Arce, descrivono il mondo frivolo e brillante dei salotti che aveva sperimentato l’autore, le prime sette novelle del libro sembrano capitoli di uno stesso romanzo, tenuti insieme dalla ripresa degli stessi personaggi e filone narrativo, quello del capitano che rievoca gli amori di Ginevra Salerio;

- Don Candeloro e C.i; 12 novelle che sono il trionfo dell’autoinganno, i personaggi diventano delle vere e proprie marionette che recitano in un mondo-teatro;

Teatro e Ultime Opere di Verga

Verga scrisse anche alcune novelle per il teatro [“Cavalleria rusticana”, “Il canarino del n.15” che diviene il dramma “In Portineria” e “La lupa”], dando vita ad un tipo di spettacolo verista. “Dal tuo al mio” è invece la sua ultima fatica letteraria nata come dramma in tre atti poi diventata anche romanzo, è l’opera politica di Verga in cui affronta i temi delle lotte sociali e del trionfo della borghesia: una delle due figlie di un barone siciliano caduto in disgrazia, decide di sposare contro la volontà del padre, un capomastro sobillatore rappresentante dei minatori affamati, ma quando questi minacciano di appiccare il fuoco alla miniera durante uno sciopero, il loro portavoce depone le proprie idee socialiste e punta il fucile per difendere la dote della moglie ossia la zolfatara. Verga vuol far intendere che le lotte sociali non mirano ad abbattere la proprietà privata, ma muovono dal desiderio di acquisirla e che dunque, in fondo a tutti c’è un borghese teso al possesso.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono i temi principali trattati nelle opere di Verga?
  2. Le opere di Verga trattano temi di amore e indipendenza, narrativa d'intrattenimento e amore, il naturalismo, e la lotta per la vita, spesso con un focus sulla società siciliana e le sue dinamiche sociali ed economiche.

  3. Come si manifesta il naturalismo nelle opere di Verga?
  4. Verga adotta il naturalismo attraverso la descrizione veritiera del mondo, eliminando la mediazione del narratore onnisciente e utilizzando il discorso indiretto libero per restituire verità e immediatezza alle sue storie.

  5. Cosa rappresenta il "Ciclo dei Vinti" e quali romanzi lo compongono?
  6. Il "Ciclo dei Vinti" rappresenta un affresco della vita moderna attraverso diverse classi sociali, composto da cinque romanzi: "I Malavoglia", "Mastro don Gesualdo", "La duchessa de Leyra", "L'Onorevole Scipione", e "L'uomo di lusso", anche se solo i primi due furono completati.

  7. Qual è il significato del mito del progresso nei "Malavoglia"?
  8. Nei "Malavoglia", il mito del progresso rappresenta l'attrattiva devastante della ricchezza facile, che porta il giovane 'Ntoni a un fallimento totale, illustrando la lotta per la vita e la sconfitta di chi tenta di sfuggire al proprio destino.

  9. In che modo Verga rappresenta la borghesia in "Mastro Don Gesualdo"?
  10. In "Mastro Don Gesualdo", Verga rappresenta la borghesia attraverso il protagonista Gesualdo Motta, un self-made man che accumula ricchezze ma muore solo e insoddisfatto, evidenziando il conflitto tra mentalità aristocratica e borghese e l'incompatibilità tra la ricerca della ricchezza e la felicità personale.

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