martinedda5
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Concetti Chiave

  • Montale, nato a Genova nel 1896, ha avuto una vita ricca di esperienze tra letteratura, musica, critica e traduzione, culminata con il Premio Nobel per la letteratura nel 1975.
  • "Gli ossi di seppia" riflette una visione pessimistica della vita, utilizzando il correlativo oggettivo per trasmettere il male di vivere attraverso descrizioni naturalistiche.
  • La poesia "Non chiederci la parola" esprime l'incertezza umana, con un focus sulla negatività e l'incapacità di comprendere pienamente la realtà.
  • In "Spesso il male di vivere", Montale utilizza il correlativo oggettivo per rappresentare il dolore esistenziale e la divina indifferenza attraverso immagini naturali e simboliche.
  • "La bufera e altro" affronta temi storici e politici della Seconda Guerra Mondiale, con uno stile più discorsivo e una visione che include speranza e solidarietà.

Indice

  1. Infanzia e Formazione di Montale
  2. Carriera Letteraria e Critica
  3. Vita a Firenze e Resistenza
  4. Trasferimento a Milano e Premi
  5. Temi di "Ossi di Seppia"
  6. Descrizione Naturalistica e Pessimismo
  7. Stile e Tecnica di Montale
  8. Analisi di "Meriggiare Pallido e Assorto"
  9. Interpretazione di "Non Chiederci la Parola"
  10. Correlativo Oggettivo in Montale
  11. Temi di "La Bufera e Altro"
  12. Analisi di "Il Sogno del Prigioniero"
  13. Stile e Temi di "Satura"
  14. Analisi di "Ho Sceso Dandoti il Braccio"

Infanzia e Formazione di Montale

Nasce a Genova nel 1896, la famiglia era agiata, il padre era un imprenditore e aveva una villa nelle 5 terre, a Monterosso.

Montale conserva un ricordo molto intenso di questa villa dove trascorreva le vacanze estive. Montale compì studi tecnici e si diplomò come ragioniere, ma la sua passione era soprattutto la musica e il canto dove era molto dotato, oltre ovviamente alla letteratura.

Carriera Letteraria e Critica

Nel 1917 si arruolò ma questo evento non lo colpì particolarmente. Dopo la guerra tornò a Genova e cominciò a scrivere poesie che poi furono pubblicate con il titolo “Ossi di seppia”, oltre allo scrivere poesie si dedicò anche alla critica letteraria e un suo scritto fece conoscere e apprezzare Italo Svevo e la sua opera “La coscienza di Zeno”. L’altra sua attività fu di traduttore, soprattutto di poeti inglesi, in particolare di Eliot.

Vita a Firenze e Resistenza

Nel 1927 si trasferì a Firenze dove diventò direttore del Gabinetto Vieusseux che diresse per 11 anni, fino al 1938 quando si rifiutò di prendere la tessera fascista e fu licenziato. Nel 1939 conobbe e si innamorò di Drusilla Tanzi detta La Mosca, che fu la donna della sua vita e la sposò solo nel 1962.

Durante la seconda Guerra mondiale, Montale partecipò alla resistenza e si iscrisse al partito d’azione e fece parte anche della commissione culturale del CLN. In questo periodo aiutò anche alcuni amici ebrei come Umberto Saba, nascondendolo in casa sua.

Trasferimento a Milano e Premi

Dopo la seconda guerra mondiale si trasferì a Milano dove collaborò attivamente con la pagina culturale del Corriere della Sera, continuò a scrivere e nel 1956 pubblicò una raccolta intitolata “La bufera e altro” in cui ci sono poesie di impegno politico, infatti come bufera si identifica la seconda guerra mondiale.

Nel 1963 morì la moglie e nel 1967 venne nominato senatore a vita e nel 1975 ricevette il premio Nobel per la letteratura. Morì a Milano nel 1981.

Temi di "Ossi di Seppia"

Questa prima raccolta di Montale è stata pubblicata nel 1925. Il titolo è già indicativo perché gli ossi di seppia sono oggetti molto semplici che fanno parte di un essere vivente nel mare ma quando arrivano sulla spiaggia sono morti. Il primo aspetto di questa raccolta è quindi la semplicità, il descrivere azioni quotidiane. La terra diventa un luogo di negatività, di morte, di angoscia e si contrappone al mare che è un simbolo di vitalità, autenticità.

Descrizione Naturalistica e Pessimismo

In “Ossi di seppia” ci sono soprattutto descrizioni naturalistiche, ovvero descrizioni di oggetti, anche se non è una poesia descrittiva, perché dietro questi oggetti si trovano dei concetti. Questo procedimento viene chiamato dai critici correlativo oggettivo, cioè gli oggetti sono correlati, avvicinati a dei sentimenti e il sentimento più significativo è il male di vivere. Questo senso di malessere non è soggettivo o personale, ma è di tutti gli uomini, insito nell’animo umano, per cui Montale ha una visione pessimistica. Spesso descrive il paesaggio ligure, che è assolato, brullo, e questo si collega all’aridità dell’animo umano. Montale rifiuta anche la poesia ufficiale, quella retorica, di tipo d’annunziano ed esprime un linguaggio quasi colloquiale, fatto di poche parole, ma molto precise, scelte con accuratezza.

Stile e Tecnica di Montale

Dal punto di vista tecnico, Montale si rifà alla tradizione, nel senso che in certi casi tiene conto degli aspetti tradizionali della poesia come la rima, le strofe e l’uso della punteggiatura, ma questi aspetti tradizionali sono rielaborati in maniera personale e quindi diventa uno stile difficilmente classificabile perché tipicamente di Montale.

Analisi di "Meriggiare Pallido e Assorto"

È una delle prime poesie che scrisse a vent’anni. Descrive un paesaggio ligure, estivo, nella parte più calda della giornata. È una descrizione di vari aspetti della natura che hanno un significato più profondo, simbolico.

Sono quattro strofe, le prime tre sono quartine, l’ultima è una strofa di 5 versi. La lunghezza è varia con dei novenari, decasillabi e endecasillabi. Esiste la rima che a volte è baciata (prima strofa), altre è alternata come nella seconda strofa, anche se il verso 5 e il verso 7 hanno una rima detta ipermetra*. Nell’ultima strofa ci sono alcune rime ma con irregolarità (es. travaglio non fa rima con nulla). La descrizione è riferita al suolo terrestre che è bruciato dal sole, un po’ come l’animo umano. Il mare, che invece è il simbolo della vitalità si vede solo in lontananza e la vita è piena di chiusure, nell’immagine del muro , e piena di insidie, immagine dei cocci di bottiglia.

Meriggiare pallido e assorto

presso un rovente muro d'orto,

ascoltare tra i pruni e gli sterpi

schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe dei suolo o su la veccia

spiar le file di rosse formiche

ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano

a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare

lontano di scaglie di mare

mentre si levano tremuli scricchi

di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia

sentire con triste meraviglia

com'è tutta la vita e il suo travaglio

in questo seguitare una muraglia

che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Passare il pomeriggio in riposo e pensando, all’ombra, vicino a un muro d’orto bruciato dal sole. Sentire, all’infinito perché vuole oggettivizzare la situazione, in mezzo ai rovi e all’erba secca i versi dei merli e le serpi che strisciano .

Guardare nella terra inaridita o sulle piante rampicanti le file di formiche rosse che ora si distaccano e ora si uniscono in cima a piccoli cumoli di terra.

Guardare in mezzo ai rami degli alberi il mare che luccica lontano. Mentre si sentono tremanti i suoni emessi dalle cicale sulle colline spoglie. Senso di aridità dell’animo umano.

E camminando nel sole abbagliante, accorgersi con tristezza e con stupore che la vita e le sue sofferenze sono simili a questo muro invalicabile perché in cima ha dei cocci di vetro taglienti.


Interpretazione di "Non Chiederci la Parola"

È una poesia che tratta il fatto che l’uomo non abbia certezze. La realtà è qualcosa di inspiegabile, inconoscibile e gli uomini che pensano di essere coscienti della realtà sono degli illusi. Della realtà si può conoscere solo il negativo, ciò che non è.

Sono 3 quartine, versi di varia lunghezza perlopiù endecasillabi. La rima è ABBA, CDDC, EFEF. Si ritrova il verbo all’infinito ma sembra che si rivolga a qualcuno di esterno e viene identificato come “Il lettore”.

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco

lo dichiari e risplenda come un croco

perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,

agli altri ed a se stesso amico,

e l'ombra sua non cura che la canicola

stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.

Codesto solo oggi possiamo dirti,

ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Non chiedere parole che definiscano precisamente l’animo umano privo di certezze e che lo facciano risaltare con lettere indelebili, che ci illuminino come un fiore rosso (croco -> zafferano) sperduto in mezzo al prato polveroso.

Ah, l’uomo che è sicuro di se stesso, amico di tutti, in pace con se stesso e con gli altri e non si accorge della sua ombra che il sole proietta sopra un muro scalcinato. Lato oscuro dell’uomo, parte inconoscibile dell’uomo che è predominante ma che viene ignorata dall’uomo.

Non domandare (inizio della prima e ultima strofa che si collegano) formule che possono spiegare tutto il mondo, ma piuttosto qualche sillaba zoppicante e inaridita come un ramo. Oggi possiamo dire solo questo, ciò che non siamo e ciò che non vogliano: il negativo del nostro essere.

Correlativo Oggettivo in Montale

È la poesia più importante della racolta perché si vede benissimo il CORRELATIVO OGGETTIVO, nel senso che c’è un concetto, sia nella prima che nella seconda strofa e a questo concetto sono correlati 3 oggetti:

• Il primo concetto è il male di vivere a cui sono correlati 3 oggetti:

o Un ruscello sbarrato

o Una foglia accartocciata

o Un cavallo caduto

• L’altro concetto è la divina indifferenza, ovvero resistere al male con dignità . Vi sono collegati 3 oggetti:

o La statua

o Una nuvola

o Un falco che vola in cielo

Sono due strofe, due quartine. I versi sono endecasillabi, tranne l’ultimo che è più lungo e viene chiamato doppio settenario. La rima è ABBA, CDDA.


Spesso il male di vivere ho incontrato

era il rivo strozzato che gorgoglia

era l'incartocciarsi della foglia

riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio

che schiude la divina Indifferenza:

era la statua nella sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

Spesso ho capito il male di vivere, era un ruscello sbarrato che gorgogliava (chiusura che non fa andare). Era una foglia inaridita (non vi è più linfa), e accartocciata, era un cavallo caduto a terra ( non può più correre).

Io non ho conosciuto nessuna altra reazione se non il distacco dell’indifferenza, come una statua in un pomeriggio assolato (non si scompone, rimane ferma), era una nuvola (al di là della terra) e un falco che vola in cielo (liberazione).

Temi di "La Bufera e Altro"

È una raccolta di poesie scritte in un lungo periodo, molte sono state scritte durante la seconda guerra mondiale, altre dopo. La bufera è appunto la guerra e Montale, in questa raccolta riprende tematiche storiche, politiche. Afferma la sua libertà di pensiero che non è condizionata da nessun partito politico. Il punto di vista continua ad essere pessimista, anche se con aperture a valori positivi, come il senso di solidarietà e fratellanza . Questo rappresenta anche un fattore di speranza nel futuro.

Lo stile è diverso rispetto a “Ossi di seppia”, è uno stile quasi più vicino alla prosa poetica, in cui si ha un desiderio di comunicare al lettore le proprie idee, concezioni. Stile più discorsivo e meno essenziale rispetto ad “Ossi di seppia”.

“Il sogno del prigioniero”

Analisi di "Il Sogno del Prigioniero"

È l’ultima scritta della raccolta. Il tema è di estrema attualità e anche di coraggio perché affronta una tematica che allora era abbastanza nascosta, ovvero dei campi di concentramento sovietici: GULAG. Estende il concetto a una condizione più generale, il prigioniero è anche il deportato, ma soprattutto è lo scrittore che si trova condizionato e prigioniero delle circostanze, ma che conserva comunque la sua dignità e il desiderio di esprimersi.

Sono 5 strofe di varia lunghezza, la rima libera, interne e assonanze, non si segue uno schema ben preciso.

Albe e notti qui variano per pochi segni.

Il zigzag degli storni sui battifredi

nei giorni di battaglia, mie sole ali,

un filo d'aria polare,

l'occhio del capoguardia dello spioncino,

crac di noci schiacciate, un oleoso

sfrigolio dalle cave, girarrosti

veri o supposti - ma la paglia é oro,

la lanterna vinosa é focolare

se dormendo mi credo ai tuoi piedi.

La purga dura da sempre, senza un perché.

Dicono che chi abiura e sottoscrive

può salvarsi da questo sterminio d'oche ;

che chi obiurga se stesso, ma tradisce

e vende carne d'altri, affera il mestolo

anzi che terminare nel patée

destinato agl'Iddii pestilenziali.

Tardo di mente, piagato

dal pungente giaciglio mi sono fuso

col volo della tarma che la mia suola

sfarina sull'impiantito,

coi kimoni cangianti delle luci

scironate all'aurora dai torrioni,

ho annusato nel vento il bruciaticcio

dei buccellati dai forni,

mi son guardato attorno, ho suscitato

iridi su orizzonti di ragnateli

e petali sui tralicci delle inferriate,

mi sono alzato, sono ricaduto

nel fondo dove il secolo e il minuto -

e i colpi si ripetono ed i passi,

e ancora ignoro se saro al festino

farcitore o farcito. L'attesa é lunga,

il mio sogno di te non e finito. Qui, nella prigione, le albe e le notti sono molto simili.

Il volo irregolare degli uccelli sulle torri di guardia, nei giorni di battaglia. Questo volo costituisce mie sole ali. Uno spiffero di aria gelida, l’occhio della guardia che mi sorveglia dallo spioncino, il rumore di noci frantumate, il friggere dell’olio che viene dai forni e poi girarrosti veri o immaginari, ma per me la paglia dove dormo è come oro e la luce rossa della lanterna è come un fuoco se mi sembra di dormire vicino a te. La donna è un simbolo di purificazione, quasi di speranza, una “Donna angelo”.

La purga, la punizione c’è sempre stata e non ha avuto un perché. Si dice che chi rinnega le proprie idee e dichiara il falso può salvarsi da questo massacro d’innocenti. Oche come simbolo delle vittime innocenti. Si dice che chi fa autocritica, ma anche tradisce e denuncia gli altri uomini, riesce ad impugnare il mestolo per mangiare invece di finire in una sorta di cibo destinato a degli dei crudeli.

Privato della mia mente, ferito dal pagliericcio che punge, mi sono identificato con il volo di una tarma che la mia scarpa ha schiacciato sul pavimento. Con i kimoni dai colori variopinti e che cambiano delle luci sparse nell’alba lungo le torri di guardia. Ho annusato nel vento il puzzo di bruciato delle ciambelle prodotti nei forni, mi sono guardato intorno, ho immaginato arcobaleni nell’orizzonte di ragnatela e petali di fiori sulle sbarre della cella. Mi sono alzato, ma sono ricaduto nella prigione dove un minuto sembra un secolo.

E si ripetono continuamente i colpi ed i passi e non so ancora se al banchetto sarò il cuoco o il cibo. L’attesa è lunga e io continuo ancora a sognare di te.

Stile e Temi di "Satura"

È l’ultima scritta da Montale, nel 1971 si ebbe la pubblicazione, dopo molto tempo che Montale non scriveva più in testi poetici. È una raccolta diversa, perché c’è ironia e perché l’argomento è molto spesso più personale. Lo stile è molto semplice, quasi giornalistico.

Analisi di "Ho Sceso Dandoti il Braccio"

“Ho sceso dandoti il braccio almeno un milione di scale”

Questa poesia è dedicata alla moglie morta da poco. I versi sono liberi anche se vi si trovano rime e assonanze. Sono due strofe, scritto con linguaggio molto semplice. La poesia fa parte di una sezione di “Satura” che si intitola XENIA.

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale

E ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.

Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.

Il mio dura tuttora, né più mi occorrono

Le coincidenze, le prenotazioni,

le trappole, gli scorni di chi crede

che la realtà sia quella che si vede.

Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio

Non già perché con quattr'occhi forse si vede di più.

Con te le ho scese perché sapevo che di noi due

Le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,

erano le tue. Ho sceso dandoti il braccio le scale di casa per milioni di volte e ora che sei morta, ogni gradino mi sembra vuoto. Nonostante questo la vita insieme è stata troppo breve, la mia vita dura ancora e non mi capita più di aver bisogno delle coincidenze, delle prenotazioni, delle trappole, delle delusioni di chi pensa che la realtà sia quella visibile.

Dandoti il braccio ho percorso milioni di volte le scale, ma non perché quattro occhi vedono meglio di due. Le ho scese con te perché mi accorgevo che fra noi chi vedeva meglio, anche se eri miope, erano i tuoi occhi.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono stati i primi interessi e la formazione di Eugenio Montale?
  2. Montale è nato a Genova nel 1896 in una famiglia agiata. Ha studiato per diventare ragioniere, ma la sua vera passione era la musica, il canto e la letteratura.

  3. Come ha influenzato la guerra la carriera letteraria di Montale?
  4. Dopo essersi arruolato nel 1917, Montale tornò a Genova e iniziò a scrivere poesie, pubblicando "Ossi di seppia". La guerra non lo colpì particolarmente, ma influenzò il suo impegno letterario e critico.

  5. Quali sono i temi principali della raccolta "Ossi di Seppia"?
  6. "Ossi di Seppia" esplora la semplicità e la negatività della vita, con il mare come simbolo di vitalità. Montale utilizza descrizioni naturalistiche per esprimere il pessimismo e il male di vivere.

  7. In che modo Montale ha partecipato alla resistenza durante la seconda guerra mondiale?
  8. Montale si iscrisse al partito d'azione e fece parte della commissione culturale del CLN, aiutando anche amici ebrei come Umberto Saba, nascondendoli in casa sua.

  9. Qual è lo stile e la tecnica distintiva di Montale nella sua poesia?
  10. Montale si rifà alla tradizione poetica, ma rielabora gli aspetti tradizionali come rima e strofe in modo personale, creando uno stile unico e difficilmente classificabile.

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