Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Il Medioevo.
Potrebbe forse essere assunta cm metafora, la progressiva stilizzazione
della figura umana, per comprendere le mutate condizioni dell’erotismo a
partire già dall’epoca tardo imperiale, (seconda metà del III, prima metà
del IV sec. d.C.) dopo la caduta dell’impero romano d’occidente, che si
avviava a preparare la nuova cultura artistica del Medioevo.
Il processo di stilizzazione, che oltre a riguardare l’anatomia umana
comprende anche l’appiattimento dello spazio prospettico e un progressivo
abbandono del dato naturalistico, tutto a vantaggio di una geometrizzazione
delle forme, era in realtà già cominciata prima; basti osservare la
pavimentazione della stanza numero 28 della villa romana di piazza
Armerina per notare come l’immagine femminile sia già stereotipata e
rigida, coma accade anche per la contemporanea tarsia in opus sectile
conservata a Palazzo Massimo alle Terme dove le figure femminili, le ninfe
rapitrici di Hylas,figlio di Ercole
e Argonauta,rassomiglino molto
alle palestrine di piazza
Armerina. Le pose e le figure
lasciano trasparire un sottile
erotismo ma che non è certo
paragonabile e quello delle
immagini prodotte due secoli
prima.
I motivi di questa modifica nella
resa delle immagini sono da
ricercare in una serie di
concause come i contatti con le
Hilas rapito dalle ninfe
civiltà mediorientali e persiane e al burrascoso incontro con le civiltà
barbariche.
Vanno anche ricordati gli aspetti filosofici che contribuirono a simili scelte.
Molto valida è l’influenza dello stoicismo perché per gli stoici il sapiente è
colui che sradica da se le passioni e si libera dal condizionamento dei
bisogni corporali e spirituali: “ Il vero piacere è il disprezzo dei piaceri”
diceva Seneca nel 65 d.C. Va da sé che questo atteggiamento finisse per
favorire il disinteresse nei confronti del corpo che trovò la sua naturale
conclusione nel diffondersi della dottrina cristiana. Ora se dal punto di
vista artistico il risultato fu l’allontanarsi del dato naturalistico con la 16
conseguente stilizzazione delle forme, da quello morale si ebbe una
completa sostituzione dei valori.
Una superficiale lettura del pensiero cristiano tende a considerare questo
come assertore della negatività del corpo in quanto fonte di piacere e quindi
di peccato. Al contrario la condanna morale sul quale si pronuncia il
cristianesimo nei confronti con l’erotismo dipende dall’alta considerazione
che si ha del corpo come luogo sacro in cui Dio vuole specchiarsi. In questo
modo l’idea pagana del corpo come pietra angolare di bellezza e armonia si
scinde dal nuovo sigillo imposto dal Dio cristiano che sostiene che non si
può svendere questo tesoro, cioè il proprio corpo, al piacere fine a se stesso
che distoglie dalla contemplazione di Dio. Non è dunque il corpo ad essere
peccaminoso ma l’uso sbagliato che se ne fa.
Tutto questo per fugare l’idea di un cristianesimo radicalmente
sessuofobico e accantonare un clichè da troppo tempo ripetuto.
Certo è però che la produzione figurativa d’ispirazione cristiana che
fiorisce dal tardo antico al Medioevo non contempla di sicuro immagini
esplicite come quelle di Pompei. Un
esempio leggermente più sfrontato lo
troviamo semmai nelle immagini dei
supplizi che i dannati subiscono
all’inferno circa i tormenti a sfondo
sessuale, dice lo pseudo Tito:“ La
sofferenza di alcuni sta nell’organo
sessuale, le femmine vengono
tormentate alle mammelle, le vergini
sono arrostite sulle graticole, la
diversità dei tormenti corrisponde
alla diversità dei peccati. Colpiti
negli organi sessuali sono gli
adulteri e i pederasti, le donne Cappella degli Scrovegni, Inferno
tormentate alle mammelle sono quelle che offrirono il loro corpo”.
Nonostante queste parole siano state scritte nel V secolo questa visione
ricorda molto a quella rappresentata da Giotto nel Giudizio Universale
della cappella degli Scrovegni di Padova.
Come si vede non è possibile utilizzare un’unica chiave di lettura per
interpretare il rapporto tra cristianesimo ed erotismo. L’allusione alla 17
negatività del piacere sessuale viene addirittura sovrapposta al peccato
originale.
Un altro esempio interessante e pertinente nel nostro caso è quello di
cupido che subirà notevoli modifiche nell’iconografia medievale.
Ricordiamo che la denominazione latina di Eros comprende tre divinità,
Eros, appunto, (Amore), Imeros ( Desiderio) e Pathos ( Brama); in un primo
tempo la figura di Eros compare nell’immaginario cristiano come semplice
citazione del mondo antico, ma quando invece Amore comincerà ad
assumere un ruolo nella letteratura e nell’immaginario medievale allora la
sua iconografia si trasformerà da quella del puttino nudo a quella
demoniaca, se non ci fosse infatti la scritta, sulle vele della cappella
inferiore di Assisi, sarebbe difficile
riconoscere come Amore una specie di
uccellaccio alato con zampe grifagne ma
tronco e testa umani, con la faretra a
tracolla e la benda sugli occhi che va ad
accomunarlo alla fortuna e alla morte.
Non bisogna però pensare che il pensiero
medievale abbia considerato l’erotismo
sotto una luce completamente negativa,
altrimenti non si spiegherebbe come mai
Dante, lauto esponente dell’ambiente e
della vita medievale, avesse affidato a una
donna, Beatrice, (quindi portatrice di Allegoria della castità, Cupido cieco
peccato), il compito di guidarlo verso paradiso, o il perché proprio in
questo periodo ci sia stato il fiorire di una poesia come quella cortese che
pone al centro del proprio
interesse la figura femminile,
sebbene angelicata. Si ricordi
anche il Decameron dove gli
esempi boccacceschi si fanno
spie di una società che vive
l’erotismo con una forte
componente ironica e burlesca.
A dimostrare quanto detto, con
grande senso di auto ironia,
vediamo come nella bolla
dell’imperatore Carlo IV, miniata nell’anno 1400, egli si sia fatto ritrarre 18
quasi ingabbiato dalla lettera “W” che costituisce l’iniziale del suo nome.
Quasi come novello Davide che sbircia Betsabea al bagno osserva giovani
fanciulle che si spogliano con grande grazia per lavarsi.
Come si vede, anche il Medioevo, artisticamente è un secolo che lascia
spazio alla sensualità, che si fa discreta o si colora di biblica inquietudine.
E un’analisi più attenta di questo periodo permette di sfatare luoghi
comuni, soprattutto dal punto di vista dell’erotismo, che liquidano il
Medioevo come età dei secoli bui. 19
Il Quattrocento.
La misura di quanto fosse cambiato il clima artistico e letterario in
relazione all’erotismo nel XV sec. filtra dalle prediche infuocate di san
Bernardino contro l’omosessualità maschile, addirittura coltivata in
famiglia, con fanciulli e ragazzotti che venivano instradati dalle madri a
pratiche sessuali di questo tipo. Altri dati sugli usi e costumi, diciamo
sentimentali, del Quattrocento ci sono riportati dall’umanista Poggio
Bracciolini che nel suo Liber Facetiarum narra di arguti pettegolezzi su
contadine vogliose, mariti babbei, parroci intraprendenti e nobildonne
lussuriose. Altri letterati si misurano con il tema erotico tra ironia e
surrealtà come Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna. Coma si
vede il Quattrocento riesce a toccare tutti gli aspetti del tema erotico.
Altro fatto da prendere in alta considerazione per comprendere meglio
questi cambiamenti sono gli scritti di Enea Silvio Piccolomini, nobile
senese, che si cimentò nella stesura di numerose elegie amorose e di una
novella erotica, che nel contesto fino ad ora delineato non avrebbe nulla di
stravagante, sta però di fatto che nonostante questi apprezzabili esercizi
letterari egli fosse ugualmente eletto al soglio pontificio con il nome di Pio
II, nel 1458. Questo fatto però gli fu rimproverato in conclave dal cardinale
di Rouen che lo apostrofò dicendo:” Porremo un poeta sul seggio di san
Pietro e governeremo la chiesa con dottrine pagane”.
La cosa che a noi interessa maggiormente di questo aneddoto è che il
cardinale toccò un punto fondamentale, cioè il rapporto con la cultura
pagana. Infatti rispetto alla produzione letteraria del Medioevo, che si può
semplificare nel Decameron di Boccaccia, quella di Pio II si caratterizza
per un dato evidentissimo, cioè quello di essere scritto in latino e non in
volgare. La scelta della lingua colta non è da sottovalutare perché è un
chiaro riferimento al mondo latina di Propezio e di Plauto. Quindi, mentre
nel mondo medievale, la cristianità di poneva come elemento di distacco tra
la cultura del tempo e quella classica, ora con Pio II la si vuol far rivivere.
Ma quale fu l’elemento scatenante che contributi a far rivivere la classicità
e ad influenzare il pensiero rinascimentale? La risposta è presto detta. Nel
1417 nell’abbazia benedettina di Murbach Poggio Bracciolini riscoprì il De
rerum Natura di Lucrezio che, esponeva in forma altamente letteraria le
teorie Epicureo che intende il piacere come assenza di dolore e distanza
dalle passioni, egli scrive:”il dolore sia sempre lontano dal corpo e l’animo
goda di una piacevole tranquillità libera da ogni preoccupazione e timore”.
In altri termini l’antichità ora era il futuro. 20
Ora tutto questo movimento intellettuale sbocciava all’unisono con il
recupero dei paramenti della rappresentazione artistica, cioè la spazialità
prospettica e la cura per l’anatomia delle figure, che si ispiravano
direttamente al mondi greco-romano. Così per rappresentare la
passionalità e la foga d’amore ci si ispirava, come Antonio del pollaiolo, a
dipingere il ratto di Deianira, per un cassone dove emerge tutta la carica
erotica e la
sensualità della
scena con una
Deianira tanto
indifesa quanto
provocante che si
abbandona, suo
malgrado, fra le
braccia nerborute
del centauro Nesso.
Alla fine del secolo
poi, Piero di
Cosimo, realizzando
le Storie di Sileno, per Giovanni Vespucci, si diverte a elaborare scene il cui
intento morale è quello di mostrare l’aspetto deteriore della Voluptas, cioè
il godimento. Infatti la smodata ricerca del miele
da parte di Sileno lo porterà poi a scambiare
per api un nido di vespe e cadrà miseramente
dall’asino che lo trasportava dopo essere stato
punto sulla testa. Da questa scena si può
ricavare un monito morale che non si sarebbe
potuto trovare nelle produzioni precedenti. Come si
vede il mondo della mitologia diverrà un immenso
serbatoio di immagini da cui attingere a secondo
delle necessità rappresentative.
D’altra parte la relazione tra amore e miele come
metafora per delle gioie e delle pene del cuore (le
punture degli insetti appunto) diviene ancora più
chiaro nelle opere come Venere e Amore con
favo di miele, di Lucas Cranach affrontato però
nel primo trentennio del secolo successivo
(1527)in doppia versione di cui quella 21
presente nella Galleria Borghese presenta in alto a destra un’iscrizione
lasciata dall’artista con i versi poetici narranti come Amore si sia punto nel
tentativo di raggiungere il miele. Quindi esiste anche una dimensione
negativa dell’amore legata alle difficoltà di dominare le passioni da cui
potrebbero derivare pericoli. Con il quattrocento viene di nuovo modificata
l’immagine di Eros, alla quale viene data maggiore importanza, rispetto
alle altre divinità mitologiche nelle rappresentazioni metaforiche. Il
distorna ad essere un adorabile puttino perdendo le sembianze
demoniache attribuitegli nel Medioevo ma mantiene la sua cecità, a
simboleggiare la casualità con la quale ci si può innamorare. Gli vengono
però iconograficamente affidate le due frecce, una d’oro e una di piombo, la
prima che dava origine ad amori corrisposti e la seconda ad amori
tormentati. Nemmeno il bellicoso ed iracondo Marte poteva sottrarsi
all’influenza di Amore (Eros) e alla bellezza di Venere, lo vediamo bene
nella splendida tavola realizzata da Sandro Botticelli
dove il dio
assopito dopo le
fatiche
dell’amore lascia
addirittura che
impertinenti
satirelli giochino
con le sue armi,
iconografia del tutto inaspettata nei riguardi del dio Marte, ma che
apparteneva alla visione rinascimentale. Ma ancora più strana la visione