Pillaus
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Versione originale in latino


Equestris militias ita ordinavit, ut post cohortem alam, post alam tribunatum legionis daret; stipendiaque instituit et imaginariae militiae genus, quod vocatur "supra numerum," quo absentes et titulo tenus fungerentur. Milites domus senatorias salutandi causa ingredi etiam patrum decreto prohibuit. Libertinos, qui se pro equitibus R. Agerent, publicavit, ingratos et de quibus patroni quererentur revocavit in servitutem advocatisque eorum negavit se adversus libertos ipsorum ius dicturum.
Cum quidam aegra et adfecta mancipia in insulam Aesculapi taedio medendi exponerent, omnes qui exponerentur liberos esse sanxit, nec redire in dicionem domini, si convaluissent; quod si quis necare quem mallet quam exponere, caedis crimine teneri. Viatores ne per Italiae oppida nisi aut pedibus aut sella aut lectica transirent, monuit edicto. Puteolis et Ostiae singulas cohortes ad arcendos incendiorum casus collocavit. Peregrinae condicionis homines vetuit usurpare Romana nomina dum taxat gentilicia. Civitatem R. Usurpantes in campo Esquilino securi percussit. Provincias Achaiam et Macedoniam, quas Tiberius ad curam suam transtulerat, senatui reddidit. Lyciis ob exitiabiles inter se discordias libertatem ademit, Rhodiis ob paenitentiam veterum delictorum reddidit. Iliensibus quasi Romanae gentis auctoribus tributa in perpetuum remisit recitata vetere epistula Graeca senatus populique R. Seleuco regi amicitiam et societatem ita demum pollicentis, si consanguineos suos Ilienses ab omni onere immunes praestitisset. Iudaeos impulsore Chresto assidue tumultuantis Roma expulit. Germanorum legatis in orchestra sedere permisit, simplicitate eorum et fiducia commotus, quod in popularia deducti, cum animadvertissent Parthos et Armenios sedentis in senatu, ad eadem loca sponte transierant, nihilo deteriorem virtutem aut condicionem suam praedicantes. Druidarum religionem apud Gallos dirae immanitatis et tantum civibus sub Augusto interdictam penitus abolevit; contra sacra Eleusinia etiam transferre ex Attica Romam conatus est, templumque in Sicilia Veneris Erycinae vetustate conlapsum ut ex aerario pop. R. Reficeretur, auctor fuit. Cum regibus foedus in foro icit porca caesa ac vetere fetialium praefatione adhibita. Sed et haec et cetera totumque adeo ex parte magna principatum non tam suo quam uxorum libertorumque arbitrio administravit, talis ubique plerumque, qualem esse eum aut expediret illis aut liberet.

Traduzione all'italiano


La carriera militare dei cavalieri fu regolata in modo che dopo il comando di una coorte fosse concesso quello di un'ala della cavalleria, quindi il tribunato della legione; istituì anche un tipo di campagne e di servizi militari fittizi, chiamati "in soprannumero", puramente formali che non esigevano la presenza sotto le armi. Vietò ai soldati, con un apposito decreto del Senato, di entrare nelle case dei senatori per salutarli. Fece vendere i liberti che si spacciavano per cavalieri romani, ridusse allo stato di schiavitù coloro dei quali i padroni si lamentavano perché ingrati e avvertì gli avvocati che non avrebbe reso loro giustizia contro i loro stessi liberti. Poiché alcuni, per non dover più curare i loro schiavi malati e sfiniti, li esponevano sull'isola di Esculapio, decretò che tutti gli schiavi lì esposti diventassero liberi e che, in caso di guarigione, non ricadessero più sotto l'autorità dei loro padroni, ma che si punisse con la morte chiunque preferisse ucciderli, invece di esporli. Con un editto vietò ai viaggiatori di attraversare le città d'Italia se non a piedi, o su una sedia portatile o in lettiga. Collocò una coorte a Pozzuoli e una a Ostia per prevenire gli incendi. Le persone di nazionalità straniera furono diffidate dal prendere nomi romani, tanto meno nomi gentilizi. Quanto a coloro che usurpavano il diritto di cittadinanza romana, li fece decapitare nel campo Esquilino. Restituì al Senato le province di Acaia e di Macedonia che Tiberio aveva fatto passare sotto la sua amministrazione. Tolse la libertà ai Lici, dilaniati da lotte intestine e la restituì agli abitanti di Rodi, che mostravano di pentirsi delle loro colpe passate. Ai Troiani, quasi fossero i capostipiti della razza romana, condonò per sempre i tributi, dopo aver dato lettura di una vecchia lettera, scritta in greco, nella quale il Senato e il popolo romano promettevano al re Seleuco la loro amicizia e la loro alleanza ma solo a condizione che esentasse da ogni imposta i Troiani, loro parenti. Poiché i Giudei si sollevavano continuamente su istigazione di un certo Cresto, li scacciò da Roma. Concesse agli ambasciatori germanici di sedere nell'orchestra, perché era stato colpito dalla condotta semplice e fiera di questi barbari che, elevati al rango di popolo, quando vennero a sapere che Parti ed Armeni si trovavano nel Senato, spontaneamente erano andati a collocarsi vicino a loro, dichiarando che non erano inferiori a nessuno né per valore né per nobiltà. Soppresse completamente in Gallia l'inumana e feroce religione dei Druidi, che, ai tempi di Augusto, era stata interdetta ai soli cittadini romani. Al contrario volle trapiantare anche a Roma, dall'attica, i misteri di Eleusi e chiese che si facesse ricostruire a spese dello Stato il tempio siciliano di Venere Ericina, diroccato dal tempo. Concluse un trattato con alcuni re nel foro, dopo aver immolato una scrofa e fatto recitare l'antica formula dei feziali. Ma per queste differenti misure, o altre simili, e per tutto quanto, egli seguì per lo più l'iniziativa delle sue mogli e dei suoi liberti, piuttosto che la sua, mostrandosi ordinariamente, in ogni circostanza, quale lo richiedeva il loro interesse o il loro capriccio.

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