Concetti Chiave
- La Vitis vinifera, originaria del Terziario, è utilizzata dall'epoca neolitica per produrre vino e uva da tavola.
- La vite europea è suddivisa in vari sottogeneri e sottospecie, con differenze significative tra radici, fusto e foglie.
- La viticoltura è fortemente influenzata da fattori climatici come insolazione, temperatura e piovosità, che possono determinare la qualità e la quantità delle uve.
- La fillossera della vite, un problema storico per la viticoltura europea, è stata contrastata con l'innesto di viti europee su portinnesti resistenti americani.
- Il miglioramento genetico della vite si è concentrato su portinnesti resistenti e selezione clonale per mantenere la qualità del prodotto finale.
La Vite.
La Vitis vinifera, nota anche come vite europea, compare in Europa verso la fine del Terziario, ma la sua utilizzazione risale al Neolitico (per produrre uve da vino o uva da tavola).
Scritture sumeriche risalenti alla prima metà del III millennio a.C. testimoniano che la vite veniva già allora coltivata per produrre vino.
Le prime testimonianze nell'Italia del Nord risalgono al X secolo a.C. Più della metà della produzione mondiale si ha in Europa.
- Muscadinia;
- Euvitis: le varie specie sono riunite in tre gruppi in base all'areale di origine: viti americane, viti asiatiche orientali e viti euroasiatiche.
La Vitis vinifera comprende due sottospecie, la V. vinifera silvestris e la V. vinifera sativa.
Le viti coltivate si possono suddividere in viti orientali e viti mediterranee.
Per quanto riguarda le radici, a seconda che la pianta derivi da seme o da talea, si distinguono:
- radici fittonanti, cioè quelle originate dal seme e da cui derivano quelle di ordine inferiore e di minori dimensioni;
- radici avventizie, cioè quelle originatesi dalla talea, in genere vicino al nodo; sono di tipo fascicolato, di sviluppo omogeneo e da cui derivano quelle di ordine inferiore.
Il fusto o ceppo o tronco ha un aspetto contorto ed è avvolto dal ritidoma che si sfalda longitudinalmente. Il fusto è verticale ma può avere diversa inclinazione a seconda della forma di allevamento. Le ramificazioni sono chiamate germogli o pampini quando sono erbacee, tralci quando sono lignificate. Se derivano da rami di un anno sono chiamate cacchi, polloni invece se derivano da legno vecchio. I tralci sono costituiti da nodi e internodi in numero e lunghezza variabile.
Le foglie della vite sono semplici, sono formate da un picciolo di diversa lunghezza e da una lamina palmato-lobata con cinque nervature primarie che possono originare altrettanti lobi separati da insenature dette seni. Le foglie sono inoltre asimmetriche ed eterofille (cioè sullo stesso tralcio si hanno foglie di forma diversa). La foglia può essere ricoperta di peli.
Nella vite si trovano soltanto gemme che hanno origine dal meristema primario, e possono essere gemme pronte, ibernanti o normali e latenti.
I cirri o viticci sono organi di sostegno volubili; erbacei durante l'estate, lignificano con la fine del ciclo vegetativo.
I fiori della vite non sono singoli, ma riuniti a formare un'infiorescenza, detta grappolo composto o, meglio, racemo composto o pannocchia, inserita sul tralcio in posizione opposta alla foglia.
L'infiorescenza è costituita da un asse principale (rachide) sul quale sono i racimoli, l'ultimo dei quali è detto pedicello e porta il fiore. Il numero dei fiori per grappolo è molto variabile (fino a 100). I fiori sono ermafroditi; cinque sono gli stami; l'ovario è bicarpellare e contiene 4 ovuli.
A seconda della vitalità degli organi maschili e femminili, sulla vite si possono trovare fiori ermafroditi, staminiferi e pistilliferi.
Il frutto della vite è una bacca (acino), costituito da un epicarpo o buccia, dal mesocarpo o polpa (tessuto molle e succoso) e dall'endocarpo (tessuto membranoso in cui sono contenuti i semi o vinaccioli).
Gli acini sono posti sui pedicelli che formano, con le ramificazioni del grappolo, il raspo o graspo.
Negli ambienti viticoli dell'Italia meridionale ed insulare non esiste il problema di un adeguata insolazione in quanto questa risulta più che sufficiente affinché si compia il ciclo biologico della vite, pianta tipicamente eliofila. Nel settentrione di'Italia esiste invece una correlazione diretta tra eliofania e contenuto zuccherino. Se la radiazione solare è in grado di determinare il grado zuccherino o l'epoca di maturazione dell'uva, la temperatura influenza tutte le fasi fenologiche della pianta, e può addirittura determinarne la morte. I danni da eccesso termico riguardano esclusivamente la viticoltura meridionale e insulare e sono in rapporto anche alla ventosità.
Nelle zone a bassa piovosità primaverile-estiva è necessaria un'oculata regimazione idrica in modo da conservare nel terreno l'acqua caduta durante l'inverno. La pianta di vite richiede quantitativi diversi di acqua disponibile nelle differenti fasi vegetative. Una scarsa piovosità durante l'inverno induce il risveglio vegetativo, ma i germogli, dopo l'allegagione, in genere cessano di crescere e l'uva, specialmente quella dei vitigni più vigorosi, non arriva a maturazione. Danni più o meno simili si hanno anche a causa della siccità estiva, in quanto viene a mancare la disponibilità idrica proprio nel momento in cui la pianta è particolarmente esigente. Altrettanto dannose sono le piogge eccessive durante l'estate o l'autunno. Nel primo caso si determina la formazione di un prodotto molto acquoso, con basso contenuto di zuccheri e elevato di acidi, mentre nel secondo caso vengono particolarmente favoriti gli attacchi di muffa grigia con conseguenze dannose sul vino.
La vite europea presenta un'ampia adattabilità al terreno ma con l'introduzione dei portinnesti tale caratteristica non ha più importanza. Come il portinnesto, così anche il terreno è in grado di determinare la qualità e la quantità della produzione viticola sia direttamente (composizione chimica e fisica, colore) sia indirettamente in relazione ad alcuni fattori che possono modificare il microclima di quel determinato ambiente.
Nel periodo compreso tra il 1858 e il 1862 comparve in Europa la Fillossera della vite, afide, che si diffuse rapidamente in tutte le zone viticole dimostrandosi esiziale per i pregiati vitigni europei. In Italia arrivò nel 1879.. Durante il suo progressivo espandersi nella penisola italiana distrusse due milioni di ettari di vigneti. Le radici della vite europea, a differenza di quella americana, sono sensibili alle punture della Fillossera. I tessuti radicali subiscono una grave disorganizzazione, spesso aggravata da successivi insediamenti di microrganismi patogeni. La pianta deperisce notevolmente e quindi muore. Esso venne risolto mediante l'innesto della vite europea, produttrice di vini di qualità, su piede di vite americana o di suoi ibridi, resistenti agli attacchi della Fillossera.
La propagazione della vite può essere ottenuta per seme, propaggine, talea e innesto. Quest'ultimo può essere effettuato con vari sistemi (a gemma o a marza) e con tecniche diverse per favorire l'attecchimento, ma in ogni caso richiede che il materiale di partenza sia sano.
Gli ibridi produttori diretti (IPD) sono quei vitigni che, ottenuti per ibridazione tra una vite americana e quella europea, risultano resistenti alla fillossera e in grado di fornire un prodotto utilizzabile. I numerosi ibridi ottenuti dalla fine dell'Ottocento non hanno dimostrato però un'adeguata resistenza alla fillossera e pertanto la loro coltivazione aveva luogo solo previo innesto. Perciò, non essendo più franchi di piede, furono denominati ibridi produttori o IP. Tali ibridi, poi, non sempre sono resistenti alla peronospora e all'oidio. Inoltre offrono un prodotto di qualità nettamente inferiore rispetto a quello della Vitis vinifera, che alla degustazione ha un particolare sapore, denominato foxy o volpino, che può essere trasmesso al vino. Il vino da essi ottenuto presenta inoltre due gravi difetti: la limitata conservabilità (inferiore all'anno) e il contenuto doppio di alcool metilico rispetto a quello ottenuto dalla vite europea.
Il lavoro di miglioramento genetico è stato rivolto principalmente verso la ricerca di numerose specie pure o ibridi, naturali o indotti, da utilizzare come portinnesti. I tantissimi portinnesti ottenuti in più di un secolo di ricerche sono riconducibili ai seguenti gruppi:
a) selezioni di linee pure;
b) ibridi semplici e complessi tra viti americane;
c) ibridi semplici e complessi tra vite europea e viti americane.
Di tutti questi portinnesti, per legge, in Italia ne possono essere coltivati solo una trentina.
I principali portinnesti sono stati ottenuti incrociando tra di loro, o con vite europea, Vitis Berlandieri, Vitis riparia e Vitis rupestris.
a) Selezioni di linee pure: sono impropriamente definite linee pure, in quanto costituite da piante da seme di dubbia origine. Oggi sono rappresentate da due soggetti appartenenti rispettivamente alla Vitis riparia e alla Vitis rupestris;
b) ibridi semplici e complessi tra viti americane: a questo gruppo appartiene la maggior parte degli ibridi di cui è consentita la moltiplicazione in italia. Berlandieri x Riparia è il gruppo più numeroso e comprende i portinnesti più impiegati sia in Italia che all'estero;
c) ibridi semplici e complessi tra vite europea e viti americane: questi ibridi non hanno mai avuto un buon successo a causa della limitata resistenza alla fillossera determinata dal genitore europeo.
E' stato attuato un programma di miglioramento genetico applicando il metodo della selezione massale, cioè la scelta e moltiplicazione del materiale considerato migliore. in questo modo, però, si sono ottenute molte popolazioni clonali che, pur avendo origine da una popolazione pressoché uniforme, hanno subito nel tempo un numero tale di variazioni da essere considerate, oggi, addirittura come varietà diverse. Un metodo sicuramente più rispondente alla situazione attuale è la selezione clonale, consistente nel prelevare materiale da riprodurre da un'unica pianta, in modo da creare un'unica popolazione clonale, omogenea fenotipicamente e genotipicamente.
Un altro metodo di miglioramento genetico è l'autofecondazione, consistente nel far fecondare il fiore da polline del medesimo grappolo. Anche l'incrocio è largamente utilizzato.
Le diverse operazioni che devono essere eseguite dopo aver scelto soggetto e vitigno a seconda dei vari fattori sono:
- livellamento del terreno;
- aratura più o meno profonda a seconda del tipo di terreno;
- concimazione d'impianto organica e minerale;
- regimazione delle acque mediante affossatura a cielo aperto o drenaggio sotterraneo;
- lavorazioni complementari per l'affinamento del terreno;
- squadratura e picchettamento;
- piantamento e prime cure delle piante.
A queste operazioni generali se ne possono aggiungere delle altre come la correzione dell'acidità, della salinità, del calcare.
Un terreno in cui è appena stato effettuato l'espianto di un vigneto non dovrebbe ricevere subito la medesima coltura, per il cosiddetto fenomeno della "stanchezza" del terreno. Dovrebbe essere mantenuto a riposo e cioè coltivato con altre piante (graminacee o leguminose) per alcuni anni.
Riguardo alla potatura di produzione, le operazioni si distinguono in: potatura secca o invernale e potatura verde o estiva.
La concimazione è di fondamentale importanza nella coltura della vite. utile sarebbe quella organica periodica, sotto forma di letamazione o sovescio di leguminose; basilare è quella minerale basata su concimi azotati, potassici e fosfatici.
Per quanto riguarda il terreno, questo può essere tenuto libero mediante periodiche lavorazioni, inerbito oppure inerbito nell'interfila e diserbo lungo il filare. L'inerbimento presenta diversi vantaggi quali: la facilità di accesso delle macchine, la riduzione dell'attività di erosione delle acque meteoriche, la mancata formazione della suola di lavorazione, le minori escursioni termiche.
Nella vendemmia manuale un operatore può raccogliere mediamente 80-120 kg/h di uva, a seconda del sistema di allevamento e delle condizioni operative. Le macchine agevolatrici possono trovare un inserimento nella coltura dell'uva da tavola mentre per le uve da vino si richiedono macchine per la raccolta meccanica integrale. Le vendemmiatrici possono essere a scuotimento orizzontale o verticale.
Le avversità sono rappresentate dalle difficili condizioni climatiche, dalle alterazioni dovute a carenze o eccessi nutrizionali e idrici, da un errato uso di fitofarmaci o dagli inquinanti atmosferici. Le principali avversità meteoriche sono la brina, il gelo e la grandine. Le carenze nutrizionali riguardano prevalentemente i meso e i microelementi in quanto i macroelementi vengono regolarmente apportati con le concimazioni ordinarie. Per quanto riguarda il contenuto di acqua del terreno, sia un eccesso che un difetto risultano particolarmente dannosi.
le principali virosi della vite sono la degenerazione infettiva, le enazioni, il legno riccio, l'accartocciamento fogliare, la suberosi corticale e la flavescenza dorata.
L'unica batteriosi che può determinare danni alla vite è quella causata dall'Agrobacterium tumefaciens.
Le malattie fungine sono sicuramente quelle che determinano, o possono determinare, i maggiori danni alla vite. A quelle conosciute da molto tempo, come la peronospora, l'oidio, la botrite, se ne sono aggiunte di nuove, come il mal dell'esca, l'escoriosi, l'eutipiosi.
Tra gli insetti, ricordiamo: tignola dell'uva, tignoletta dell'uva, cicaline, fillossera, alcuni insetti nottuidi sigaraio.
Tra gli acari: ragno rosso, ragnetto giallo, ragnetto rosso.
I nematodi parassiti della vie sono molti e tutti vivono esclusivamente a spese dell'apparato radicale e pertanto una loro rapida individuazione risulta impossibile.
Domande da interrogazione
- Qual è l'origine storica della coltivazione della vite in Europa?
- Quali sono le principali differenze tra le radici fittonanti e avventizie della vite?
- Come influiscono le condizioni climatiche sulla coltivazione della vite in Italia?
- Quali sono le principali avversità che colpiscono la vite?
- Quali metodi di miglioramento genetico sono utilizzati per la vite?
La Vitis vinifera, nota come vite europea, è presente in Europa dalla fine del Terziario, ma la sua coltivazione risale al Neolitico. Testimonianze sumeriche del III millennio a.C. indicano che la vite veniva già coltivata per produrre vino.
Le radici fittonanti derivano dal seme e danno origine a radici di ordine inferiore, mentre le radici avventizie si originano dalla talea, sono di tipo fascicolato e si sviluppano in modo omogeneo.
Nel sud Italia, l'insolazione è sufficiente per il ciclo biologico della vite, mentre nel nord esiste una correlazione tra eliofania e contenuto zuccherino. La temperatura influenza tutte le fasi fenologiche e può causare danni termici, specialmente nel sud.
Le avversità includono condizioni climatiche difficili, carenze o eccessi nutrizionali e idrici, uso errato di fitofarmaci, virosi come la degenerazione infettiva, batteriosi da Agrobacterium tumefaciens, malattie fungine come la peronospora e insetti come la fillossera.
I metodi includono la selezione massale, la selezione clonale, l'autofecondazione e l'incrocio. Questi metodi mirano a ottenere portinnesti resistenti e varietà di vite di qualità superiore.