Concetti Chiave
- "La Lupa" di Giovanni Verga narra con realismo la storia di una donna "mangiatrice di uomini", sfumata in un contesto quasi atemporale e magico.
- La protagonista, chiamata "la Lupa", è una figura seduttrice che sconvolge la comunità, ignorando le norme sociali e suscitando paura tra le altre donne.
- Il racconto esplora la forza dirompente degli istinti e dell'eros, evidenziando l'impotenza degli uomini di fronte a una seduttrice irresistibile.
- Verga confronta la Lupa con le seduttrici dei suoi romanzi mondani, sottolineando la diversità del contesto sociale e l'attrazione irresistibile che esercita.
- Attraverso una varietà di stili narrativi, Verga costruisce un linguaggio dinamico che potenzia il fascino e la complessità dei personaggi e della trama.
Indice
La Lupa
È uno dei racconti più noti del Verga verista. La vicenda della donna “mangiatrice di uomini” viene narrata con una dose di realismo molto alta (Capuana riferisce di aver conosciuto personalmente la protagonista nelle campagne intorno all’Etna), ma allo stesso tempo l’autore sfuma i fatti portandoli quasi fuori dal tempo e dallo spazio, come avviene nelle storie di streghe e di incantesimi della tradizione popolare.
Temi
-il predominio degli istinti e della passione- la solitudine e l’estraneità della protagonista
- un mondo popolare e “primitivo”
Protagonista della novella è una donna che tutti chiamano «la Lupa», poiché seduce senza scampo e senza distinzione ogni uomo della comunità. La vicenda inizia quando durante la mietitura la Lupa conosce Nanni, un giovane e prestante contadino. La donna gli rivela il proprio desiderio, ma l’uomo si nega e dice di preferirle sua figlia Maricchia. Questa non vorrebbe Nanni, ma la madre la obbliga a sposarlo e rimane a vivere con loro. Approfittando della quotidiana vicinanza, la Lupa riesce a conquistare anche il genero. Maricchia scopre la tresca e denuncia la madre alle forze dell’ordine: nessuno, però, può resistere all’ostinazione della Lupa. Emarginato dai compaesani a causa della relazione con la suocera, Nanni le prova tutte, compresa la penitenza religiosa, per allontanare da sé la donna. Disperato, nell’ultima sequenza della novella, il giovane va incontro alla Lupa con una scure, determinato a ucciderla; la donna, davanti all’uomo minaccioso, non arretra di un passo. Verga lascia aperto il finale: forse Nanni sferra davvero il colpo, o forse no. Le ultime parole che l’uomo balbetta sono ambigue: potrebbero riferirsi all’uccisione della Lupa, così come all’ennesima resa davanti al fascino della suocera.
Una seduttrice lontana da ogni regola e schema
Già prima di ammaliare Nanni, la gnà Pina aveva sedotto un numero imprecisato di uomini, compresi padri di famiglia e sacerdoti. Ha quindi un ruolo destabilizzante per la comunità del villaggio: le altre donne la temono perché porta scompiglio nelle case e rovina i matrimoni («si spolpava i loro figliuoli e i loro mariti in un batter d’occhio», r. 8). Che la Lupa sia un personaggio fuori dagli schemi lo si capisce anche dal fatto che nelle ore più calde della giornata, mentre le altre donne se ne stanno ritirate in casa, lei se ne va in giro, lavora nei campi come e meglio degli uomini, senza stancarsi mai. A fotografare la sua diversità è il proverbio, ripetuto come un ritornello dal narratore popolare e da Nanni, «In quell’ora fra vespero e nona, in cui non ne va in volta femmina buona» (rr. 59-60).
Il confronto con le seduttrici dei romanzi mondani
La ragione fondamentale della diversità della Lupa consiste nella dirompente pulsione erotica a cui la donna obbedisce ciecamente, incurante di qualsiasi regola sociale o sentimento, fosse pure l’amore materno. Per diversi aspetti la Lupa ricorda altri personaggi femminili della precedente narrativa mondana di Verga (per esempio Narcisa Valderi di Una peccatrice), con i quali ha in comune la capacità di attrarre irresistibilmente gli uomini. Con le seduttrici cittadine delineate in precedenza da Verga la gnà Pina condivide anche i tratti fisici (l’altezza, la magrezza, il «petto prepotente», le «labbra rosse» in contrasto con il pallore del viso). Diverso però è il contesto narrativo in cui agisce: la seduzione della Lupa non viene più esercitata nelle eleganti sfere della società alto-borghese, ma in un ambiente sociale più basso e “primitivo”. In ogni caso, l’attrazione della donna fatale ( femme fatale in francese) risulta irresistibile; contro di essa non c’è rimedio o esorcismo che tenga. L’uomo (in questo caso Nanni) non può che esserne vittima.
Il trionfo dell’eros
Il narratore popolare spiega la potenza seduttiva della Lupa chiamando in causa le forze più segrete e potenti della natura. Fin dall’inizio la paragona a un diavolo («satanasso», r. 10) e lungo tutta la novella la dipinge come una strega ammaliatrice (Nanni si dice vittima di un «incantesimo», r. 119) o addirittura come il demonio in persona («prima che il diavolo tornasse a tentarlo», r. 112). Basta uno sguardo alla Lupa, «con quegli occhi da spiritata» (r. 52), per conquistare la sua preda. Nessuno può resisterle: i rimedi a metà fra religione e superstizione (il segno della croce, lo scapolare, le messe votive alle anime del purgatorio, le pubbliche penitenze) risultano impotenti di fronte a lei. Il narratore popolare tende, come è consuetudine in Vita dei campi, a scaricare tutte le colpe sulla protagonista e ad assolvere i compaesani che si sono lasciati soggiogare: di fronte a una creatura diabolica, davanti alla sua forza soprannaturale, essi non possono far nulla. Ma questa è una spiegazione parziale, che minimizza e occulta le responsabilità maschili. In Verga il punto di vista del narratore popolare – lo abbiamo già visto in Rosso Malpelo – è sempre tendenzioso; vuole coprire verità difficili da rivelare apertamente. In questo caso, la verità nascosta (ma ben radicata nelle convinzioni di Verga) è che il matrimonio non può soddisfare le forze dell’eros, le quali devono quindi sfogarsi al di fuori di esso.