Concetti Chiave
- Giovanni Boccaccio nacque nel 1313 e si formò a Napoli, dove fu influenzato dalla vita aristocratica e dalla cultura cortese, sviluppando un forte interesse per la letteratura classica e medievale.
- A Napoli, Boccaccio iniziò a scrivere opere come "La caccia di Diana" e "Filostrato", che riflettono la sua esperienza personale e il suo gusto per la narrativa cavalleresca e popolare.
- Il ritorno a Firenze fu segnato da difficoltà economiche, ma Boccaccio divenne una figura centrale nella vita intellettuale della città, collaborando con personaggi come Petrarca.
- Le opere del periodo fiorentino, come "La Comedia delle Ninfe fiorentine" e "L'Amorosa Visione", mostrano una maturazione nello stile e nell'uso dell'allegoria, con un focus sull'amore e la bellezza.
- Opere come "L'elegia di madonna Fiammetta" e "Il Ninfale Fiesolano" dimostrano la capacità di Boccaccio di esplorare profondamente la psicologia dei personaggi, anticipando temi centrali nel Decameron.
Indice
- Giovanni Boccaccio e la sua formazione
- Vita e vocazione letteraria a Napoli
- Ritorno a Firenze e delusioni
- Evoluzione spirituale e amicizia con Petrarca
- Prime opere e influenze letterarie
- Narrativa e poesia allegorica
- Amore e allegoria nelle opere
- Poemi e saggezza morale
- Romanzo psicologico e modernità
- Amore giovanile e influenze classiche
Giovanni Boccaccio e la sua formazione
Giovanni Boccaccio nacque nel 1313. Si recò nel 1327 a Napoli in qualità di socio della potente banca fiorentina dei Bardi.
E il padre Boccaccino di Chellino lo portò con se per fargli fare pratica mercantile. Durante la sua pratica al banco veniva quotidianamente a contatto con una varietà di persone, mercanti, gente di mare, avventurieri che confluivano nella grande città. Potè così maturare quello spirito di osservazione, quella conoscenza dei caratteri, dei costumi, dei più vari strati sociali, in una parola quella concreta e multiforme esperienza della realtà che sarà alla base della sua arte di narratore e che trasfonderà nelle novelle del Decameron.Vita e vocazione letteraria a Napoli
Boccaccio, così, partecipava alla vita raffinata e gaudente dell’aristocrazia e della ricca borghesia napoletane. In questo periodo trascorso a Napoli, si afferma in Boccaccio anche la vocazione letteraria. Alla letteratura Boccaccio si accosta con l’avidità che è propria dell’autodidatta.
In primo luogo subisce il fascino della tradizione cortese, dei versi d’amore e dei romanzi cavallereschi e sotto lo stimolo di alcuni dotti personaggi della corte Angioina, comincia ad affermarsi in lui anche la devozione per i classici latini, ammirando anche i classici nuovi, soprattutto Dante e Petrarca. Quella di Boccaccio fu una formazione eterogenea e composita e da questa avidità di esperienze culturali scaturirà poi quella tendenza inesauribile a sperimentare generi e forme che caratterizzeranno il suo operato. Da queste esperienze di vita e di cultura si materializzano le prime prove: le rime, i romanzi e i poemi in volgare: Filocolo, Filostrato, Teseida.
Ritorno a Firenze e delusioni
A causa della crisi della banca dei Bardi, Boccaccio è costretto a tornare a Firenze. Alla festosa vita cortese Napoletana, subentra il grigiore opprimente di una vita borghese, segnata da ristrettezze economiche. Alla ricerca di una sistemazione permanente chiede appoggio a vari signori, ma questa speranza viene sempre sistematicamente delusa. La sua città comunque lo ama come personaggio illustre e si avvale di lui per numerose missioni e ambascerie.
Evoluzione spirituale e amicizia con Petrarca
Negli ultimi anni un’importante evoluzione spirituale si verifica in Boccaccio. È determinante per lui l’amicizia con Tetrarca. Sotto l’influenza di quest’ultimo, che egli considera suo maestro, Boccaccio è spinto a concepire una devozione entusiastica per i classici, ma anche una concezione più austera del valore morale delle lettere.
Questa crisi spirituale si inquadra anche in un periodo di delusione politica: il fallimento di una congiura. Nel 1362 si ritira a Certaldo dove conduce una vita appartata, dedita allo studio, alla meditazione e alla stesura di opere erudite. Dal 1365 torna di nuovo ad ottenere incarichi pubblici. La sua casa diviene il centro di incontro di un gruppo di intellettuali, che costituiscono il primo nucleo del futuro umanesimo fiorentino.
L’avida curiosità intellettuale spinge l’autore a riprendere sia i testi classici sia la più recente tradizione medievale senza trascurare le ingenue narrazioni popolaresche, i cantari.
Prime opere e influenze letterarie
Costituisce la prima opera di Boccaccio, un poemetto in terzine (1334) in cui le ninfe seguaci di Diana si ribellano alla dea ed offrono le loro prede a Venere che trasforma gli animali in bellissimi uomini, tra questi vi è anche l’autore, che diviene uomo pieno di virtù.
Questa fu la prima opera d’impegno (1335) e si tratta di un poemetto scritto in ottave, il metro tipico dei cantari popolari. Ricava il suo argomento dalla narrativa medievale in lingua d’oil. Presenta le vicende di personaggi del mito omerico con vesti e psicologie feudali e cavalleresche. È evidente come Boccaccio vi voglia proiettare, trasfigurandola romanzescamente, l’esperienza autobiografica dei suoi amori napoletani.
Un’opera narrativa in prosa (1336) riprende una vicenda anch’essa cara al romanzo medievale francese, la storia delle peripezie di due giovani amanti, Florio e Biancifiore. Il nucleo narrativo originale è complicato dalla sovrapposizione degli schemi del romanzo greco-alessandrino, che presenta intricate peripezie, separazioni, avventura degli amanti, sorprese e colpi di scena. Era sua intenzione dar forma letterariamente degna ai “fabulosi parlari degli ignoranti” cioè ai “rozzi cantari”, che avevano tramandato questa materia. Il lungo romanzo rivela doti di penetrazione e finezza psicologica nell’analisi del sentimento amoroso, ma soprattutto raccoglie una vastissima materia narrativa, quel piacere del raccontare che saranno poi caratteristici del Decameon.
L’opera (1339/40) è un poema in ottave ed è così intitolato perché narra le guerre del mitico re Teseo, contro le Amazzoni e contro Tebe. Ma le ambizioni culturali sono ancora più alte che nel Filocolo: il poeta si propone di dare per primo alla letteratura italiana un poema epico all’altezza dell’Eneide virgiliana. Interessante è anche il vagheggiamento di prove di magnanimità, splendore, cortesia, rivelatore di un gusto che sarà sempre una componente centrale dell’arte di boccaccio, soprattutto nel “Decameron”
Narrativa e poesia allegorica
La via più naturale che gli si apriva era la ripresa della poesia allegorico-dottrinaria. Se dunque nella Napoli cortese aveva scritto prevalentemente romanzi, ora compone opere sul modello del poema di Dante: la Comedia delle Ninfe fiorentine e l’Amorosa Visione.
Amore e allegoria nelle opere
Una narrazione in prosa, inframmezzata da componimenti in terzine, cantati da vari personaggi e riprende schemi della poesia pastorale antica. Il pastore Ameto incontra le ninfe dei colli fiorentini che rappresentano allegoricamente le virtù, e grazie all’amore si trasforma da essere rozzo ed animalesco in uomo: si vede così ritornare il principio cortese secondo cui l’amore ingentilisce e raffina l’animo. L’allegoria del componimento, infatti, non ha più nessuna delle valenze religiose dell’allegoria dantesca, ha un significato esclusivamente mondano. L’opera è un omaggio alla bellezza delle donne fiorentine. I racconti delle ninfe hanno le caratteristiche di vere e proprie novelle, a volte persino comiche ed erotiche e fanno presentire il Decameron.
Poemi e saggezza morale
È un poema in terzine di 50 canti(1342\43). Sotto la guida di una donna gentile il poeta visita in sogno un castello, dove vede dipinti i trionfi della Sapienza, della Gloria, dell’Avarizia, dell’Amore e della Fortuna, insieme a personaggi che servono a esemplificare queste astrazioni. Non si tratta di un viaggio mistico a Dio, ma della conquista di una saggezza morale tutta umana.
Romanzo psicologico e modernità
Romanzo in prosa (1343/44). Egli narra non dal proprio punto di vista, bensì da quello di una dama napoletana abbandonata dall’amante, il giovane fiorentino, Panfilo. Fiammetta attende invano il suo ritorno, mentre si strugge per la sua passione impossibile e per la gelosia. Il tormento è accresciuto dal fatto che Fiammetta è sposata e deve nascondere al marito il motivo della sua infelicità. L’opera ha la forma di una lunga lettera rivolta alle donne innamorate e riprende in prosa lo schema delle Eroidi di Ovidio, elegie sotto forma di lettere in versi in cui eroine del mito si rivolgeranno ai loro amanti confessando le proprie pene d’amore. La lunga confessione dell’eroina consente una minuziosa interpretazione psicologica che per noi acquista un sorprendente sapore di modernità.
Amore giovanile e influenze classiche
Si tratta di un poemetto in ottave di ambiente idillico - pastorale che rievoca le leggendarie origini di Fiesole e Firenze. Al centro vi è essenzialmente l’amore di due giovani, il pastore Africo e la ninfa Mensola. Il poemetto risente di numerosi modelli classici: Virgilio e Ovidio. Qui vi è solo la rappresentazione di un mondo popolare nei suoi costumi semplici e nei suoi sentimenti elementari. Anche il linguaggio e il metro hanno il ritmo facile, la grazia fresca e spontanea dei cantari popolareschi toscani. Si evince lo sbocciare del sentimento e del desiderio tra due giovani che è qualcosa di innocente. Quello dell’innocenza dell’amore giovanile è un tema che avrà molto peso, poi, nel Decameron.
Domande da interrogazione
- Qual è stata l'influenza della vita a Napoli sulla formazione letteraria di Giovanni Boccaccio?
- Come ha influenzato l'amicizia con Petrarca l'evoluzione spirituale di Boccaccio?
- Quali sono le caratteristiche delle prime opere di Boccaccio?
- In che modo Boccaccio ha utilizzato l'allegoria nelle sue opere?
- Qual è il tema centrale del romanzo psicologico di Boccaccio e come si manifesta la modernità in esso?
A Napoli, Boccaccio ha partecipato alla vita raffinata dell'aristocrazia e della borghesia, sviluppando una vocazione letteraria influenzata dalla tradizione cortese e dai classici latini, che ha arricchito la sua formazione eterogenea.
L'amicizia con Petrarca ha spinto Boccaccio a una devozione per i classici e a una concezione più austera del valore morale delle lettere, segnando un'importante evoluzione spirituale.
Le prime opere di Boccaccio, come poemi e romanzi, mostrano influenze dalla narrativa medievale e dai classici, con una tendenza a sperimentare generi e forme diverse, caratterizzate da una ricca materia narrativa e analisi psicologica.
Boccaccio ha utilizzato l'allegoria per rappresentare virtù e trasformazioni personali, come nel caso del pastore Ameto, dove l'amore ingentilisce l'animo, con un significato mondano piuttosto che religioso.
Il romanzo psicologico di Boccaccio si concentra sul tormento amoroso di Fiammetta, una dama napoletana, e la sua confessione d'amore, offrendo una minuziosa interpretazione psicologica che conferisce all'opera un sorprendente sapore di modernità.