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Concetti Chiave

  • La poesia "Non chiederci la parola" di Eugenio Montale fa parte della raccolta “Ossi di seppia” del 1923 e si struttura in tre quattrine con variazioni metriche.
  • Montale rifiuta il ruolo tradizionale del poeta-vate, sostenendo che il poeta non può più fornire certezze o verità definitive.
  • L'uso frequente del pronome di negazione "non" sottolinea l'impossibilità di offrire soluzioni solide e condivisibili, evidenziando la sofferenza esistenziale.
  • Il componimento utilizza figure retoriche come anafore, allitterazioni e similitudini per rappresentare la sofferenza e il disagio umano.
  • La seconda strofa introduce l'immagine dell'uomo sicuro di sé, indifferente alle inquietudini della vita, sottolineando il contrasto con la prospettiva negativa del poeta.

La lirica “Non chiederci la parola”, scritta da Eugenio Montale e composta nel 1923, appartiene alla raccolta “Ossi di seppia”.

Indice

  1. Struttura e metrica della poesia
  2. Manifesto poetico di Montale
  3. Rifiuto delle certezze poetiche
  4. Negatività e condizione umana
  5. Funzione delle strofe e disgressione
  6. Figure retoriche nella lirica
  7. Poesia: Non chiederci la parola

Struttura e metrica della poesia

La lirica è formata da tre quattrine i cui versi sono di varia lunghezza. I versi finali delle tre strofe sono tutti degli endecasillabi. Sul piano ritmico, notiamo che le prime due strofe presentano una rima incrociata, mentre la strofa finale presenta una rima alternata. Particolare è la rima ipermetra “amico-canicola” (vv.6-7) dove una parola piana rima con una parola sdrucciola.

Manifesto poetico di Montale

La poesia può essere letta come una dichiarazione di poetica, un manifesto delle idee di Montale. Nella lirica il poeta, rivolgendosi a un ipotetico lettore, esprime il suo rifiuto nei confronti della figura del poeta-vate, incarnata da D’Annunzio, capace di trasmettere attraverso un canto disteso, sonoro ed eloquente, delle dubbie verità “positive”. Montale dichiara, in nome dei poeti del ‘900, che il poeta non è più in grado di offrire all'uomo, al lettore, un messaggio forte, un messaggio di certezza, di sicurezza, di verità. Ormai è finito il tempo in cui ai poeti si riconosceva l’ultima parola o la possibilità di soluzioni positive.

Rifiuto delle certezze poetiche

Quindi, il lettore ipotetico non deve pretendere che il poeta conosca delle parole che possano definire in maniera precisa, “quadrata”, l’animo. Non bisogna chiedere al poeta una chiave di lettura generale per tutto, “la formula che mondi possa aprirti”.

Negatività e condizione umana

Nella poesia è frequente la presenza del pronome di negazione “non” a testimonianza del fatto che questo componimento non vuole proporre modelli sicuri, solidi, condivisibili, ma semplicemente offrire una prospettiva negativa. Di fronte alla constatazione della negatività del reale e della condizione umana il poeta non ha certezze da comunicare. Per questo i poeti possono solamente parlare al negativo; possono solamente dare la testimonianza della sofferenza, del disagio esistenziale che attraversa l'uomo contemporaneo.

Funzione delle strofe e disgressione

Mentre la prima e la terza strofa possiedono una funzione argomentativa e affrontano il medesimo argomento, la strofa centrale si pone come una disgressione che introduce il tema dell’uomo che se ne va sicuro. L’uomo, quando sicuro di sé, non è tormentato al suo interno perché non si preoccupa di nulla, neppure della sua ombra proiettata, quando il sole è alto, su un muro scalcinato.

Figure retoriche nella lirica

Analizzando le figure retoriche, notiamo la presenza di figure fonetiche (anafore e allitterazioni) e anche di similitudini. La loro funzione è di meglio rappresentare l’idea di sofferenza che caratterizza la lirica. Tra le similitudini individuiamo “come un croco” (v.3) e “come un ramo” (v.10), mentre tra le anafore riconosciamo la ripetizione dell’incipit della prima strofa che si ripresenta anche all’inizio della terza strofa (“non chiederci la parola”, v.1, e “non domandarci la formula”, v.9). Infine, tra le figure retoriche di suono, possiamo anche riconoscere l’allitterazione della “p” in “perduto in mezzo a un polveroso prato”.

Poesia: Non chiederci la parola

Non chiederci la parola che dia una definizione precisa dei segreti del nostro animo indecifrabile, e che li possa spiegare, con lettere chiare e indelebili, splendendo come un fiore giallo di zafferano, perduto in mezzo ad un prato impolverato.

Ah, l’uomo che se ne va sicuro di sé, in pace con sé stesso e con gli altri, e non si cura della sua ombra che il sole ardente del mezzogiorno proietta sopra un muro senza intonaco!

Non chiederci la formula che possa rivelarti nuove prospettive di conoscenza del mondo, bensì solo qualche sillaba imprecisa, secca come un ramo. Soltanto questo possiamo dirti oggi, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

Domande da interrogazione

  1. Qual è la struttura metrica della poesia "Non chiederci la parola"?
  2. La poesia è composta da tre quattrine con versi di varia lunghezza, e i versi finali di ogni strofa sono endecasillabi. Le prime due strofe hanno una rima incrociata, mentre la terza presenta una rima alternata.

  3. Qual è il manifesto poetico di Montale espresso in questa lirica?
  4. Montale rifiuta la figura del poeta-vate capace di trasmettere verità positive, dichiarando che i poeti del '900 non possono più offrire certezze o soluzioni definitive.

  5. Come viene espresso il rifiuto delle certezze poetiche nella poesia?
  6. Il poeta invita il lettore a non aspettarsi definizioni precise o formule che possano spiegare tutto, sottolineando l'impossibilità di fornire una chiave di lettura universale.

  7. Qual è il tema centrale della negatività e della condizione umana nella poesia?
  8. La poesia sottolinea la negatività del reale e la condizione umana, con il poeta che non ha certezze da comunicare, ma solo la testimonianza della sofferenza e del disagio esistenziale.

  9. Quali figure retoriche sono presenti nella lirica e qual è la loro funzione?
  10. La poesia utilizza anafore, allitterazioni e similitudini per rappresentare la sofferenza. Esempi includono "come un croco" e "come un ramo", e l'anafora "non chiederci la parola".

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