Versione originale in latino
Consules profecti ab urbe, prior Sp. Carvilius, cui veteres legiones, quas M. Atilius superioris anni consul in agro Interamnati reliquerat, decretae erant. Cum eis in Samnium profectus, dum hostes operati superstitionibus concilia secreta agunt, Amiternum oppidum de Samnitibus vi cepit. Caesa ibi milia hominum duo ferme atque octingenti, capta quattuor milia ducenti septuaginta. Papirius novo exercitu - ita enim decretum erat - scripto Duroniam urbem expugnavit; minus quam collega cepit hominum, plus aliquanto occidit; praeda opulenta utrobique est parta. Inde pervagati Samnium consules maxime depopulato Atinate agro, Carvilius ad Cominium, Papirius ad Aquiloniam, ubi summa rei Samnitium erat, pervenit. Ibi aliquamdiu nec cessatum ab armis est neque naviter pugnatum; lacessendo quietos, resistentibus cedendo, comminandoque magis quam inferendo pugnam dies absumebatur. Quodcum <que Comini> inciperetur remittereturque, omnium rerum etiam parvarum eventus proferebatur in dies. Altera Romana castra [quae] viginti milium spatio aberant, et absentis collegae consilia omnibus gerendis intererant rebus; intentiorque Carvilius, quo in maiore discrimine res vertebatur, in Aquiloniam quam ad Cominium quod obsidebat erat. L. Papirius, iam per omnia ad dimicandum satis paratus, nuntium ad collegam mittit sibi in animo esse postero die, si per auspicia liceret, confligere cum hoste; opus esse et illum quanta maxima vi posset Cominium oppugnare, ne quid laxamenti sit Samnitibus ad subsidia Aquiloniam mittenda. Diem ad proficiscendum nuntius habuit; nocte rediit approbare collegam consulta referens. Papirius nuntio misso extemplo contionem habuit; multa de universo genere belli, multa de praesenti hostium apparatu, vana magis specie quam efficaci ad eventum, disseruit: non enim cristas volnera facere; et per picta atque aurata scuta transire Romanum pilum et candore tunicarum fulgentem aciem ubi res ferro geratur cruentari. Auream olim atque argenteam Samnitium aciem a parente suo occidione occisam spoliaque ea honestiora victori hosti quam ipsis arma fuisse. Datum hoc forsan nomini familiaeque suae ut adversus maximos conatus Samnitium opponerentur duces spoliaque ea referrent quae insignia publicis etiam locis decorandis essent deos immortales adesse propter totiens petita foedera, totiens rupta; tum si qua coniectura mentis divinae sit, nulli unquam exercitui fuisse infestiores quam qui nefando sacro mixta hominum pecudumque caede respersus, ancipiti deum irae devotus, hinc foederum cum Romanis ictorum testes deos, hinc iuris iurandi adversus foedera suscepti exsecrationes horrens, invitus iuraverit, oderit sacramentum, uno tempore deos, cives, hostes metuat.
Traduzione all'italiano
I consoli partirono da Roma: il primo fu Spurio Carvilio, cui erano state assegnate le vecchie legioni, lasciate l'anno prima dal console Marco Atilio nella zona di Interamna. Marciando alla volta del Sannio alla testa di queste legioni, mentre i nemici tenevano riunioni segrete impegnati nelle loro pratiche di iniziazione, conquistò con la forza la città di Amiterno togliendola ai Sanniti. In quel luogo caddero 2.800 uomini, i prigionieri furono 4.270. Arruolato un nuovo esercito come era stato stabilito, Papirio espugnò la città di Duronia. Catturò meno uomini del collega, uccidendone però un numero più alto. In entrambe le zone venne conquistato un ricco bottino. I due consoli poi, dopo aver effettuato scorrerie ad ampio raggio nel Sannio, e devastato in particolar modo la zona di Atina, arrivarono Carvilio a Cominio, e Papirio ad Aquilonia, dove si era concentrato il grosso delle truppe sannite. Lì, per alcuni giorni, le due parti, pur senza astenersi del tutto da azioni militari, non arrivarono mai però a uno scontro vero e proprio: provocavano il nemico se era inattivo, tornavano sui propri passi se opponeva resistenza, e ingannavano il tempo rendendosi minacciosi più che attaccando battaglia. Qualunque fosse l'operazione intrapresa o sospesa, ogni decisione in merito, anche la più insignificante, veniva rinviata da un giorno all'altro. L'altro esercito romano, che si trovava a venti miglia di distanza, e il collega lontano partecipavano col pensiero alla gestione di tutte le operazioni, e Carvilio era più concentrato su Aquilonia di quanto non lo fosse Cominio che la stava assediando. Lucio Papirio, preparata ormai ogni cosa per il combattimento, inviò un messaggero al collega per dirgli che era sua intenzione, se gli auspici fossero stati favorevoli, di attaccare battaglia il giorno successivo: era necessario che anche Carvilio attaccasse Cominio con la maggior forza d'urto possibile, perché i Sanniti non avessero più modo di inviare dei rinforzi ad Aquilonia. Il messaggero ebbe un giorno di tempo per compiere il tragitto: ritornò nella notte riferendo che il collega approvava il piano. Inviato il messaggero, Papirio aveva sùbito convocato un'assemblea, durante la quale tenne un lungo discorso sull'arte di gestire le guerre in generale, e in particolare sulle attrezzature che al presente i nemici potevano vantare, e che risultavano più belle a vedersi di quanto non fossero efficaci all'atto pratico: infatti non erano certo i cimieri a procurare le ferite e il giavellotto romano era in grado di trapassare anche gli scudi colorati e carichi d'oro, e quell'esercito sfavillante per il candore delle tuniche si sarebbe sporcato di sangue, quando fossero entrate in azione le spade. In passato suo padre aveva fatto a pezzi un altro esercito sannita tutto oro e argento, e quelle spoglie aveva garantito maggiore rinomanza al nemico vittorioso che ai Sanniti stessi. Forse era destino che la sua gens e il suo nome si opponessero agli sforzi maggiori dei Sanniti, e riportassero quelle spoglie che rappresentavano uno straordinario ornamento anche per i luoghi pubblici. Gli dèi immortali erano dalla parte dei Romani, dopo che i patti tante volte richiesti erano stati altrettante volte violati. E se era mai possibile penetrare nei disegni della mente divina, gli dèi non erano mai stati tanto avversi a nessun esercito quanto a quello che, dopo essersi macchiato con un rito sacrilego in cui il sangue umano era stato mescolato a quello delle bestie, avviato a una duplice ira divina, temendo da una parte l'ira degli dèi testimoni dei patti conclusi coi Romani, e dall'altra le maledizioni legate al giuramento pronunciato, aveva giurato contro la propria volontà, odiava il giuramento, ed era intimorito contemporaneamente dagli dèi, dai concittadini e dai nemici.