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1. Quale consuetudine mette in discussione l’autore e perché?
L’autore mette in discussione le scansioni di tempo, le fasi cronologiche e le periodizzazioni perché infatti ritiene che suddividere il tempo è un atto che può essere continuamente sottoposto ad un giudizio.
2. Quali sono le caratteristiche delle tradizionali età / epoche con cui di norma si periodizza? Perché sono “comode” (e direi pericolosamente)?
Per comodità pedagogica e per consuetudine si tende a suddividere in 5 periodi chiamati: età preistorica, età antica, età medievale, età moderna ed età contemporanea. Fin dai banchi della scuola elementare ci insegnano che la storia si suddivide nei cinque periodi citati sopra, infatti nonostante questa suddivisione venga considerata pericolosa viene largamente utilizzata poiché è utile quando bisogna datare un evento in un arco di tempo più generale e non con una data precisa.
3. Che cosa vuol dire che le categorie presentate “contengono tutto”?
L’autore afferma che questi cinque grandi compartimenti contengono tutto in quanto anche essi contengono a loro volta periodi più brevi denominati diversamente e in un arco di tempo così lungo si posso avere anche fenomeni che si contrastano un po’ e hanno talvolta differenze anche molto grandi.
4. Che cosa vuol dire che “tutto facilitano, tutto rasserenano, eliminando soverchie controversie”?
L’autore afferma che questi cinque grandi compartimenti tolgono alcuni problemi legati alla datazione meno specifica di avvenimenti storici, aiutano infatti gli studenti ad avere un idea anche solo del secolo di cui si parla. Basti pensare che già dalle scuole elementari viene insegnata storia e quindi spiegare ai bambini i cinque periodi li aiuterà negli anni successivi nella prosecuzione degli studi.
Paragrafo 2
1. Qual è la caratteristica grammaticale predominante nei periodi / frasi del paragrafo?
L’autore nel secondo paragrafo ha utilizzato frasi molto semplici, ovvero ha utilizzato principali e coordinate, e pochissime subordinate.
2. Trascrivi le parole che implicano/ripropongono il tradizionale giudizio storico negativo sul Medioevo.
In questo capitolo l’autore utilizza delle parole che ripropongono il tradizionale giudizio storico negativo sul Medioevo tra cui: orrido buco nero, disprezzo, condanna e situazione degradante.
3. Lessico: “Medioevo” e “feudale” sono la stessa cosa? Rispondi facendo riferimento alle tue conoscenze e, in particolare, ai libri letti durante le vacanze.
Nel testo vengono utilizzati due termini: Medioevo e feudale, ma questi due non hanno lo stesso significato.
Medioevo infatti è il periodo dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, mentre feudale è il sistema che veniva utilizzato nel Medioevo nel quali i feudi erano di proprietà dei feudatari e facevano lavorare numerosi contadini.
4. Quale tesi convenzionale - presente anche sul tuo manuale - viene qui ripresa?
Anche in questo testo viene utilizzata una tesi convenzionale la quale afferma che il Medioevo era ed è considerato come un periodo oscuro e infatti è proprio per questo motivo che tutti noi utilizziamo questo termine per descrivere una situazione degradante.
5. Trascrivi la frase che è la tesi centrale del testo.
6. Come spiega l’autore il valore di “età di mezzo”?
L’autore afferma che il Medioevo è considerato come età di mezzo ovvero come la prima grande frattura che si poneva a metà tra un’antichità immaginaria e una modernità che a quel tempo non si conosceva ancora.
7. Perché viene nominato Francesco Petrarca?
Francesco Petrarca viene nominato nel testo perché è uno tra i tanti personaggi straordinari che considera il Medioevo come età di mezzo.
8. Cosa significa l’espressione “un avvenimento cruciale che trasformava la storia da unidimensionale a bidimensionale”?
Per la civiltà occidentale, la nascita di Cristo è considerata come l’avvenimento che trasformava la storia da unidimensionale a bidimensionale ovvero l’episodio per il quale la storia ha cambiato la divisione in periodi, infatti prima era un unico periodo (unidimensionale) poi venne divisa in due periodi (bidimensionale).
Paragrafo 3
1. Come viene utilizzata la nozione?
2. Cosa è allora il Medioevo?” A cosa serve - retoricamente - la domanda?
Questa domanda viene utilizzata per far riflettere il lettore sulle
“definizioni” che dopo l’autore afferma con termini molto semplici
sottolineati dalla divisione tramite segni di punteggiatura forti.
Paragrafo 4:
1. Cosa viene qui messo in discussione dall’autore? Perché / con quali motivi?
L’autore in questo capitolo mette in discussione il fatto che il Medioevo viene considerato un blocco uniforme perché infatti non si può considerare nello stesso periodo l’evoluzione umana e i suoi comportamenti che variavano lungo il tempo.
2. Cosa accomuna i personaggi citati?
L’autore cita numerosi personaggi e afferma che tutti questi sono accomunati dal fatto che sono vissuti nello stesso periodo.
Paragrafo 5
1. Quale/i aspetti della periodizzazione tradizionale viene qui messo in discussione?
Qui viene messo in discussione il fatto che adoperare una data precisa è pratico, ma inverosimile, in quanto questo crea strappi e salti innaturali.
2. In cosa consiste l’ironia?
L’autore ironizza affermando che molti professori e studenti pensano che dopo che l’ultimo imperatore Romano fu deposto nel 476, il giorno dopo l’umanità cambia faccia precipitando nel declino.
3. Perché l’affermazione è ironica?
Questa affermazione è ironica in quanti siamo tutti consapevoli che è impossibile un tale cambiamento da un giorno all’altro, questo infatti è stata la conseguenza di un periodo di crisi.
Paragrafo 6
1. Qual è il significato di “ingenue” nella frase “si tratta di generalizzazioni ingenue”.
Nella frase “si tratta di generalizzazioni ingenue” si intende che chiunque con un piccolo ragionamento può capire che non si tratta di un cambiamento radicale dalla sera alla mattina e quindi coloro che studiano senza ragionare intende così questo cambiamento.
2. Qual è l’espressione che segna lo snodo, il raccordo testuale tra i paragrafi?
l’espressione che segna lo snodo è “ Al di là dell’ironia”.
3. Qual è la proposta dell’autore? La riprende da chi?
L’autore riprende la proposta di Peter Brow il quale compose un libro dove non vi è un singolo episodio dominante, ma una serie di
fatti-cerniera che uniscono l’intera epoca.
4. Trascrivi le parole con cui l’autore presenta la sua proposta.
L’autore presenta la sua proposta con questa frase: “Quando può essere meglio adoperare un'altra strada …”.
5. Indica i tratti salienti della proposta e della visione del Medioevo; trascrivi le parole che implicano una contestazione alla abitudine invalsa di periodizzazione.
Paragrafo 7
1. Qual è il contenuto precipuo del paragrafo? In cosa è una “continuazione testuale” del precedente?
Nel paragrafo l’autore continua a trattare il problema della periodizzazione soprattutto con quelle che avvengono nel corso del Trecento quando per alcuni storici d’arte inizia una nuova epoca.
2. Esplicita il rapporto tra nozioni e interpretazioni/tesi argomentativa in questo paragrafo.
Paragrafo 8
1. Qual è il contenuto precipuo del paragrafo? In cosa è una “continuazione testuale” del precedente?
Nel paragrafo l’autore tratta il problema della nozione in sé del Medioevo o meglio, afferma che nella cultura occidentale questo termine ha un significato mentre nelle altre culture spesso questo termine non significa nulla per altre culture.
2. Esplicita il rapporto tra nozioni e interpretazioni/tesi argomentativa in questo paragrafo.
PARAGRAFO 9
1. Qual è la caratteristica essenziale del “Medioevo” secondo l’autore?
(compare in due punti nel paragrafo).
Secondo l‘autore, la caratteristica essenziale del Medioevo è quella di raggruppare questo periodo non solo con questo nome perché infatti non viene utilizzato in tutte le culture e in tutti gli stati questo termine e, in un mondo globalizzato come quello di oggigiorno, utilizzandolo si avrebbe il rischio di non essere capiti.
2. Quali sono dunque i limiti delle classificazioni proposte?
Per utilizzare la divisione nei cinque grandi periodi e in particolare per parlare di Medioevo bisogna considerare il fatto che questa classificazione è stata fatta nella nostra cultura e proprio per questo non si può estendere in tutte le regioni del mondo.
3. Alcuni periodi nel paragrafo sono “strani” secondo una concezione elementare della grammatica:quali?Perché?
Secondo una concezione elementare della grammatica italiana, alcune frasi e periodi sono strane ed errate in quanto molte di queste non hanno una principale e sono divise tra loro da segni di punteggiatura forti che non ci dovrebbero essere.
4. Quale è la tesi fondamentale dell’autore? Ricopiala e parafrasala.
La tesi fondamentale dell’autore è: “Mossi come siamo, come ha sottolineato scherzosamente lo storico dell’Oriente Urs App, dal «meccanismo d’Arlecchino», secondo cui l’uomo occidentale ragiona come la maschera veneziana, ossia «pensa che il resto del mondo sia la riproduzione esatta della sua famiglia, e agisca di conseguenza». Invece, i paradigmi si stanno allentando, anche quelli riguardanti il nostro modo di periodizzare. Dopo più di 300 anni da Cellario è venuto il momento di proporne, per il Medioevo, di nuovi. Più attuali. Aderenti alle sfide che ci aspettano.”
Aboliamo il Medioevo
Fasi cronologiche, periodizzazioni, scansioni temporali: questioni importanti.
Perché spezzare il tempo e il suo divenire non è un atto neutro. Ma rappresenta
qualcosa di artefatto. Di congiunturale. Provvisorio, legato al momento, alla sua
fase storica. Alle società e alle epoche in corso. E, perciò, continuamente
sottoponibile a giudizio. A modificarsi a seconda delle evoluzioni, poiché
fondato su convenzioni che variano al variare di sensibilità, gusto e stagioni.
Eppure questo problema, il problema del periodizzare, anche noi storici di
frequente lo sottovalutiamo. Così, continuiamo (per comodità pedagogica, per
consuetudine) a tagliare la storia a fette, con un tempo costruito
artificialmente, frazionato in cinque momenti. E, sin dai banchi della scuola
elementare, sappiamo che la storia si divide in un’età preistorica, una antica,
una medievale, una moderna e una contemporanea. Cinque grandi
compartimenti che tutto contengono. Che tutto facilitano. Che tutto
rasserenano, eliminando soverchie controversie.
Questa suddivisione è conveniente ma genera problemi. Ed è proprio il periodo
che chiamiamo Medioevo – questo orrido buco nero su cui pesano disprezzo e
condanna (chi di noi non ha usato almeno una volta, per parlare di una
situazione degradante, il termine «medioevale» o, peggio ancora, «feudale»?) –
che, di dubbi, ne produce più di altri. Perché non ci si fa caso, ma dobbiamo
esserne consapevoli: il Medioevo non è altro che una costruzione ideologica.
Fino al XIV secolo, nel parlare di storia, l’unica rottura concepibile in Occidente
era la nascita di Cristo: un avvenimento cruciale che trasformava la storia da
unidimensionale in bidimensionale, con un prima e un dopo. A cominciare
invece da una serie di personaggi straordinari – come Francesco Petrarca –
affiora la prima grande frattura, con l’idea di una grande stasi temporale che si
poneva a metà tra un’antichità immaginata e una modernità tutta ancora da
immaginare. L’età di mezzo. Il Medioevo.
Cos’è allora il Medioevo? È una parola fantasma. Inventata. Che, una volta
nata, da sola non bastava. Serviva che venisse precisata; che le si attribuissero
connotati; che si strutturasse. Fino a una data centrale: il 1688, quando,
appena 330 anni fa, Christoph Keller, il Cellario, nella sua opera Historia medii
aevi, adotta per primo, in maniera formale, degli estremi cronologici: e
presenta un intervallo quasi monolitico composto da mille anni inclusi tra due
estremi, il regno dell’imperatore Costantino (306-337) e la caduta di
Costantinopoli, nel 1453.
Oggi, considerare il Medioevo come un blocco uniforme, senza nuances,
suonerebbe ridicolo. Come si fa ad abbracciare, con un solo sguardo,
l’evoluzione della specie umana e i suoi comportamenti lungo un tempo così
estremo per la sua intensa disparità? O valutare all’unisono gente mossa da
impulsi tanto diversi, come Alboino, Carlo Magno, Luigi IX di Francia, Giotto o
Cosimo dei Medici, solo perché vissuti tutti, disgraziatamente, entro questo
intervallo? È assurdo. Tanto quanto parlare di idealtipo dell’uomo medievale.
Tuttavia, se ci si svincola da questo preconcetto e si tenta di segmentare il
Medioevo, l’affare si complica. A partire dai limiti cronologici. Comincia davvero
in un momento preciso? E quando finisce? Chi lo decide? Giacché, si badi bene,
non siamo davanti a postulati, ma a scelte.
Prendiamo, ad esempio, la nascita. Se ci ragioniamo, adoperare una data
precisa è pratico ma fuorviante. In quanto inganna e distorce il fluire del tempo,
creando strappi e salti innaturali. Con studenti e insegnanti che, ho potuto
verificarlo di persona, continuano a immaginare che, una volta deposto l’ultimo
imperatore romano nel 476, il giorno dopo l’umanità cambia faccia,
precipitando nell’inevitabile declino di un mondo calpestato dalla barbarie
mentre 24 ore prima si navigava nello splendore!
Al di là dell’ironia, si tratta di generalizzazioni ingenue, ma purtroppo diffuse.
Quando può essere meglio adoperare un’altra strada, con lo scindere dal
Medioevo una fase duratura, non fondata su un unico, grande avvenimento
periodizzante ma su un grappolo di episodi-chiave che ne cadenzano il
cammino. Nel 1971, Peter Brown, nel suo libro The World of Late Antiquity (Il
mondo tardo antico, Einaudi, 1974), inaugurava questa strada parlando di
Tardoantico: un lunghissimo e instabile periodo che va dal 200 all’800 d.C. nel
quale la lenta dissoluzione dell’antico mondo mediterraneo lascia il posto alla
creazione di tre civiltà, tutte continuatrici, ognuna a suo modo, della civiltà
ellenistico-romana: l’Occidente europeo, Bisanzio e l’Islam. All’interno del quale
non bisogna cercare un singolo episodio dominante ma una serie di fatti-
cerniera che saldano l’intera epoca, in una sequenza che, per esempio, dalla
Constitutio Antoniniana di Caracalla del 212 passa attraverso Adrianopoli (378),
il sacco di Roma di Alarico del 410, l’Egira del 622, Poitiers nel 732 e giunge
fino alla morte di Carlo Magno nell’814.
Analogo problema sta nel definire la conclusione, con periodizzazioni che
assumono un’estrema elasticità. Che si riduce d’ampiezza se si seppellisce il
Medioevo nel corso del Trecento, quando, per gli storici dell’arte, comincia una
fase del tutto nuova per lo spirito e la cultura umana, che ha spinto a creare
un’altra bolla temporale, definita in area anglosassone early modern
Renaissance. Oppure si dilata, con un Rinascimento che viene assorbito in toto
in un lungo Medioevo, assimilato come sua parte essenziale: un tipo di lettura
che ne estende i contorni ai primi decenni del Cinquecento. Senza contare poi
gli studi economici, dove la lenta età preindustriale prolunga i suoi tentacoli nel
Settecento, tanto da lambire la prima rivoluzione industriale.
E per le demarcazioni interne? Cosa c’è dopo il Tardoantico? C’è una lunga fase,
compresa tra metà del IX e fine dell’XI secolo, caratterizzata da una sequenza
di fenomeni diversi e tumultuanti, nella quale convivono accanto a forti periodi
di caos politico e sociale i primi segnali di ripresa. Un’«età dell’anarchia», che si
può chiudere con l’evento periodizzante della Prima Crociata e si confonde con
la successiva, che copre il XII e il XIII secolo: l’epoca delle rinascite, con le
grandi sperimentazioni politiche, sociali ed economiche che vanno dalla
ripartenza delle città alle esperienze comunali, dal feudalesimo alle rivoluzioni
agricole e commerciali. Secoli che terminano con l’inizio della grande epoca
delle distruzioni creative trecentesche, con il prevalere degli Stati-nazione; di
una nuova concezione del lavoro e della finanza; e di un rinnovato ambiente
culturale e di sollecitazione tecnologica che è il Rinascimento.
Se queste distinzioni aiutano a declinare meglio il discorso, finiscono comunque
per proporre sempre visioni d’insieme che si intrecciano tra loro, ma non
tengono conto della miriade di variabili che rappresentano il dato pregnante del
mondo medievale. Cui sarebbe meglio sostituire, all’etichetta uniforme di
«Medioevo», quella forse più pertinente di «società medievali», adatta a
distinguere un contesto, come fu quello occidentale, dove ogni cosa apparve
difforme da un luogo all’altro, da una regione all’altra e perfino da una città
all’altra. In cui nozioni di comodo come quelle di crescita o di crisi, spesso
adoperate nelle periodizzazioni, appaiono eccessive, considerata l’impossibilità
di valutare, con delle espressioni che tutto vogliono contenere, un mondo che,
nei fatti, fu incontenibile, parcellizzato, incostante e variabile.
D’altra parte, bisogna riflettere su un altro aspetto: la nozione di Medioevo a
chi appartiene? Solo all’Occidente cristiano, dove la parola significa qualcosa,
mentre altrove, nel resto del mondo, comunica poco o nulla. Fino a qualche
decennio fa, potevamo infischiarcene. Ma oggi, in una dimensione dove la
storia globale ribadisce il suo ruolo, il concetto di Medioevo perde importanza,
in una logica in cui la storia si amplifica e smarrisce i suoi tradizionali connotati.
Infatti, se si considera l’intero globo come unità di misura, i nostri termini
cronologici si relativizzano e non funzionano più. Che senso ha assumere come
punto di riferimento la deposizione di Romolo Augustolo? Nessuna, se il nostro
punto di osservazione spaziale diventa, come ha fatto di recente Frederick Starr
nel suo Illuminismo perduto (Einaudi), l’Asia centrale. E il metro «Medioevo»
diventa ancora più incoerente se prendiamo in considerazione regioni come il
centro Africa o addirittura il mondo precolombiano. Ma questo metro
continuiamo a usarlo, imponendolo. Con una tendenza a considerare tutto ciò
che è al di fuori di noi come corrispondente alla nostra stessa cultura.
In questo atteggiamento, di voler riprodurre a tutti i costi il medesimo schema
cronologico occidentale anche per realtà diverse dalla nostra, si nasconde un
vecchio presupposto eurocentrico. Mossi come siamo, come ha sottolineato
scherzosamente lo storico dell’Oriente Urs App, dal «meccanismo
d’Arlecchino», secondo cui l’uomo occidentale ragiona come la maschera
veneziana, ossia «pensa che il resto del mondo sia la riproduzione esatta della
sua famiglia, e agisca di conseguenza». Invece, i paradigmi si stanno
allentando, anche quelli riguardanti il nostro modo di periodizzare. Dopo più di
300 anni da Cellario è venuto il momento di proporne, per il Medioevo, di nuovi.
Più attuali. Aderenti alle sfide che ci aspettano.
ABOLIAMO IL MEDIOEVO: GUIDA COMPRENSIVA
PARAGRAFO 1
1. Quale consuetudine mette in discussione l’autore e perché?
L’autore mette in discussione le scansioni di tempo, le fasi cronologiche e
le periodizzazioni perché infatti ritiene che suddividere il tempo è un atto
che può essere continuamente sottoposto ad un giudizio.
2. Quali sono le caratteristiche delle tradizionali età / epoche con cui di norma
si periodizza? Perché sono “comode” (e direi pericolosamente)?
Per comodità pedagogica e per consuetudine si tende a suddividere in 5
periodi chiamati: età preistorica, età antica, età medievale, età moderna
ed età contemporanea. Fin dai banchi della scuola elementare ci
insegnano che la storia si suddivide nei cinque periodi citati sopra, infatti
nonostante questa suddivisione venga considerata pericolosa viene
largamente utilizzata poiché è utile quando bisogna datare un evento in
un arco di tempo più generale e non con una data precisa.
3. Che cosa vuol dire che le categorie presentate “contengono tutto”?
L’autore afferma che questi cinque grandi compartimenti contengono
tutto in quanto anche essi contengono a loro volta periodi più brevi
denominati diversamente e in un arco di tempo così lungo si posso avere
anche fenomeni che si contrastano un po’ e hanno talvolta differenze
anche molto grandi.
4. Che cosa vuol dire che “tutto facilitano, tutto rasserenano, eliminando
soverchie controversie”?
L’autore afferma che questi cinque grandi compartimenti tolgono alcuni
problemi legati alla datazione meno specifica di avvenimenti storici,
aiutano infatti gli studenti ad avere un idea anche solo del secolo di cui si
parla. Basti pensare che già dalle scuole elementari viene insegnata
storia e quindi spiegare ai bambini i cinque periodi li aiuterà negli anni
successivi nella prosecuzione degli studi.
PARAGRAFO 2
1. Qual è la caratteristica grammaticale predominante nei periodi / frasi del
paragrafo?
L’autore nel secondo paragrafo ha utilizzato frasi molto semplici, ovvero
ha utilizzato principali e coordinate, e pochissime subordinate.
2. Trascrivi le parole che implicano/ripropongono il tradizionale giudizio storico
negativo sul Medioevo.
In questo capitolo l’autore utilizza delle parole che ripropongono il
tradizionale giudizio storico negativo sul Medioevo tra cui: orrido buco nero,
disprezzo, condanna e situazione degradante.
3. Lessico: “Medioevo” e “feudale” sono la stessa cosa? Rispondi facendo