Pillaus
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Versione originale in latino


Litterae consulum ingenti laetitia et in curia et in contione auditae, et quatridui supplicatione publicum gaudium privatis studiis celebratum est. Nec populo Romano magna solum sed peropportuna etiam ea victoria fuit, quia per idem forte tempus rebellasse Etruscos allatum est; subibat cogitatio animum quonam modo tolerabilis futura Etruria fuisset si quid in Samnio adversi evenisset, quae coniuratione Samnitium erecta, quoniam ambo consules omnisque Romana vis aversa in Samnium esset, occupationem populi Romani pro occasione rebellandi habuisset.
Legationes sociorum, a M. Atilio praetore in senatum introductae, querebantur uri ac vastari agros a finitimis Etruscis quod desciscere a populo Romano nollent obtestabanturque patres conscriptos ut se a vi atque iniuria communium hostium tutarentur. Responsum legatis curae senatui futurum ne socios fidei suae paeniteret: Etruscorum propediem eandem fortunam quam Samnitium fore. Segnius tamen, quod ad Etruriam attinebat, acta res esset, ni Faliscos quoque, qui per multos annos in amicitia fuerant, allatum foret arma Etruscis iunxisse. Huius propinquitas populi acuit curam patribus ut fetiales mittendos ad res repetendas censerent; quibus non redditis ex auctoritate patrum iussu populi bellum Faliscis indictum est iussique consules sortiri uter ex Samnio in Etruriam cum exercitu transiret. Iam Carvilius Veliam et Palumbinum et Herculaneum ex Samnitibus ceperat, Veliam intra paucos dies, Palumbinum eodem quo ad muros accessit. Ad Herculaneum etiam signis conlatis ancipiti proelio et cum maiore sua quam hostium iactura dimicavit; castris deinde positis moenibus hostem inclusit; oppugnatum oppidum captumque. In his tribus urbibus capta aut caesa ad decem milia hominum, ita ut parvo admodum plures caperentur. Sortientibus provincias consulibus Etruria Carvilio evenit secundum vota militum, qui vim frigoris iam in Samnio non patiebantur. Papirio ad Saepinum maior vis hostium restitit. Saepe in acie, saepe in agmine, saepe circa ipsam urbem adversus eruptiones hostium pugnatum, nec obsidio sed bellum ex aequo erat; non enim muris magis se Samnites quam armis ac viris moenia tutabantur. Tandem pugnando in obsidionem iustam coegit hostes obsidendoque vi atque operibus urbem expugnavit. Itaque ab ira plus caedis editum capta urbe; septem milia quadringenti caesi, capta minus tria milia hominum. Praeda, quae plurima fuit congestis Samnitium rebus in urbes paucas, militi concessa est.

Traduzione all'italiano


La lettura del rapporto trasmesso dai consoli fu motivo di grande entusiasmo in senato e nell'assemblea del popolo, e l'esultanza generale venne resa solenne da quattro giorni di festosi ringraziamenti, che videro una grande partecipazione di popolo. Per i cittadini romani questa vittoria non fu soltanto di grande prestigio, ma arrivò anche al momento più adatto, perché proprio in quel momento giunse la notizia che gli Etruschi avevano riaperto le ostilità. Occorreva pensare a come si potesse sostenere il peso di una guerra contro l'Etruria se le cose nel Sannio non fossero andate per il meglio, visto che l'Etruria, imbaldanzita dall'insurrezione generale nel Sannio, vedendo i due consoli e tutte le forze impegnate sul fronte sannita, aveva pensato che questa fosse un'occasione propizia per riprendere le armi. Gli alleati inviarono ambasciatori, che furono introdotti in senato dal pretore Marco Atilio; lamentavano che le loro campagne venissero devastate e incendiate dagli Etruschi, solo perché essi non avevano voluto staccarsi dai Romani, e per questo scongiuravano i senatori di proteggerli dalla tracotanza e dalle offese dei nemici comuni. Agli ambasciatori venne risposto che il senato avrebbe fatto il possibile perché gli alleati non dovessero pentirsi della propria fedeltà: presto agli Etruschi sarebbe toccata la stessa sorte dei Sanniti. Eppure la campagna contro gli Etruschi non sarebbe stata condotta con la stessa determinazione, se non fosse giunta la notizia che i Falisci, da lungo tempo amici dei Romani, avevano unito le proprie forze agli Etruschi. La vicinanza di questa popolazione aumentò la preoccupazione del senato, che decise di inviare i feziali a chiedere soddisfazione dell'accaduto. La richiesta fu respinta, e così su proposta del senato, approvata dal popolo, venne dichiarata guerra ai Falisci, e i consoli ricevettero disposizione di sorteggiare chi dei due avrebbe dovuto trasferirsi dal Sannio in Etruria. Carvilio aveva già conquistato le città sannite di Velia, Palombino ed Ercolaneo: Velia nel giro di pochi giorni, Palombino lo stesso in cui si era presentato sotto le mura. A Ercolaneo dovette invece affrontare una battaglia in campo aperto dall'esito incerto, subendo più perdite di quelle inflitte ai nemici. Dopo essersi accampato, costrinse il nemico a trincerarsi all'interno delle mura, e la città venne conquistata con la forza. In questi tre centri vennero catturati o uccisi circa 10.000 uomini (il numero dei prigionieri superò di poco quello dei morti). Il sorteggio tra i due consoli destinò l'Etruria a Carvilio, com'era nei desideri dei soldati, che ormai non reggevano più il rigido freddo del Sannio. Nei pressi di Sepino i Sanniti opposero maggiore resistenza a Papirio: a più riprese, o in campo aperto, o durante la marcia, o ancora nei pressi della città, egli dovette rintuzzare le sortite dei nemici. Più che un assedio era una guerra vera e propria, perché i Sanniti non erano protetti dalle mura più di quanto le mura non lo fossero dalle armi e dai soldati. Ma alla fine, a forza di combattere, il console costrinse i nemici a subire un assedio in piena regola, concludendolo con l'espugnazione della città, conquistata con il ricorso a macchine da guerra. Presa la città, la tensione portò a un massacro ancora più sanguinoso: gli uccisi ammontarono a 7.400, mentre i prigionieri furono meno di 3.000. Il bottino raccolto, ricchissimo perché i Sanniti avevano concentrato le loro cose in poche città, fu lasciato ai soldati.

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