Concetti Chiave
- Il poema "Non pianger più" di Gabriele D'Annunzio esplora il ritorno del poeta al nido familiare, tra simboli di disfacimento e il desiderio di recuperare l'innocenza.
- Il tema centrale è il tentativo di rinascita spirituale attraverso un simbolico rito di purificazione, ma emerge il dubbio sulla sincerità di questa trasformazione.
- La madre del poeta è rappresentata come una figura eterea e sacerdotale, ma la mancanza di dialogo suggerisce una connessione immaginaria.
- L'uso di espedienti stilistici come anafore, anadiplosi e pause conferisce al testo un tono colloquiale e una melodia estenuata.
- Il componimento è caratterizzato da una tecnica raffinata che crea un'atmosfera di incanto e sortilegio, evidenziando il potere dell'arte di D'Annunzio.
Indice
Ritorno al nido familiare
Il giardino appassito, le viole sfatte, le stanze vuote, le tende scolorate (v. 53), un vecchio cembalo: sono piccole cose abbandonate ad accogliere il poeta, figliol prodigo atteso dalla madre ormai pallida e sfiorita. Una stagione ambigua e velata sembra complice di questo ritorno al nido familiare: è settembre, sì, ma l'aria ha la molle dolcezza della primavera, benché di una primavera dissepolta (v. 44) e di un april defunto (v. 40).
Simboli di disfacimento e rinascita
Ovunque campeggiano segni di morte, trame di oggetti consunti che ricordano il precipitare lento delle cose e dei ricordi verso il nulla: il recupero dell'innocenza che l'io lirico insegue, promettendo alla madre di tornare buono e pio dopo tante falsità e ipocrisie, si scontra con il dilagare della decadenza e con i simboli di disfacimento che pervadono il componimento. E possibile dunque rifiorire davvero? Ora che la città, la mondanità e le sue tentazioni sono lontane, c'è da credere alla conversione spirituale del poeta? Le allusioni religiose estetizzanti ci inducono a sospettare della sincerità di questa regressione all'infanzia: la madre assume la funzione di sacerdotessa di un rito; è lei che offre al figlio la comunione di un'ostia rigeneratrice.
Dialogo immaginato tra madre e figlio
Ma tra i due, in realtà, non c'è dialogo: il poeta, che le assicura di essere cambiato (e per questo, le chiede di non pensare più a le cattive cose, v. 26), le domanda se lo sta capendo (Di': l'anima tua m'intende?, v. 38), ascoltando (di', l'anima tua m'ascolta?, v. 41) o almeno sentendo (m'odi tu?, v. 55). In fondo, la presenza della donna è eterea, forse solo immaginata (è un'anima, v. 29, più che una creatura in carne e ossa), mentre piano piano la figura dell'io poetico, in un primo momento distanziata dalla terza persona, diventa l'unico elemento dominante (io parlo, v. 28; lo metterò, v. 31; lo vivrò, v. 33).
Rito di purificazione e rinascita
Il miracolo egli ci dice alla fine si compirà: il rito della purificazione avverrà per mezzo dell'acqua che monda i peccati, secondo una precisa simbologia liturgica e sacramentale.
Ma la cerimonia della rinascita non può che essere officiata con i soli strumenti che d'Annunzio conosce e sublima: la parola, la musica (grazie al cembalo, memoria del clima domestico che fu) e la poesia, prodotta da una grazia che sia vaga e negletta alquanto (v. 64).
Ambiguità formale e artifici poetici
Come il contenuto, anche l'aspetto formale del testo ha molto di ambiguo. L'abbassamento di tono e di registro è ottenuto attraverso molteplici espedienti: la quotidianità del lessico, il ritmo colloquiale scandito da frasi brevissime e dalla punteggiatura che interrompe il fluire del discorso, l'ossessiva presenza delle figure di ripetizione come anafore (vv. 3-5; vv. 7-13; vv. 9-10; vv. 30-32; vv. 33-37) e anadiplosi (vv. 23-24; vv. 28-29; vv. 29-30) che danno al componimento l'andamento della cantilena, la frequenza delle interrogazioni e delle forme esortative (Non pianger più, v. 1; Vieni, usciamo, vv. 3 e 5; Sogna, sogna!, v. 33;
Sogniamo, v. 45; Sorridiamo, v. 46), le forti pause che spezzano il verso in diversi periodi conferendo all'endecasillabo il ritmo modesto della conversazione.
Tecnica poetica e atmosfera di malia
Questi artifici tuttavia non sono l'effetto di una poetica spontanea o immediata: al contrario, essi sono il frutto di una tecnica finalizzata a generare una melodia estenuata che trasmetta la sensazione di una voluttuosa convalescenza. Le continue riprese, le simmetrie e i parallelismi rintracciabili nella lirica (dal pallore della madre, su cui il poeta indugia nella prima e nella sesta strofa, all'insistenza sul tema della rinascita, che innerva tutto il componimento) contribuiscono a creare un'atmosfera di malia e di arcano sortilegio: la bontà e l'innocenza sono immersi inevitabilmente nella dimensione, favolosa ma anche fittizia, della letteratura. Al potere dell'arte d'Annunzio non rinuncia neanche ora.
Domande da interrogazione
- Quali sono i simboli di disfacimento e rinascita presenti nel testo?
- Come viene descritto il dialogo tra madre e figlio?
- Qual è il significato del rito di purificazione e rinascita nel testo?
- In che modo l'ambiguità formale e gli artifici poetici influenzano il testo?
- Qual è l'atmosfera generale creata dalla tecnica poetica nel testo?
Il testo presenta simboli di disfacimento come il giardino appassito e le viole sfatte, che rappresentano la decadenza, mentre la rinascita è simboleggiata dal ritorno al nido familiare e dalla promessa di recupero dell'innocenza.
Il dialogo tra madre e figlio è immaginato e unidirezionale, con il poeta che si rivolge alla madre chiedendo se lo comprende, mentre la presenza della madre è eterea e forse solo immaginata.
Il rito di purificazione e rinascita è simbolico e avviene attraverso l'acqua che monda i peccati, rappresentando una cerimonia officiata con la parola, la musica e la poesia.
L'ambiguità formale e gli artifici poetici, come l'uso di anafore e anadiplosi, creano un ritmo colloquiale e una melodia estenuata che trasmettono una sensazione di convalescenza voluttuosa.
La tecnica poetica genera un'atmosfera di malia e arcano sortilegio, dove bontà e innocenza sono immerse in una dimensione favolosa ma fittizia, esaltando il potere dell'arte di d'Annunzio.