Concetti Chiave
- Ludovico Ariosto scrisse le "Rime" in volgare, influenzato da Pietro Bembo, componendo 88 poesie che trattano principalmente il tema dell'amore e della fides.
- La raccolta comprende sonetti e capitoli in terza rima, pubblicati postumi da Jacopo Coppa, poiché Ariosto non riuscì a sistemarli come desiderava.
- Nel capitolo III delle "Rime", Ariosto esplora la fedeltà incrollabile di una donna verso l'amato, paragonandola a una pietra immobile di fronte alle avversità.
- L'Obizzeide, un componimento encomiastico, rappresenta un esperimento di Ariosto verso il genere epico, non centrato sull'amore, dedicato a Obizzo d'Este.
- Il proemio dell'Obizzeide utilizza le terzine dantesche e include un'invocazione alla donna amata come Musa ispiratrice, simile all'approccio del Furioso.
Indice
L'influenza di Pietro Bembo su Ariosto
Ariosto scrisse dei componimenti in volgare, in una lingua mista tra koiné padana e modello petrarchesco, nei primi anni del Cinquecento, soprattutto per l’influsso che Pietro Bembo ebbe sul poeta. Le poesie sono 88, e vennero sistemate fino al 1516 e dopo il periodo di commissionario in Garfagnana (1522-1525).
La raccolta è composta da sonetti accompagnati da capitoli in terza rima. Ariosto aveva in mente di pubblicare, ma non fece in tempo a sistemarle come avrebbe voluto, quindi la raccolta che ci è giunta è di per sé una bozza pubblicata postuma da Jacopo Coppa.Il tema dell'amore nella poetica ariostesca
Il tema cardine della raccolta è sicuramente l’amore (sia per donne sconosciute che per Alessandra Benucci), visto, però, diversamente dal modello petrarchesco: Ariosto vede nell’amore un motivo di speranza piuttosto che di vergogna, poiché sull’amore ruota un altro dei grandi temi della poetica ariostesca, ovvero il tema della fides. Tra le rime di Ariosto, inoltre, è presente anche un abbozzo di un tentativo di scrittura di un poema epico indirizzato alla famiglia d’Este, in particolare a Obizzo d’Este, ovvero l’Obizzeide, ancora in terza rima e non in ottave.
E' un componimento che poi verrà ripreso nelle stanze 61-66 del canto 44 dell’Orlando furioso; entrambi sono, infatti, dei lamenti sul modello ovidiano delle Heroides, ed entrambi trattano di una donna addolorata per la lontananza dell'amato (nel caso del Furioso siamo di fronte al lamento di Bradamente).
La fedeltà incrollabile della donna amata
La donna in questo capitolo afferma di rimanere sempre fedele a se stessa, sia che avrà dalla sua parte Fortuna, rappresentata come una ruota, sia che avrà Amore dalla sua parte. Si vede, infatti, immobile come una pietra, nonostante i colpi del vento e del mare, e non si muoverà mai dal luogo in cui il destino l’ha collocata, ovvero vicina al suo amato: afferma, infatti, che prima che possa cambiare la sua fedeltà potranno arrivare i fiumi in cima a un monte e i diamanti rompersi con del legno o del piombo, e potrà lei muoversi solo se dovrà recarsi dal suo amato. Niente potrà sconfiggere la sua fedeltà, nél’oro, né il potere e nemmeno la gloria. Il cuore della donna non è fatto di cera su cui impremere un sigillo riscaldato, ma nel suo cuore è impressa l’immagine dell’amato, scolpita, come se avesse scolpito dell’avorio o qualcosa di ancora più duro, dallo stesso Amore.
vv. 1-6: Come sono, come sono sempre stata, così voglio essere, sia che la Fortuna mi faccia ruotare in alto o in basso, sia che l’Amore mi sia benigno o che mi usi con orgoglio; io sono di fede vera e immobile come una pietra, che il vento o il flusso continuo del mare dell’amore invano sempre percuotono.
vv. 7-15: Mai, né nel tempo di bonaccia né in inverno, là dove il destino originariamente mi ha posta, cambiai luogo né cambierò mai. Vedrò prima salire i fiumi verso la cima delle montagne, e (vedrò) aprirsi il diamante con il legno o con il piombo e con nessun altro utensile, che il mio destino possa cambiare, se non per andare da voi, che possa lo sdegno d’amore rompermi il cuore costante (cioè che ha sempre amato costantemente).
vv. 16-24: A voi ho dato tutto il mio dominio (ho dato tutto di me); so bene che la mia fede giurata non fu mai più salda in un alcun nuovo Stato. E forse avete più fede in me di quanto gli altri credano, poiché nemmeno il regno più sicuro al mondo, né re né imperatori possiedono questo. Quello che io vi ho dato ancora lo tengo custodito; per questo voi non dovete pensare di assoldare soldati né di difendermi.
vv. 25-33: Nessuno, o che mi attacchi o che tenda insidie, mai mi troverà senza difesa; o mai avrà la possibilità di vincermi. L’oro, che conquista gli animi più vili, mi conquisterà, né lo scettro né la gloria, che è solito abbagliare la vista (ingannare) al popolo ignorante; né una qualsiasi cosa che muova l’anima a qualcosa di vago in me potrà mai fare la stessa prova che fece il vostro valore e la vostra bellezza.
vv. 34-42: Così ogni vostro gesto si ritrova scolpito nel mio cuore, che da lì non può essere rimosso da nessuna forma nuova. Il mio cuore (egli) non è di cera, per cui si possa modellare con qualsiasi sigillo, e non cede a ogni minimo colpo. Amore lo sa che, quando fu scolpito nel vostro idolo, non tolse nemmeno un frammento se non con cento colpi di martello.
vv. 43-49: D’avorio, di marmo o di altro che si possa intagliare, difficilmante, una volta scolpita una figura, l’arte possa trasformarla in qualcosa che valga di più; e il mio cuore, di materiale ancora più duro, può temere chi lo uccida o chi lo distrugga, ma non può temere che venga trasformato in una scultura d’amore che lo faccia diventare un’altra figura.
L'Obizzeide: un esperimento poetico
Obizzeide: tra i tanti componimenti d’amore, è praticamente l’unico che non parla di amore. Sono versi encomiastici dedicati alla famiglia d’Este, in particolare a Obizzo d’Este (da cui il titolo Obizzeide), uno dei progenitori della famiglia estense, versi che fungono, in realtà, da “laboratorio” per un Ariosto che si sta avvicinando al poema come genere. In effetti, non siamo ancora ai livelli del Furioso e di questo poema vennero scritti pochi versi, tra l’altro non ancora in ottave ma in terzine dantesche. Probabilmente il poema è stato lasciato incompiuto perché Ariosto iniziò a dedicarsi alla stesura del Furioso. I primi nove versi corrispondono al proemio, e vediamo come l’azione del poeta (“canterò”) sia posta come parola iniziale e la materia sia posta dopo, al contrario, invece, del Furioso, il cui l’azione lirica è posta solo dopo la descrizione della materia. Vi è poi l’invocazione alla donna amata, che funge, in questo caso come in altri, da Musa ispiratrice, esattamente come avviene nella seconda stanza del primo canto del Furioso.
Parafrasi del proemio dell'Obizzeide
Parafrasi: Canterò le armi, canterò le fatiche d’amore, che un cavaliere sopportò pesanti, viaggiando per terra e per mare per molti anni. Voi, occhi soavi, date il favore che siete soliti dare alla mia impresa, voi che, occhi miei belli, avete entrambe le chiavi del mio intelletto. Altri vanno o al Parnaso o a Cirra; io vengo da voi, miei dolci occhi; e non chiedo nessun altro aiuto ai miei versi se non quello offerto da voi.
Domande da interrogazione
- Qual è l'influenza di Pietro Bembo su Ariosto?
- Come viene trattato il tema dell'amore nella poetica di Ariosto?
- Cosa rappresenta la fedeltà della donna amata nei versi di Ariosto?
- Che cos'è l'Obizzeide e quale scopo aveva?
- Qual è la struttura del proemio dell'Obizzeide?
Pietro Bembo influenzò Ariosto a scrivere componimenti in volgare, mescolando koiné padana e modello petrarchesco, nei primi anni del Cinquecento. Le poesie, sistemate fino al 1516, furono pubblicate postume da Jacopo Coppa.
L'amore è un tema centrale nella poetica di Ariosto, visto come motivo di speranza piuttosto che di vergogna, diversamente dal modello petrarchesco. L'amore è legato al tema della fides, con poesie che esplorano la fedeltà e la devozione.
La fedeltà della donna amata è rappresentata come incrollabile e immutabile, paragonata a una pietra che resiste ai colpi del vento e del mare. La donna rimane fedele al suo amato, indipendentemente dalle circostanze.
L'Obizzeide è un esperimento poetico di Ariosto, un poema encomiastico dedicato alla famiglia d'Este, in particolare a Obizzo d'Este. Funziona come un "laboratorio" per Ariosto, che si avvicinava al genere del poema epico.
Il proemio dell'Obizzeide inizia con l'azione del poeta ("canterò") e la materia viene posta dopo. Include un'invocazione alla donna amata come Musa ispiratrice, simile alla struttura del Furioso.