Concetti Chiave
- La poesia "Non chiederci la parola" di Montale, parte della raccolta "Ossi di seppia", utilizza piccoli oggetti quotidiani come simboli di sicurezza in un periodo storico incerto.
- Montale esprime l'incapacità dei poeti di fornire risposte definitive alle grandi domande dell'umanità, riflettendo l'angoscia esistenziale dei primi del Novecento.
- Il componimento è caratterizzato da versi liberi e usa enjambement per creare effetti di dissonanza, giocando con lo schema metrico per veicolare pensiero e stile.
- Il poeta suggerisce che l'uomo dovrebbe dichiarare ciò che non è e non vuole essere, un implicito rifiuto delle ideologie oppressive come il fascismo e il nazismo.
- Montale invita il lettore a riflettere sul presente, enfatizzando l'importanza di prendere posizione morale contro le assurdità e le contingenze della vita.
La poesia fa parte di “Ossi di seppia”, prima raccolta di Montale pubblicata nel 1925. Il nome ossi di seppia è fondamentale per capire la matteria trattata dal poeta; l’osso della seppia è la conchiglia interna, liscia e compatta che protegge il fragile animale, è un oggetto privo di valore, come tanti che fanno da protagonisti nelle rime di questa raccolta. Montale sceglie piccoli oggetti perché davanti ad un periodo storico pieno di incertezze, drammatico, solo nelle piccole cose si può trovare un porto sicuro, qualcosa che ci protegge come l’osso fa con la seppia.
Manca qualsiasi concezione panica dannunziana o speranza del positivismo. L’uomo è solo, con la sua coscienza, in un vivere provvisorio.
Il testo:
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo
Analisi del componimento
“Non chiederci la parola” è un componimento in versi liberi, diviso in tre quartine nel quale, usando la prima persona plurale, Montale si fa portavoce non solo di se stesso, ma di tutti i poeti che non possono dare le grandi risposte che l’umanità chiede di avere. la parola non ha dunque u valore onnicomprensivo, non “squadra da ogni lato” il nostro animo. Sono parole molto importanti se calate nel contesto storico dei primi decenni del 900, e che ci fanno capire non solo la dimensione esistenziale del poeta, ma anche la sua posizione politica.
Dal punto di vista formale sono presenti degli enjambement (v 1-2; 7-8) che spezzano il verso interrompendone la musicalità e creando effetti di dissonanza e durezza. Lo stesso vale per l’uso insistente delle sillabe (es: si qualche storta sillaba e secca). Montale in generale pur rispettando lo schema metrico, sovente vi gioca modificandolo; per esempio il primo verso e metà del secondo, se pur divisi costituiscono insieme un verso endecasillabo. È quindi evidente come non solo le parole e le immagini presentate siano veicoli di pensiero, ma anche il tipo di stile metrico.
Significato e contesto storico
Entrando più nel dettaglio del significato possiamo dire che l’anima dell’uomo viene presenza isolata che nessuna parola potrebbe rendere chiara come un fiore dii zafferano (croco). Coloro che avanzano sicuri (da sine cura: senza cura) sono solo ingari della loro ombra che il sole di mezzogiorno (canicola) proietta su un muro scalcinato. Questo muro rappresenta l’esistenza, la vita che come tale è delimitata in quanto finita e labile alle ingiurie della contingenza (il muro è per l’appunto scalcinato).
Ma allora cosa dovrebbero fare gli uomini, e i poeti, davanti al dilemma dell’esistenza? Non sentenziare, o fare pronostici, ma dire: ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. Qui Montale sta chiaramente alludendo al fascismo, al nazismo e gli altri orrori della guerra; non si può definire con esattezza la natura dell’uomo, ma è un dovere morale urlare ciò che non vogliamo essere e ciò che non sentiamo di essere, prendere parola contro le assurdità dell’uomo. Quest’ultimo verso è l’epifonema (motto sentenzioso che chiude con enfasi un discorso) con cui Montale abbandona il lettore come invitandolo a riflettere. Più che chiedere cosa si è diventati, sulla scia di eventi passati, bisogna guardare al presente e dire cosa non si vuole essere e da cosa ci si vuole distanziare; bisogna aprire la propria coscienza e rendersi il più possibile liberi davanti alla contingenza delle leggi di natura.
Domande da interrogazione
- Qual è il significato del titolo "Ossi di seppia" nella raccolta di Montale?
- Qual è il tema centrale del componimento "Non chiederci la parola"?
- Come Montale utilizza la forma poetica per esprimere il suo messaggio?
- In che modo il componimento riflette il contesto storico del tempo?
- Qual è l'invito finale di Montale al lettore?
Il titolo "Ossi di seppia" rappresenta oggetti privi di valore che proteggono, simboleggiando la ricerca di sicurezza nelle piccole cose in un periodo storico incerto.
Il tema centrale è l'incapacità dei poeti di fornire risposte definitive alle grandi domande dell'umanità, riflettendo l'isolamento e l'incertezza dell'uomo.
Montale utilizza versi liberi, enjambement e variazioni metriche per creare dissonanza e durezza, riflettendo la complessità e l'incertezza del messaggio.
Il componimento allude al fascismo e al nazismo, esprimendo un rifiuto morale verso queste ideologie e sottolineando l'importanza di dichiarare ciò che non si vuole essere.
Montale invita il lettore a riflettere sul presente, a dichiarare ciò che non si vuole essere e a cercare la libertà di coscienza di fronte alle leggi della natura.