Versione originale in latino
Et in castris Romanis cum frustra multi conatus ad erumpendum capti essent et iam omnium rerum inopia esset, victi necessitate legatos mittunt, qui primum pacem aequam peterent; si pacem non impetrarent, uti provocarent ad pugnam. Tum Pontius debellatum esse respondit; et, quoniam ne victi quidem ac capti fortunam fateri scirent, inermes cum singulis vestimentis sub iugum missurum; alias condiciones pacis aequas victis ac victoribus fore: si agro Samnitium decederetur, coloniae abducerentur, suis inde legibus Romanum ac Samnitem aequo foedere victurum; his condicionibus paratum se esse foedus cum consulibus ferire; si quid eorum displiceat, legatos redire ad se vetuit. Haec cum legatio renuntiaretur, tantus gemitus omnium subito exortus est tantaque maestitia incessit ut non gravius accepturi viderentur, si nuntiaretur omnibus eo loco mortem oppetendam esse. Cum diu silentium fuisset nec consules aut pro foedere tam turpi aut contra foedus tam necessarium hiscere possent, L. Lentulus, qui tum princeps legatorum virtute atque honoribus erat, "patrem meum" inquit, "consules, saepe audivi memorantem se in Capitolio unum non fuisse auctorem senatui redimendae auro a Gallis civitatis, quando nec fossa valloque ab ignavissimo ad opera ac muniendum hoste clausi essent et erumpere, si non sine magno periculo, tamen sine certa pernicie possent. Quod si, illis ut decurrere ex Capitolio armatis in hostem licuit, quo saepe modo obsessi in obsidentes eruperunt, ita nobis aequo aut iniquo loco dimicandi tantummodo cum hoste copia esset, non mihi paterni animi indoles in consilio dando deesset. Equidem mortem pro patria praeclaram esse fateor et me vel devovere pro populo Romano legionibusque vel in medios me immittere hostes paratus sum; sed hic patriam video, hic quidquid Romanarum legionum est; quae nisi pro se ipsis ad mortem ruere volunt, quid habent quod morte sua servent? Tecta urbis, dicat aliquis, et moenia et eam turbam a qua urbs incolitur. Immo hercule produntur ea omnia deleto hoc exercitu, non servantur. Quis enim ea tuebitur? Imbellis videlicet atque inermis multitudo. Tam hercule quam a Gallorum impetu defendit. An a Veiis exercitum Camillumque ducem implorabunt? Hic omnes spes opesque sunt, quas servando patriam servamus, dedendo ad necem patriam deserimus [ac prodimus]. At foeda atque ignominiosa deditio est. Sed ea caritas patriae est ut tam ignominia eam quam morte nostra, si opus sit, servemus. Subeatur ergo ista, quantacumque est, indignitas et pareatur necessitati, quam ne di quidem superant. Ite, consules, redimite armis civitatem, quam auro maiores vestri redemerunt."
Traduzione all'italiano
Frattanto, nell'accampamento romano, falliti parecchi tentativi di fare breccia nell'accerchiamento, e mancando ormai ogni cosa, nella morsa degli eventi si decise di inviare ambasciatori a chiedere una pace a parità di condizioni: se non l'avessero ottenuta, avrebbero sfidato il nemico in battaglia. Alla delegazione Ponzio replicò che la guerra era ormai stata decisa, e siccome neppure da sconfitti e da prigionieri erano in grado di ammettere la propria sorte, li avrebbe fatti passare sotto il giogo privi di armi e con una sola veste per ciascuno. Il resto delle condizioni sarebbero state eque per vincitori e vinti: se i Romani abbandonavano il territorio sannita e ritiravano le colonie fondate, allora Romani e Sanniti in futuro sarebbero vissuti attenendosi alle loro leggi in base a un patto di alleanza alla pari. Erano queste le condizioni alle quali egli era pronto a scendere a patti coi consoli. Se qualcuna di queste clausole non era di loro gradimento, allora vietava agli ambasciatori di ripresentarsi al suo cospetto. Quando venne riferito l'esito dell'ambasceria, il lamento levatosi immediatamente da tutto l'esercito fu così profondo e gli animi vennero invasi da un tale sconforto, che il dolore non sarebbe stato più grande se fosse giunta la notizia che tutti erano destinati a morire in quello stesso luogo. Restarono a lungo in silenzio, e i consoli non riuscivano ad aprire bocca né per difendere un accordo così infamante, né per respingere un patto tanto necessario, quando Lucio Lentulo, che tra gli ambasciatori inviati era allora il più autorevole per valore e per cariche ricoperte, disse: "Ricordo, o consoli, di aver spesso sentito mio padre raccontare di essere stato il solo, nel senato sul Campidoglio, a sconsigliare di riscattare Roma dai Galli pagandola a peso d'oro, perché i Romani non erano stati circondati né con una trincea né con un fossato da quel nemico quanto mai indolente e poco portato ai lavori di fortificazione, ed erano in grado di tentare una sortita, pur rischiando moltissimo, ma senza andare incontro a un disastro sicuro. E se, come quelli erano stati in grado di lanciarsi dal Campidoglio armati contro il nemico, nel modo spesso utilizzato dagli assediati per tentare una sortita contro gli assedianti, venisse anche a noi concessa l'opportunità di combattere (in posizione favorevole o meno), certo non mi mancherebbe lo spirito di mio padre nel guidarvi. Morire per la patria, lo ammetto, è cosa gloriosa, e sono pronto a offrire la mia vita per il popolo e per l'esercito romano o a gettarmi nel mezzo dei nemici. Ma è qui che vedo la patria, qui tutto quel che resta delle legioni romane, le quali, a meno che vogliano correre incontro alla morte per difendere se stesse, che cosa possono salvare con il loro sacrificio? "Le case della città," dirà qualcuno, "le mura e la gente rimasta a Roma". Ma, per Ercole, è proprio se questo esercito verrà annientato che tutto ciò andrà perduto e non salvato! Chi, infatti, potrà difenderlo? Forse la massa imbelle e senz'armi? "Esattamente come le difese, per Ercole, dagli assalti dei Galli". Ma potrà forse invocare l'arrivo da Veio di un esercito con Camillo alla testa? Le nostre speranze e le nostre risorse le abbiamo tutte qui: se le salviamo, salviamo la patria, se invece le consegniamo alla morte, abbandoniamo la patria al suo destino. "La resa è però cosa disonorevole e infamante". Ma proprio questo è vero amor di patria: salvarla, qualora ve ne sia bisogno, a prezzo tanto del disonore quanto della morte. Vediamo quindi di subire questo marchio di infamia, per quanto indelebile esso possa essere, e pieghiamoci alla fatalità, che neppure gli dèi possono superare. Andate, o consoli, e riscattate con le armi la città che i vostri antenati hanno riscattato con l'oro".