Versione originale in latino
'Regna bellaque per Gallias semper fuere donec in nostrum ius concederetis. Nos, quamquam totiens lacessiti, iure victoriae id solum vobis addidimus, quo pacem tueremur; nam neque quies gentium sine armis neque arma sine stipendiis neque stipendia sine tributis haberi queunt: cetera in communi sita sunt. Ipsi plerumque legionibus nostris praesidetis, ipsi has aliasque provincias regitis; nihil separatum clausumve. Et laudatorum principum usus ex aequo quamvis procul agentibus: saevi proximis ingruunt. Quo modo sterilitatem aut nimios imbris et cetera naturae mala, ita luxum vel avaritiam dominantium tolerate. Vitia erunt, donec homines, sed neque haec continua et meliorum interventu pensantur: nisi forte Tutore et Classico regnantibus moderatius imperium speratis, aut minoribus quam nunc tributis parabuntur exercitus quibus Germani Britannique arceantur. Nam pulsis, quod di prohibeant, Romanis quid aliud quam bella omnium inter se gentium existent? Octingentorum annorum fortuna disciplinaque compages haec coaluit, quae convelli sine exitio convellentium non potest: sed vobis maximum discrimen, penes quos aurum et opes, praecipuae bellorum causae. Proinde pacem et urbem, quam victi victoresque eodem iure obtinemus, amate colite: moneant vos utriusque fortunae documenta ne contumaciam cum pernicie quam obsequium cum securitate malitis.' tali oratione graviora metuentis composuit erexitque.
Traduzione all'italiano
”Sempre nelle Gallie ci sono state tirannidi e guerre, finché non avete accettato le nostre leggi. Noi, benché tante volte provocati, vi abbiamo imposto, col diritto della vittoria, solo il necessario per garantire la pace; infatti, la pace tra i popoli è impensabile senza armi e le armi senza mantenimento degli eserciti e il mantenimento degli eserciti senza tributi. Per il resto vi abbiamo reso partecipi di tutto. Voi spesso comandate le nostre legioni, voi governate queste o altre province; non esistono àmbiti separati ed esclusioni. Dei buoni prìncipi vi avvantaggiate quanto noi, benché viviate lontani; gli imperatori perversi infieriscono solo su chi sta loro più vicino. Sopportate, dunque, la sregolatezza e l’avidità dei dominatori come la siccità, le alluvioni e gli altri disastri della natura. Finché ci saranno uomini ci saranno vizi; ma non sono mali senza fine e trovano compenso quando arriva il meglio. Ma forse voi sperate in un dominio più mite, quando regneranno Tutore e Classico e forse ci vorranno tributi minori per allestire gli eserciti che vi difendano da Germani e da Britanni. E una volta cacciati i Romani - cosa che gli dèi non consentano! - cos’altro avverrebbe, se non una serie di guerre fra tutti i popoli? Ottocento anni di fortuna e di disciplina hanno cementato questa struttura, che non può essere demolita senza la rovina di chi la demolisce. E il rischio maggiore tocca a voi che possedete oro e ricchezze, cause primarie di guerre. Perciò amate e difendete la pace e la città che noi tutti, vinti e vincitori, accoglie con gli stessi diritti. Vi insegni qualcosa l’esperienza della buona e della cattiva sorte e non continuate a scegliere una ribellione rovinosa, bensì invece l’obbedienza nella sicurezza”. Con tale discorso riportò la calma e la fiducia tra genti che temevano ben altre vendette.