Versione originale in latino
Cum mittere ambages dictator iuberet et aut peragere verum indicium cogeret aut fateri facinus insimulati falso crimine senatus oblataeque vani furti invidiae, negantem arbitrio inimicorum se locuturum in vincla duci iussit. Arreptus a viatore 'Iuppiter' inquit, 'optime maxime Iunoque regina ac Minerva ceterique di deaeque, qui Capitolium arcemque incolitis, sicine vestrum militem ac praesidem sinitis vexari ab inimicis? Haec dextra, qua Gallos fudi a delubris vestris, iam in vinclis et catenis erit?' nullius nec oculi nec aures indignitatem ferebant; sed invicta sibi quaedam patientissima iusti imperii civitas fecerat, nec adversus dictatoriam vim aut tribuni plebis aut ipsa plebs attollere oculos aut hiscere audebant. Coniecto in carcerem Manlio satis constat magnam partem plebis vestem mutasse, multos mortales capillum ac barbam promisisse, obversatamque vestibulo carceris maestam turbam. Dictator de Volscis triumphavit, invidiaeque magis triumphus quam gloriae fuit; quippe domi non militiae partum eum actumque de cive non de hoste fremebant: unum defuisse tantum superbiae, quod non M. Manlius ante currum sit ductus. Iamque haud procul seditione res erat; cuius leniendae causa postulante nullo largitor voluntarius repente senatus factus Satricum coloniam duo milia civium Romanorum deduci iussit. Bina iugera et semisses agri adsignati; quod cum et parvum et paucis datum et mercedem esse prodendi M. Manli interpretarentur, remedio inritatur seditio. Et iam magis insignis et sordibus et facie reorum turba Manliana erat, amotusque post triumphum abdicatione dictaturae terror et linguam et animos liberaverat hominum.
Traduzione all'italiano
Il dittatore gli ordinò allora di lasciar da parte i giri di parole e lo costrinse o ad attribuire un fondamento di verità alla sua denuncia oppure ad ammettere di aver accusato il senato con una falsa imputazione e di avergli addossato l'odiosità di un furto inesistente. Ma siccome Manlio disse che non avrebbe parlato ad arbitrio dei propri avversari, il dittatore ordinò di arrestarlo. Mentre veniva trascinato in prigione dall'ufficiale di servizio "Giove Ottimo Massimo", disse, "e tu Giunone Regina e Minerva e voi, gli altri dèi e dee che abitate sul Campidoglio e sulla rocca, dunque permettete che il vostro campione e difensore sia così maltrattato dai suoi avversari? Questa destra, con la quale ho cacciato i Galli dai vostri santuari, sarà dunque stretta in ceppi e catene?". Quell'infame spettacolo era intollerabile per le orecchie e gli occhi di ognuno. Ma c'erano certe regole che i cittadini, profondamente sottomessi alla legittima autorità, consideravano intoccabili. E né i tribuni della plebe, né la plebe stessa osavano alzare gli occhi o proferire verbo di fronte all'autorità del dittatore. Tuttavia, dopo che Manlio venne messo in carcere - lo si sa con certezza - buona parte dei plebei si vestirono a lutto, molti uomini si lasciarono crescere barba e capelli e una mesta folla cominciò ad aggirarsi di fronte all'entrata della prigione. Il dittatore celebrò il trionfo sui Volsci, ma il trionfo gli procurò più odio che gloria: la gente infatti mormorava che egli l'aveva conquistato non sul campo di battaglia ma in patria e non contro un nemico ma contro un cittadino. Una sola cosa gli era venuta a mancare in quell'eccesso di superbia: Marco Manlio non era stato fatto marciare davanti al suo carro. Ormai la situazione stava per degenerare in una sommossa: per placare gli animi, senza però che nessuno ne avesse fatto richiesta, il senato divenne all'improvviso generoso e ordinò che due mila coloni romani fondassero una colonia a Satrico. A ciascuno di essi vennero assegnati due iugeri e mezzo di terra. Ma siccome il gesto venne interpretato come una donazione limitata in quantità e ristretta a un àmbito di pochi e come ricompensa per l'abbandono di Marco Manlio, il rimedio non fece che aggravare la tensione in atto. I sostenitori di Manlio si facevano notare ancora più di prima per gli abiti a lutto e per l'aspetto che assumevano di imputati, mentre la gente, liberata dalla paura da quando il dittatore aveva rinunciato alla carica súbito dopo il trionfo, si era rinfrancata nell'animo e nel dire.