refranco
Habilis
6 min. di lettura
Vota

Indice

  1. Il proemio dell'Orlando furioso
  2. Temi
  3. Metrica
  4. La fusione del ciclo carolingio e del ciclo bretone
  5. La pazzia d’amore
  6. Il motivo encomiastico
  7. La ricercatezza formale e la varietà dei contenuti

Il proemio dell'Orlando furioso

Secondo la consuetudine propria dei poemi classici e di quelli cavallereschi, l’Orlando furioso inizia con una parte introduttiva o “proemio”.

Temi

● Le vicende d’amore e di guerra
● La novità della pazzia di Orlando
● L’elogio della casata estense

Metrica

● Ottave di endecasillabi (schema delle rime ABABABCC).

La fusione del ciclo carolingio e del ciclo bretone

Nei primi due celebri versi del proemio l’autore enuncia gli argomenti di cui tratterà nel poema: parlerà di donne – quindi d’amore e di azioni nobili e galanti (le «cortesie », 1, v. 2) – e di cavalieri – quindi di guerre («arme», 1, v. 1) e di gesta audaci ed eroiche. In tal modo Ariosto si riallaccia al modello di Boiardo, che nell’Orlando innamorato aveva unito insieme la materia dei poemi carolingi (la guerra tra i paladini di Carlo Magno e i musulmani) e quella dei romanzi bretoni (gli amori e le avventure dei cavalieri).

La pazzia d’amore

L’altro grande tema anticipato nella protasi rappresenta invece la vera novità del poema: si tratta della follia di Orlando, l’eroe «che per amor venne in furore e matto » (2, v. 3). Il sentimento che nell’Orlando innamorato conferiva dignità e onore all’uomo, elevandolo spiritualmente, qui diventa una passione che può destabilizzare al punto da far perdere il senno. Al tema della follia d’amore si collega anche il riferimento indiretto ad Alessandra Benucci: rovesciando il senso della tradizionale invocazione alla Musa, la divinità alla quale i poeti classici chiedevano ispirazione, Ariosto non si rivolge a una dea ma alla donna amata, che non gli ispira la capacità (l’«ingegno», 2, v. 6) di scrivere versi ma anzi gliela consuma giorno dopo giorno («ad or ad or», 2, v. 6), rendendolo pazzo d’amore proprio come Orlando.

Il motivo encomiastico

All’invocazione alla Musa terrena segue la dedica al cardinale Ippolito, qui nominato come nobile figlio di Ercole I d’Este («generosa Erculea prole», 3, v. 1) e definito «ornamento e splendor del secol nostro» (3, v. 2). La solennità di queste espressioni farebbe pensare all’intenzione da parte di Ariosto di compiacere il proprio protettore, dimostrandogli gratitudine e devozione. In realtà l’elogio doveva suonare alquanto ironico alle orecchie dei nobili frequentatori della corte estense, i quali ben conoscevano la natura dei rapporti tra il cardinale e il poeta (j Satira I, p. 623), così come ironica e un po’ provocatoria doveva risultare allo stesso Ippolito l’offerta, da parte di Ariosto, del proprio poema a titolo di parziale compensazione per il sostentamento economico ricevuto («Quel ch’io vi debbo, posso di parole / pagare in parte e d’opera d’inchiostro», 3, vv. 5-6). Nonostante questo la dedica al proprio signore rappresenta un dovere che il poeta cortigiano deve assolvere, come pure il riferimento a Ruggiero in qualità di capostipite degli Estensi e pertanto lontano antenato dello stesso Ippolito (4, vv. 3-4). L’uso di menzionare rapporti di parentela illustri per elogiare la casata del principe (cioè il cosiddetto “motivo encomiastico”), risale al poeta latino Virgilio (I secolo a.C.), che nell’Eneide celebra l’imperatore romano Ottaviano Augusto come discendente dell’eroe troiano Enea.

La ricercatezza formale e la varietà dei contenuti

Sul piano formale il proemio è caratterizzato da uno stile solenne. I primi due versi, in particolare, oltre a contenere una citazione di un passo del Purgatorio di Dante («Le donne e’ cavalier, gli affanni e gli agi / che ’nvogliava amore e cortesia», “le donne e i cavalieri, le imprese rischiose e i dolci riposi ai quali ci invogliavano l’amore e le virtù cavalleresche”; canto XIV, vv. 109-110), sono costruiti in modo ricercato Innanzitutto, i temi principali del poema, quelli che realizzano l’intreccio del ciclo bretone con quello carolingio, sono presentati e messi in rilievo mediante un doppio chiasmo. In secondo luogo, il susseguirsi di tali vocaboli separati soltanto da virgole serve anche a suggerire quella che sarà una caratteristica di tutto il poema ariostesco: il rapido e continuo variare dei contenuti (). Lo stile subisce tuttavia un abbassamento simbolico nella seconda ottava, quando è introdotto il tema della pazzia di Orlando attraverso l’espressione «in furore e matto» (v. 3): il termine «matto», infatti, non appartiene alla tradizione lirica petrarchesca, ma era invece d’uso comune nel Cinquecento. Associato alla locuzione «in furore», il vocabolo rafforza il senso dell’eccesso, della furia distruttiva e fuori controllo descritta nei passi del poema incentrati sulla follia di Orlando

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community