Pillaus
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Versione originale in latino


Consules Ser. Sulpicius M". Tullius; nihil dignum memoria actum; T. Aebutius deinde et C. Vetusius. His consulibus Fidenae obsessae, Crustumeria capta; Praeneste ab Latinis ad Romanos descivit, nec ultra bellum Latinum, gliscens iam per aliquot annos, dilatum. A. Postumius dictator, T. Aebutius magister equitum, magnis copiis peditum equitumque profecti, ad lacum Regillum in agro Tusculano agmini hostium occurrerunt, et quia Tarquinios esse in exercitu Latinorum auditum est, sustineri ira non potuit quin extemplo confligerent.
Ergo etiam proelium aliquanto quam cetera gravius atque atrocius fuit. Non enim duces ad regendam modo consilio rem adfuere, sed suismet ipsi corporibus dimicantes miscuere certamina, nec quisquam procerum ferme hac aut illa ex acie sine volnere praeter dictatorem Romanum excessit. In Postumium prima in acie suos adhortantem instruentemque Tarquinius Superbus, quamquam iam aetate et viribus erat gravior, equum infestus admisit, ictusque ab latere concursu suorum receptus in tutum est. Et ad alterum cornu Aebutius magister equitum in Octavium Mamilium impetum dederat; nec fefellit veniens Tusculanum ducem, contraque et ille concitat equum. Tantaque vis infestis venientium hastis fuit ut brachium Aebutio traiectum sit, Mamilio pectus percussum. Hunc quidem in secundam aciem Latini recepere; Aebutius cum saucio brachio tenere telum non posset, pugna excessit. Latinus dux nihil deterritus volnere proelium ciet et quia suos perculsos videbat, arcessit cohortem exsulum Romanorum, cui L. Tarquini filius praeerat. Ea quo maiore pugnabat ira ob erepta bona patriamque ademptam, pugnam parumper restituit.

Traduzione all'italiano


Consoli Servio Sulpicio e M. Tullio. Niente di notevole da segnalare. Quindi fu la volta di Tito Ebuzio e di Caio Vetusio. Durante il loro consolato Fidene fu assediata e Crustumeria conquistata; Preneste passò dai Latini ai Romani e non fu più possibile rimandare una guerra coi Latini dopo anni di tentennamenti. Aulo Postumio, dittatore, e Tito Ebuzio, maestro di cavalleria, si misero in marcia con un massiccio schieramento di fanti e cavalieri e incontrarono il nemico presso il lago Regillo, nel territorio di Tuscolo. La notizia della presenza dei Tarquini tra le fila latine suscitò un’indignazione tale nei Romani da non poter rimandare ulteriormente lo scontro. Per questo la battaglia non ebbe precedenti quanto a ferocia e accanimento. Infatti i comandanti non si limitarono a dirigere le operazioni, ma si buttarono di persona nella mischia e quasi nessun membro dei due stati maggiori, salvo il dittatore romano, uscì indenne dallo scontro. Postumio era in prima linea a dirigere e incoraggiare i suoi uomini, quando Tarquinio il Superbo, nonostante l’età e il fisico indebolito, si lanciò al galoppo contro di lui, ma rimediò una ferita al fianco e riuscì a scamparla solo grazie all’intervento tempestivo dei suoi uomini. All’ala opposta dello schieramento, Ebuzio, il maestro di cavalleria, aveva attaccato Ottavio Mamilio. La manovra non era però sfuggita al comandante di Tuscolo il quale a sua volta gli si era lanciato contro al galoppo. L’urto delle loro lance fu così violento che Ebuzio rimase con un braccio trapassato e Mamilio fu colpito al petto. I Latini lo coprirono portandolo in seconda linea, mentre Ebuzio, che col braccio in quello stato non era più in grado di maneggiare un’arma, abbandonò il campo di battaglia. Il comandante latino, assolutamente noncurante della ferita, cercava di riaccendere lo scontro e, notando un cedimento dei suoi, fece intervenire il battaglione degli esuli romani guidati da un figlio di Lucio Tarquinio. Il loro accanimento, raddoppiato dall’indignazione per la perdita della patria e dei beni, riuscì per un attimo a ristabilire la situazione.

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