Versione originale in latino
Eodem anno in agro L. Petilii scribae sub Ianiculo, dum cultores altius terram excavant, duae lapidae arcae inventae sunt. In altera litteris Latinis Graecisque scriptum erat Numam Pompilium, regem Romanorum, sepultum esse, in altera libros Numae Pompilii inesse. Cum scriba eas arcas aperuisset, altera inanis inventa est, sine vestigio corporis humani: nam per tabem tot annorum omnia absumpta erant. In altera Petilius libros invenit, non integros modo sed recentissima specie. Septem Latini de iure Pomtificum erant, totidemque Graeci de disciplina sapientiae. Antias Valerius scripsit libros Pythagoricos fuisse: nam ipse credebat Pythagorae auditorem Numam fuisse. Cum Q. Petilius praetor urbanus libros diligenter legisset, animadvertit eos religiones dissoluturos esse et dixit sese eos in ignem coniecturum esse. Scriba tribunos plebis adit ab tribunis ad senatum res est reiecta. Cum praetor probavisset libros eos inutiles et damnosos esse, senatus in cospectu populi hos cremari iussit.
Traduzione all'italiano
Nel medesimo anno nel campo dello scrivano L. Petillio ai piedi del Gianicolo, mentre i contadini scavavano più a fondo la terra, furono trovate due casse di pietra. Nella prima c'era scritto in lettere greche e latine che Numa Pompilio, re dei Romani, era stato sepolto, nella seconda erano contenuti i libri di Numa Pompilio. Dopo che lo scrivano aveva aperto quelle casse, la prima fu trovata vuota, senza traccia di corpo umano: infatti tutte le cose erano state consumate a causa del deperimento di tanti anni. Nella seconda Petillio trovò i libri, non solo integri ma con un concetto recentissimo. Sette erano latini circa il potere dei pontefici, e altrettanti greci sulla disciplina della sapienza. L'anziano Valerio scrisse che i libri erano stati pitagorici: infatti egli stesso credeva che l'ascoltatore di Pitagora era stato Numa. Dopo che il pretore urbano Q. Petillio aveva letto diligentemente i libri, si accorse che quelli avrebbero dissolto le credenze religiose e disse che li avrebbe gettati nel fuoco. Lo scrivano andò dai tribuni della plebe e la questione fu rinviata al senato dai tribuni. Dopo che il pretore aveva approvato che quei libri erano inutili e dannnosi, il senatodecretò in presenza del popolo che i libri venissero bruciati.