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Estratto del documento

Cinquanta agli anni Settanta, suscitò un grande interesse ma presto ne

emersero i limiti dimostrando di non porre sufficiente attenzione al rapporto

uomo-ambiente. A differenza dei vecchi modelli si concentrava principalmente

sulle attività economiche non tenendo in considerazione quali cambiamenti

l’ambiente avrebbe subito (Vallega, 1995). 15

III. Sviluppo e Ambiente 16

1. Il concetto di sviluppo

Il concetto di sviluppo, inteso come crescita, andò maturando intorno agli anni

Cinquanta. Il quadro era quello del post-secondo conflitto mondiale,

un’Europa devastata, dove gli stati davano inizio ad una serie di programmi di

riorganizzazione diplomatico-industriale per ridare slancio ad un’economia

ormai a terra. Questi piani vertevano principalmente su quattro punti: piena

occupazione, espansione del PIL, crescita del reddito individuale e rimozione

delle aree sottosviluppate (Vallega, 1995). I programmi di matrice keynesiana

si fondavano sul presupposto che maggiore fosse stato l’investimento pubblico

tanto più grande sarebbe stata la richiesta di occupazione. Ebbe così inizio un

reiterato processo di espansione urbana ed industriale, con le inevitabili

implicazioni sull’ecosistema. All’inizio degli anni Settanta questo quadro

politico mutò radicalmente grazie a due nuovi atteggiamenti: l’introduzione

delle variabili ambientali nelle politiche economiche e l’introduzione del

limite di sfruttamento delle risorse naturali (Vallega, 1995). Queste idee furono

veicolate da lavori di grande rilievo come I limiti dello sviluppo (1972),

3

commissionato al MIT dal Club di Roma , e da altre opere successive la cui

eco risuona nella United Nations Conference on the Human Environment

(UNCHE) di Stoccolma (1972).

2. La conferenza di Stoccolma

Dal 5 al 16 giugno del 1972 ebbe luogo a Stoccolma la Conferenza delle

Nazioni Unite (UNCHE) il primo meeting che sancì l'internazionalizzazione

della problematica ambientale e quindi dell'eco-diplomazia. L’input per la

realizzazione di quest’incontro era stato lanciato dai paesi maggiormente

industrializzati, in particolare dalla Svezia, preoccupati, dopo il forte periodo

di industrializzazione, delle ripercussioni ambientali causate

3 Fondato nel 1968 da Antonio Peccei, il Club di Roma è un’associazione indipendente che ha come

obiettivo l’identificazione e la risoluzione dei maggiori problemi che determinano il futuro

dell’umanità (www.clubofrome.org) 17

dall’inquinamento, dalle piogge acide e dall’allarmante tasso di metalli pesanti

trovato in pesci e uccelli nel Mar Baltico.

Furono 113 gli Stati di tutto il Mondo che vi aderirono ma i paesi in via di

sviluppo e le loro problematiche occuparono solo una posizione marginale nel

dibattito. La Conferenza portò alla stesura di un documento in ventisei punti

noto come Dichiarazione di Stoccolma che conteneva i principi della

protezione ambientale ai quali i governi dovranno attenersi. Tuttavia, delle 109

azioni promosse, alla fine dell’incontro solo 8 interessavano la sfera

ambientale e quella dello sviluppo mentre tutti gli sforzi vennero focalizzati

sul minimizzare i costi della protezione ambientale. Il risultato di maggiore

importanza della Conferenza è stata l’istituzione del Programma Ambientale

delle Nazioni Unite (UNEP, Unitd Nations Environment Programme), con

base a Nairobi, che ha il compito di promuovere e coordinare le iniziative

ambientali dei diversi stati ma, sia la collocazione della sede in una città

marginale sia lo scarso potere esecutivo conferitole, avevano decretato a priori

lo scarso successo del programma. Dopo Stoccolma, nel 1974, l’assemblea di

Coyococ cercò di raggiungere qualche risultato rilevante lì dove Stoccolma

fallì, concentrandosi dunque sui problemi ambientali secondo la prospettiva

del Terzo Mondo. Essa sottolineò:

“l’importanza dei bisogni basilari richiamando l’attenzione sulla

maldistribuzione e delle risorse e sui limiti interni allo sviluppo, rappresentata

dai bisogni umani, ridefinendo nuovi obiettivi di sviluppo e nuovi stili di vita

a livello globale” (Segre, 1996).

Seguendo la scia della Conferenza di Stoccolma, nel 1973 la Comunità

Economica Europea (Cee) diede vita al primo programma d'azione per

l'ambiente, iniziativa di una certa rilevanza dato che prima di quel momento la

Comunità non aveva una politica ambientale né la parola "ambiente"

4

compariva nel trattato di Roma del 1957. Solo nel 1987, con l'Atto Unico

Europeo (Aue), ampia revisione del trattato di Roma, si iniziò a consolidare

4 Entrato in vigore l’1 gennaio 1958, istituiva la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità

europea dell'energia atomica (Euratom)(http://europa.eu/about-eu/basic-information/decision-

making/treaties/index_it.htm). 18

l'interesse sul campo ambientale.

3. Sviluppo Umano

Per impedire che il gap tra domanda e disponibilità fosse pericolosamente alto

e prevenire quindi fasi di crisi, le politiche economiche dovettero abbandonare

l’idea di crescita illimitata condizionate dalla limitatezza delle risorse naturali

e dall’espansione di spazi urbani ed industriali a discapito di quelli verdi.

Questa nuova prospettiva suscitò delle riflessioni sull’idea stessa di sviluppo

sottolineando la distanza che intercorreva con il concetto di mera crescita. A

cavallo tra gli anni Settanta ed Ottanta furono spese parecchie parole sui limiti

5

naturali dello sviluppo; Vallega, riprendendo il lavoro di M.D. Young , fa

presente come si arrivò ad ammettere una sostanziale differenza tra crescita e

sviluppo:

“la crescita consiste in un aumento dimensionale di un organismo, di una

struttura, provocato dall’aggiunta di materiale attraverso l’assimilazione o

l’accumulazione. Al contrario lo sviluppo consiste <<nell’espandere o

realizzare potenzialità, prevenire gradualmente ad uno stato più completo, più

grande e migliore>>” (Vallega,1995, 92).

Si viene così a creare un dualismo manicheo nell’intendere lo sviluppo: il

primo inteso come assimilazione, espansione, profitto, senza tenere in

considerazione variabili non quantitative, dove lo sviluppo coincide con la

crescita espressa in PIL ed occupazione (paradigma adottato tuttora dalla

maggior parte degli stati), il secondo invece mette al centro variabili fino ad

allora trascurate come ambiente, qualità della vita e salvaguardia delle risorse,

non identificandosi nella crescita ma senza escluderla, ponendosi obiettivi

qualitativi più che quantitativi nel rispetto dell’eticità, dei valori, della libertà

individuale e dell’ecosistema. Nel momento in cui i programmi politici ed

economici cercavano di ampliare il loro spettro d’azione alla tutela

dell’ambiente e alla salvaguardia del territorio, i Paesi in via di Sviluppo

riuniti sotto il nome di Gruppo dei 77, grazie al loro numero di voti in

5Sustainable Investment and Resource Use. Equity, Environmenmtal Integrity and Economic

Efficiency, Man and Biosphere Series, v. IX, Parigi, 1992 19

conferenze indirizzarono l’interesse del Mondo intero verso le problematiche e

la tutela dei diritti dei paesi più bisognosi; fu così che grazie al loro intervento

e a quello delle organizzazione non governative del tempo, nel contesto del

6

United Nations Development Programme (UNDP) , alla fine degli anni

Ottanta nacque il concetto di sviluppo umano. Questa visione dello sviluppo

postulava che “lo sviluppo non potesse essere identificato soltanto nella

crescita di variabili macroeconomiche (reddito, occupazione), ma che dovesse

estendersi alla qualità della vita” (Vallega, 1995, 94). Dall’inizio degli anni

Novanta per stimare il livello qualitativo della vita dei cittadini fu utilizzato

l’indicatore dello sviluppo umano e, insieme al parametro che misurava il

reddito medio per abitante, ogni paese venne soppesato e classificato

attraverso questi due valori. Questa nuova visione dello sviluppo sferrò un

colpo decisivo alla vecchia concezione legata principalmente alla mera

crescita quantitativa perchè le numerose variabili considerate fino ad allora

esternalità, adesso si ritrovavano ad essere interne alle equazioni di strategia

politica ad assumere veste di variabili-obiettivo. Adesso l’operato della

macchina statale non veniva giudicato unicamente in base ai soli risultati

economici ma anche in base all’indicatore di sviluppo umano (Vallega, 1995).

4. Sviluppo Sostenibile

All’inizio degli anni Ottanta, mentre la nuova idea di sviluppo umano

continuava a riscuotere sempre più successo, negli ambienti scientifici

iniziavano a nascere le prime teorie sullo sviluppo sostenibile:

“importanti ambienti politici andavano persuadendosi che il concetto di

sviluppo sostenibile potesse costituire la base per definire politiche che

trascendessero quelle fondate sulla crescita e che si ispirassero a criteri di

razionale gestione di risorse” (Vallega, 1995).

Gli obiettivi principali che lo sviluppo sostenibile si pone sono il rispetto

6 Il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, con sede a New York, è stato creato

dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1965, per svolgere la funzione di agenzia centrale di

finanziamento e coordinamento delle attività di cooperazione allo sviluppo del sistema delle Nazioni

Unite (http://www.cooperazioneallosviluppo.esteri.it/). 20

dell’ambiente e dell’ecosistema senza trascurare l’attenzione verso le

generazioni future e la giustizia sociale. In vista di questi nuovi obiettivi

sembrerebbe che la concezione di regione umanizzata sia quella che più si

avvicina a questa nuova ottica sostenibile per via della particolare importanza

attribuita alle relazioni tra società ed ambiente. In realtà l’idea di regione

umanizzata va soggetta a due importanti fattori innovatori: per prima cosa

l’ambiente naturale non viene considerato più in termini fisici ma in termini

ecosistemici, in secondo luogo, in un contesto sostenibile, si tiene conto delle

implicazioni etiche di ogni decisione politico-ambientale, prendendo in

considerazioni dinamiche che in passato non venivano nemmeno concepite

(Vallega, 1995). Nel sistema di obiettivi dello sviluppo sostenibile possono

essere distinte tre componenti: la prima è l’integrità dell’ecosistema che mira

alla salvaguardia e alla tutela dell’ambiente dalla mano dell’uomo non

limitandosi a contenere o rimuovere il flusso di inquinanti (obiettivo politico

convenzionale) ma evitando anche che l’ecosistema subisca cambiamenti

strutturali dovuti all&

Dettagli
A.A. 2018-2019
43 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher cogitoergosum88 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia ambientale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof De Spuches Giulia.