Versione originale in latino
Quid tandem? Si fraude, si casu Veiis incendium ortum sit, ventoque ut fieri potest diffusa flamma magnam partem urbis absumat, Fidenas inde aut Gabios aliamve quam urbem quaesituri sumus quo transmigremus? Adeo nihil tenet solum patriae nec haec terra quam matrem appellamus, sed in superficie tignisque caritas nobis patriae pendet? Equidem - fatebor vobis, etsi minus iniuriae vestrae [quam meae calamitatis] meminisse iuvat - cum abessem, quotienscumque patria in mentem veniret, haec omnia occurrebant, colles campique et Tiberis et adsueta oculis regio et hoc caelum sub quo natus educatusque essem; quae vos, Quirites, nunc moveant potius caritate sua ut maneatis in sede vestra quam postea, cum reliqueritis eam, macerent desiderio. Non sine causa di hominesque hunc urbi condendae locum elegerunt, saluberrimos colles, flumen opportunum, quo ex mediterraneis locis fruges devehantur, quo maritimi commeatus accipiantur, mari vicinum ad commoditates nec expositum nimia propinquitate ad pericula classium externarum, regionum Italiae medium, ad incrementum urbis natum unice locum. Argumento est ipsa magnitudo tam novae urbis. Trecentensimus sexagensimus quintus annus urbis, Quirites, agitur; inter tot veterrimos populos tam diu bella geritis, cum interea, ne singulas loquar urbes, non coniuncti cum Aequis Volsci, tot tam valida oppida, non universa Etruria, tantum terra marique pollens atque inter duo maria latitudinem obtinens Italiae, bello vobis par est. Quod cum ita sit quae, malum, ratio est [haec] expertis alia experiri, cum iam ut virtus vestra transire alio possit, fortuna certe loci huius transferri non possit? Hic Capitolium est, ubi quondam capite humano invento responsum est eo loco caput rerum summamque imperii fore; hic cum augurato liberaretur Capitolium, Iuventas Terminusque maximo gaudio patrum vestrorum moveri se non passi; hic Vestae ignes, hic ancilia caelo demissa, hic omnes propitii manentibus vobis di."
Traduzione all'italiano
Un'altra cosa. Se per motivi dolosi o per circostanze fortuite scoppiasse un incendio a Veio e le fiamme portate dal vento dovessero, come facilmente succede, divorare buona parte dell'abitato, emigreremo di lì a Fidene o a Gabi o in un'altra qualsiasi città? Siamo dunque così poco attaccati al suolo della nostra patria e a questa terra che chiamiamo madre, e il nostro amore verso la patria si riduce alle travi e ai tetti? E ve lo confesso in tutta sincerità - anche se non fa bene richiamare alla memoria il male che mi avete fatto -, ma quando ero lontano, ogni volta che andavo col pensiero alla mia terra, mi venivano in mente tutte queste cose: i colli, le campagne, il Tevere, la regione familiare alla vista e questo cielo sotto il quale ero nato e cresciuto. E vorrei, o Quiriti, che queste cose vi spingessero adesso, per il loro potere affettivo, a rimanere nella vostra terra, piuttosto che tormentarvi in futuro col desiderio nostalgico, quando le avrete abbandonate. Non senza una ragione gli dèi e gli uomini scelsero questo luogo per fondare la città: colli più che salubri, un fiume adatto per trasportare il frumento dalle regioni dell'entroterra e per ricevere i prodotti da quelle costiere, un mare vicino quanto basta per goderne i vantaggi e nel contempo non esposto, per eccesso di contiguità, al pericolo di flotte nemiche, una posizione nel centro dell'Italia, insomma un luogo destinato esclusivamente allo sviluppo della città. Cosa questa di cui fanno fede le dimensioni stesse di un centro tanto recente. Siamo adesso, o Quiriti, nel trecentosessantacinquesimo anno di vita della città. Voi è da moltissimo tempo che combattete in mezzo a popoli antichissimi: eppure, in tutto questo periodo (per non parlare delle singole città), né i Volsci insieme agli Equi, con tutte le loro formidabili fortezze, né l'intera Etruria potente com'è per mare e per terra e pur estendendosi per tutta l'ampiezza dell'Italia tra i due mari, riescono a tenervi testa in guerra. Siccome le cose stanno in questi termini, quale ragione vi spinge, dico io, dopo esperienze di tal genere, a cercarne altre, dato che, se anche il vostro valore potrà essere trasferito altrove, certo non lo potrà la fortuna di questo luogo? Il Campidoglio è qui, dove un tempo, quando venne ritrovato un cranio umano, gli indovini vaticinarono che sarebbe sorta la capitale del mondo e il comando supremo. Qui, quando il Campidoglio doveva essere liberato dagli altri culti secondo quanto stabilito dai riti augurali, Iuventa e Termine, con grandissima gioia dei vostri antenati, non permisero di essere rimossi. Qui c'è il fuoco sacro di Vesta, qui ci sono gli scudi mandati dal cielo, qui abitano tutti gli dèi a voi propizi se decidete di rimanere."