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Habilis
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Indice

  1. Una dichiarazione di poetica: la prefazione all’Amante di Gramigna
  2. Il prevalere dei fatti sulla narrazione
  3. Il ruolo dell’autore Ridimensionato
  4. La conversione al vero
  5. La novità di Vita dei campi

Una dichiarazione di poetica: la prefazione all’Amante di Gramigna

Oltre che grande scrittore, Verga è un acuto teorico dell’arte letteraria. Per questo, ai racconti di Vita dei campi accompagna un’importantissima pagina di poetica, che fa da premessa alla novella L’amante di Gramigna, uscita per la prima volta nel febbraio 1880 su una rivista letteraria milanese diretta da Salvatore Farina. Inviando la novella a Farina, Verga la correda di una prefazione, nella quale espone con chiarezza il programma teorico del suo Verismo.

Il prevalere dei fatti sulla narrazione

Verga afferma, anzitutto, di avere «raccolto» (r. 2) il racconto che si accinge a narrare per strada, lungo i «viottoli dei campi» (r. 2), e di volerlo riferire «press’a poco colle medesime parole semplici e pittoresche della narrazione popolare» (rr. 2-3). Si tratta del presupposto fondamentale del nuovo linguaggio verista: lo stile non proviene dall’autore; è (o deve sembrare) costruito e parlato dai personaggi stessi. In secondo luogo, Verga sottolinea che il fatto in sé conta di più rispetto al modo in cui l’autore lo narra. Promette dunque al lettore che si troverà «faccia a faccia col fatto nudo e schietto» (r. 4), senza abbellimenti né rielaborazioni intellettuali, poiché quel «semplice fatto umano» narrato fedelmente dallo scrittore «avrà sempre l’efficacia dell’essere stato» (rr. 6-7). Il fatto reale, poiché accaduto, è in sostanza più persuasivo di ogni invenzione.

Il ruolo dell’autore Ridimensionato

Se il fatto prevale sulla narrazione e va riportato così com’è, allora il ruolo dell’autore viene inevitabilmente ridimensionato: «la mano dell’artista rimarrà assolutamente invisibile» (rr. 11-12), dice Verga. Invisibile non significa però inesistente: un autore è pur sempre necessario, ma non si deve più vedere, deve cioè rimanere nascosto e scomparire; solo così, per Verga, «l’opera d’arte sembrerà essersi fatta da sé» (rr. 12-13). Lasciando che a parlare siano le cose, Verga applica il principio chiave del Naturalismo francese: l’assoluta oggettività e impersonalità dell’arte.

La conversione al vero

Il pubblico dei lettori accoglie con favore la novità di Nedda e alla fine del 1874 l’editore Brigola ristampa l’opera in volume, che ottiene un imprevisto successo. Per Verga si tratta di un incoraggiamento importante, anche se, come abbiamo visto, egli sta contemporaneamente lavorando agli ultimi romanzi mondani (Tigre reale ed Eros escono infatti nel 1875). Tuttavia, la sua conversione al Verismo, come i critici l’hanno definita, si è ormai avviata. È bene ricordare che non si tratta di una svolta improvvisa, ma preparata dai lunghi dialoghi con gli amici letterati Luigi Capuana (conosciuto a Firenze) e Felice Cameroni, con i quali da tempo discute su come e perché fare letteratura. Su suggerimento di Capuana, Verga legge il romanzo di Émile Zola L’assommoir (L’ammazzatoio, 1877), che lo indirizza verso una narrativa incentrata su esistenze comuni e sfondi di vita quotidiana: la stessa già sperimentata in Nedda.

La novità di Vita dei campi

Questa riflessione ritorna nelle successive opere di Verga: Primavera e altri racconti (1876), ancora oscillante, però, tra vecchio e nuovo stile; e soprattutto le otto novelle di Vita dei campi (1880). In esse Verga non vuole impietosire i lettori né accontentarne la superficiale curiosità verso l’insolito e pittoresco mondo siciliano; elimina quindi quei commenti patetici e quei giudizi espliciti del narratore che ancora affioravano in Nedda. Inoltre scompaiono le descrizioni del paesaggio e i ritratti dei personaggi, tutti elementi che sembravano necessari in un racconto tradizionale. Basta, adesso, il «fatto nudo e schietto» (così leggiamo nella prefazione di una delle novelle della raccolta, L’amante di Gramigna), la vita di protagonisti primitivi, colti da un narratore che ne esibisce la cruda, quasi offensiva, verità (offensiva per l’opinione pubblica che ne ignora o finge di ignorarne l’esistenza). Nessuna ricercatezza letteraria è più possibile. Nei racconti di Vita dei campi la conversione al Verismo appare pienamente compiuta.

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